Crisi climatica / Approfondimento
L’Italia deve invertire il trend delle emissioni di gas serra: a rischio gli obiettivi Ue
Dopo il calo registrato nel 2020 a causa della pandemia, i valori analizzati dall’Ispra mostrano un forte aumento nel 2021 e superano di 11 milioni di tonnellate l’obiettivo stabilito per quell’anno. Una tendenza destinata a proseguire anche nel 2022 e in futuro. Il ruolo decisivo dei trasporti e del riscaldamento degli edifici
L’Italia rischia di non rispettare gli impegni sulle emissioni di gas serra fissati dall’Unione europea. Dopo il calo registrato fino al 2020, i valori mostrano nel 2021 un deciso aumento (più 8,5%) superando di 11 milioni di tonnellate l’obiettivo stabilito per il solo 2021. Una tendenza che, a meno di misure aggiuntive da parte delle istituzioni, sembra destinata a proseguire nel 2022 e negli anni futuri.
È la conclusione dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) contenuta nel rapporto Le emissioni di gas serra in Italia, pubblicato ad aprile di quest’anno. Il report avverte che è fondamentale “invertire il trend se vogliamo rispettare gli obiettivi di riduzione delle emissioni” con scadenza al 2030, indicando anche dove è necessario intervenire, “in particolare nei settori civile e dei trasporti”.
Il contributo maggiore nelle emissioni si deve alla CO2, seguita dal metano (CH₄), dal protossido di azoto (N₂O) e dai fluorurati (F-gas). L’Ispra riporta che dal 1990 al 2021 l’Italia è riuscita a tagliare le emissioni del 19,9% e a rispettare così gli obiettivi fissati al 2020. Il ribasso maggiore è avvenuto dal 2008 come conseguenza sia di diversi cicli di crisi economica, connessi alle dinamiche economiche globali, sia di politiche e misure adottate. Eppure questa riduzione non è sufficiente.
Il settore energetico, che emette principalmente CO2, è quello che contribuisce di più alle emissioni nazionali con una quota, nel 2021, del 79,7%. Questo settore comprende i gas rilasciati durante i processi di combustione dalle industrie energetiche (termoelettrico, raffinerie, etc.), dalle industrie manifatturiere e di costruzione, dai trasporti, dal riscaldamento degli edifici, una parte di agricoltura e silvicoltura, ma anche le emissioni “fuggitive” (perse cioè durante il trasporto, lo stoccaggio e la distribuzione delle fonti fossili, in particolare il metano).
In totale, le emissioni di questo settore sono scese del 21,8% dal 1990 al 2021. I gas serra derivanti dalla produzione di energia sono diminuiti grazie alla crescita delle fonti rinnovabili (idroelettrico ed eolico), a un incremento dell’efficienza energetica e al passaggio da prodotti petroliferi e carbone al gas. Per le emissioni dalle industrie manifatturiere, dei materiali e dei metalli le crisi economiche hanno giocato un ruolo importante: hanno determinato la riduzione delle produzioni industriali e la delocalizzazione di alcune produzioni che a loro volta hanno fatto scendere i consumi energetici. Tuttavia l’Ispra sottolinea come le emissioni siano aumentate per alcuni sotto-settori di questa categoria, come la produzione alimentare, di cellulosa e carta, e i settori legati a refrigerazione e condizionamento, antincendio, aerosol e schiume dove si registra un notevole aumento di emissioni di F-gas che hanno un elevato potenziale di riscaldamento globale.
E si allontanano dagli obiettivi Ue anche i trasporti che dal 1990 al 2021 hanno aumentato le emissioni dell’1,1%. Un settore che per l’istituto di ricerca è caratterizzato da “criticità in termini di intermodalità, sostenibilità, efficienza, carenze infrastrutturali, sicurezza, aspetti socioculturali”. L’impatto maggiore arriva dal trasporto su strada, soprattutto da quello dedicato ai passeggeri che rappresenta più di due terzi del totale. L’impatto si traduce in una quota di emissioni che rappresenta il 24,7% del totale delle emissioni e si deve al tipo di veicoli che circolano sulle strade italiane, notevolmente aumentati negli anni, principalmente alimentati a gasolio e a benzina. E anche per le emissioni che provengono dagli edifici utilizzati a scopo residenziale, l’Ispra rileva una netta crescita di CH₄ e N₂O per effetto del maggiore utilizzo di metano e biomasse nei sistemi di riscaldamento.
Entrambi i gas serra sono anche aumentati nel settore rifiuti: più 6,3% dal 1990, principalmente a causa dello smaltimento in discarica. In calo invece i valori per l’agricoltura, dove la gestione degli allevamenti ha il peso maggiore in termini di emissioni. In particolare la riduzione del numero dei capi di bestiame, e secondariamente delle superfici e delle produzioni agricole, dell’uso dei fertilizzanti sintetici e i cambiamenti nei metodi di gestione delle deiezioni degli animali hanno permesso di raggiungere una riduzione del 13,2% dal 1990.
Per Ispra “la mancata riduzione delle emissioni di trasporti e civile, settori meno direttamente influenzati dall’andamento economico, ha portato a un progressivo avvicinamento dei livelli emissivi italiani ai limiti stabiliti in sede Ue, fino al superamento delle stesse registrato per l’anno 2021".
A livello europeo gli obiettivi di riduzione dei gas ad effetto serra sono stabiliti dalla direttiva sull'Emissions trading system (Ets) -per le industrie energetiche, l’industria pesante e l’aviazione- dal regolamento Effort Sharing (Esr) -per i settori trasporti, riscaldamento degli edifici, piccola industria, agricoltura e rifiuti- e dal regolamento Lulucf, sull’uso del suolo, del cambiamento di uso del suolo e della silvicoltura che riguarda anche gli assorbimenti di gas serra dall’atmosfera. Per l'Ets l'obiettivo è europeo e prevede un sistema di scambio di emissioni tra Paesi, mentre gli obiettivi Esr e Lulucf sono nazionali e devono essere rispettatii dai singoli Paesi.
L’Ispra ha calcolato l’andamento atteso delle emissioni per l’Italia sulla base di una serie di parametri, prendendo in considerazione le politiche implementate fino al 31 dicembre 2021 e gli effetti delle misure del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Nello scenario al 2030 per il settore Lulucf gli assorbimenti al 2030 si avvicinano alla proposta di obiettivo contenuta nel pacchetto di proposte legislative “Fit for 55” che vuole riformare l’insieme di direttive e regolamenti sulle politiche climatiche in Europa. Per quanto riguarda le emissioni comprese nel regolamento Esr il calo è solo del 28,5%. Per l’istituto di ricerca le misure adottate dall’Italia agiscono principalmente sull’incremento di rinnovabili nel mix di generazione elettrica, che avranno un impatto importante nel settore delle industrie energetiche (settori Ets), ma sono poco efficaci per gli altri settori.
Nel 2020 i ministeri dello Sviluppo economico, dell'Ambiente e delle Infrastrutture e trasporti hanno elaborato il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (Pniec), con il quale hanno stabilito gli obiettivi nazionali al 2030 sull’efficienza energetica, sulle fonti rinnovabili e sulla riduzione delle emissioni di gas serra. Il regolamento Effort Sharing attualmente vigente prevede per l’Italia una riduzione delle emissioni del 33% entro il 2030 (rispetto ai livelli del 2005). Secondo lo scenario dell'Ispra, però, l’Italia si avvicina all’obiettivo ma non lo raggiunge. E la situazione peggiora se si considera che il Regolamento è attualmente oggetto di revisione e secondo l’accordo provvisorio il nuovo obiettivo per l’Italia arriva a -43,7% di emissioni, con una traiettoria di riduzione che dal 2023 in avanti diventa sempre più stringente. Secondo Ispra “data la rigidità strutturale e il minor potenziale di alcuni settori, il contributo più significativo alla riduzione delle emissioni dovrà verosimilmente venire dai settori civile e trasporti”.
In base al suo scenario, infatti, questi due settori presentano riduzioni non significative e rischiano di portare l’Italia al di sopra degli obiettivi per tutto il decennio 2021-2030. Per i trasporti l’effetto delle misure incluse nel Pnrr relative alla mobilità sostenibile, al rinnovo delle flotte di autobus e treni con veicoli ad emissioni zero e al potenziamento della rete di infrastruttura di ricarica elettrica si traduce in un modesto aumento della domanda di trasporto ferroviario e ciclopedonale di circa il 5% rispetto al 2019, con effetti piuttosto contenuti in termini di riduzione delle emissioni di gas serra. Sulla base della domanda attuale, l’Ispra prevede addirittura un aumento della mobilità privata su strada dal 2030 al 2050 di circa il 37%, a discapito del trasporto pubblico.
Per quanto riguarda le misure del Pnrr sull’efficientamento degli edifici, sia nel settore residenziale sia nel terziario, l’effetto di queste produrrebbe una riduzione di circa l’1% delle emissioni del settore. Inoltre il gas resta la principale fonte tra i vettori energetici utilizzati, anche a fronte della progressiva elettrificazione dei consumi finali.
Per l’Istituto, quindi, “la modifica della sola generazione e non anche dei consumi” determinerebbe vantaggi contenuti in termini di riduzioni delle emissioni. La possibilità di invertire il trend c’è: entro giugno 2023 l'Italia dovrà trasmettere un aggiornamento del Pniec alla Commissione europea. Come sottolineato anche da un recente report del think tank indipendente ECCO, questa dovrebbe essere l’occasione per abbandonare una visione strategica di decarbonizzazione “tradizionale” basata solo su obiettivi legati al comparto energetico -confermata anche dai dati dell'Ispra- per abbracciare invece un cambiamento trasversale che coinvolge la società civile e suoi consumi, il comparto industriale nel suo complesso, oltre che la comunità finanziaria.
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