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Diritti / Approfondimento

L’Europa punta tutto sui rimpatri di Frontex. Ma non sulla trasparenza

Frontex ha il dovere di monitorare lo svolgimento delle operazioni di rimpatrio con il potere di sospenderle o cancellarle nel caso in cui non rispettino i diritti umani. Tuttavia i meccanismi di monitoraggio sulle sue attività sono insufficienti © www.flickr.com - Frontex

Il nuovo Patto europeo sull’immigrazione rafforza ulteriormente il ruolo dell’Agenzia che sorveglia le frontiere. I meccanismi di monitoraggio sulle procedure di “ritorno” sono però insufficienti. Anche l’Italia è coinvolta

Tratto da Altreconomia 234 — Febbraio 2021

L’impegno di Frontex nelle attività di rimpatrio si fa sempre più pregnante ed esteso. A inizio febbraio 2021, l’Agenzia che sorveglia le frontiere europee ha organizzato due giornate dedicate all’approfondimento dei progetti attivi in Paesi extra-Ue volti a favorire il “reinserimento” delle persone rimpatriate. L’interesse dell’Agenzia per la fase successiva al ritorno nasce dall’ampliamento del suo mandato previsto dal nuovo Patto per la migrazione e l’asilo. Un documento che si potrebbe rinominare “Patto per i rimpatri” data l’importanza che assume il potenziamento delle operazioni di espulsione e respingimento. “In questo disegno politico -spiega Mariana Gkliati, ricercatrice dell’Università di Leiden specializzata in diritto dell’immigrazione europeo e autrice di uno studio su Frontex- l’Agenzia assume un ruolo da leader nelle politiche di rimpatrio, diventando il braccio operativo della Commissione europea a questo proposito”. Il nuovo Patto cristallizza, in realtà, quanto era già noto dal nuovo regolamento di Frontex del 2019 (vedi Altreconomia 223) che accresceva le capacità operative dell’Agenzia con l’obiettivo di facilitare l’espulsione di 50mila “irregolari” ogni anno.

L’aumento dei fondi destinati a queste attività ne è una conseguenza inevitabile: nel periodo 2021-2027 l’ammontare raggiungerà quota 1,8 miliardi di euro (circa 250 milioni di media l’anno), ai quali andrebbero aggiunti 2,2 miliardi di euro destinati all’acquisizione e alla manutenzione di navi e aerei. Una spesa esorbitante se si considera che nel 2014, alla vigilia dell’aumento degli sbarchi in Europa, Frontex aveva investito 7,2 milioni di euro nelle attività di rimpatrio. L’incremento del bilancio non stupisce.

52 i voli di rimpatrio italiani diretti inTunisia finanziati da Frontex nel 2019

“I rimpatri occupano un posto centrale nel nuovo Patto che prevede, tra le numerose novità, procedure di espulsione strettamente connesse con le decisioni sulle richieste d’asilo -continua Gkliati, intervenuta a metà dicembre 2020 in un webinar di approfondimento su Frontex organizzato dal Transnational Institute (tni.org) e da Statewatch (statewatch.it), due gruppi di ricerca indipendenti-. A seguito del diniego, sarà automaticamente emessa una decisione di rimpatrio con il rischio di un’analisi superficiale del caso. Tra i nuovi compiti specifici dell’Agenzia è previsto quello di aumentare il numero degli accordi con i Paesi terzi e di rendere operativi quelli già esistenti”.

I poteri e il budget vengono implementati ma il meccanismo di monitoraggio delle attività di Frontex continua a essere inefficiente. “Nel 2019, di 80 operazioni di rimpatrio condotte dall’Agenzia il 90% è stato monitorato da esponenti di organismi che non hanno le credenziali per essere definiti come indipendenti -spiega Andreas Pottakis, difensore civico greco-. A volte si tratta di una sezione distaccata della polizia in un assurdo cortocircuito in cui le forze dell’ordine si autocontrollano”. Per questo motivo l’aumento dei charter di ritorno monitorati da Frontex, che passano dal 33% nel 2009 al 94% del 2018, non è rincuorante. Così come l’apertura delle candidature, nel dicembre 2020, per l’assunzione di 40 “osservatori dei diritti umani” che dovrebbero potenziare l’ufficio del Responsabile per i diritti fondamentali, l’organo interno all’Agenzia che ha il compito di monitorarne le operazioni e che rischia di essere solamente un “soprabito” per dimostrarsi sensibili al rispetto dei diritti. “Il nuovo regolamento internalizza ulteriormente il controllo”, prosegue però Pottakis. “Nei pool monitoranti, avremo sia membri dello staff dell’Agenzia sia soggetti che rappresentano autorità indipendenti, come me, il garante italiano e quello sloveno messi sotto contratto per la specifica attività di monitoraggio. Così, non può funzionare”.

Il 90% delle 80 operazioni di rimpatrio di Frontex nel 2019 sono state condotte da organismi che non hanno le credenziali per essere definiti indipendenti

Vista la delicatezza delle operazioni che Frontex finanzia e supporta operativamente, il monitoraggio è fondamentale. Nel suo ruolo di coordinamento delle attività di rimpatrio svolte dagli Stati membri dell’Ue, l’Agenzia, pur non entrando nel merito della decisione di espulsione del cittadino straniero, ha il dovere di monitorare lo svolgimento delle operazioni con il potere di sospenderle o cancellarle qualora non si svolgano nel rispetto dei diritti umani. Un potere che, se non attivato, può comportare delle responsabilità in capo a Frontex. “Con il nuovo regolamento si parla per la prima volta di responsabilità diretta e non semplice corresponsabilità con lo Stato membro che ospita l’operazione di rimpatrio”, spiega Gkliati. Una previsione importante che rischia però di essere svuotata di significato a causa sia dell’inadeguatezza dei meccanismi di monitoraggio sia dell’inefficienza dei meccanismi di denuncia che rendono difficoltoso portare a giudizio l’Agenzia. Questo accade nonostante l’ultimo rapporto sulle operazioni coordinate da Frontex nella prima metà del 2020, pubblicato da Statewatch lo scorso 14 dicembre, evidenzi lacune nel rispetto delle garanzie dei diritti fondamentali: tra le tante criticità, le più gravi riguardano un uso problematico della forza e delle misure coercitive (scarpe d’acciaio e caschi).

 

Fabrice Leggeri, il direttore di Frontex, in occasione della presentazione della prima operazione congiunta con un Paese extra-Ue, l’Albania, nel maggio 2019. L’Agenzia può infatti svolgere missioni anche all’esterno dei confini dell’Unione europea © www.flickr.com – Frontex

Frontex riveste un ruolo di primaria importanza anche nelle politiche di rimpatrio italiane. Secondo i dati forniti dal Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale (garantenazionaleprivatiliberta.it), l’organo che monitora le operazioni di rimpatrio forzato in Italia, nel 2019 sono state 6.531 le persone straniere rimpatriate forzatamente con una media di 18 persone al giorno. Nella maggior parte dei casi, il rimpatrio è avvenuto su voli di linea (4.667) mentre i charter organizzati dall’Italia sono stati in totale 74. Frontex ha finanziato 52 dei 56 voli diretti in Tunisia e la totalità dei voli in Nigeria (dieci) ed Egitto (otto), coordinando quelli realizzati in collaborazione con altri Stati membri (in totale sei). Nel 2020, complice la pandemia che ha inciso sulla possibilità di organizzare voli di ritorno nei Paesi d’origine, le statistiche sono significativamente diminuite. Basti pensare che dal 31 gennaio al 31 maggio 2020, dati del Viminale (interno.gov.it), le espulsioni sono state 592 con una media di 4,9 al giorno.

In Italia nel 2019 sono state 6.531 le persone straniere rimpatriate forzatamente con una media di 18 persone al giorno, nella maggior parte dei casi su voli di linea

Qual è stato il ruolo di Frontex? Dal primo gennaio al 30 giugno l’Agenzia ha contribuito al rimpatrio dall’Italia di 213 persone: 172 tramite voli charter, 41 su voli di linea. Se è l’Agenzia a finanziare la totalità o parte dei costi dei charter di rimpatrio, il ministero dell’Interno, tramite l’ufficio della Direzione centrale immigrazione, affida il servizio a compagnie private.

I documenti pubblicati sul sito della polizia di Stato (poliziadistato.it) permettono di ricostruire un quadro delle operazioni svolte nell’ultimo biennio. Nel 2019 il solo noleggio dei charter è costato 3,7 milioni di euro per un totale di 66 voli. Tra le compagnie private che hanno partecipato alle aggiudicazioni, la principale è stata la Pas-Professional Aviation Solution (con un totale di poco maggiore a due milioni di euro di spese liquidate). La compagnia privata è registrata in Italia e partecipata al 50% dalla Pas-Professional Aviation Solution GMBH, società con sede a Bergish Gladbach (Germania), che nel luglio 2020 si è aggiudicata, con la spagnola AlbaStar, un bando da 4,5 milioni di euro “per il trasporto esclusivo di personale del ministero della Difesa su rotte nazionali, internazionali e intercontinentali”.

3,7 milioni di euro per un totale di 66 voli è il costo del noleggio dei charter utilizzati per i rimpatri sostenuto dal ministero dell’Interno

Nonostante la delicatezza del servizio in gestione (e gli importi liquidati), il bilancio della Pas, attiva dal febbraio 2019, non è depositato in Camera di Commercio e quindi non accessibile. Quel che si sa è che l’attuale procuratore unico ha rivestito, fino al marzo 2018, la stessa carica per l’azienda Air Partner, la quale ha visto diminuire di un terzo le sue aggiudicazioni da quando la Pas è entrata in gioco. Se nel 2018 le spese riconosciute a favore della società, controllata al 100% dalla Air partner Plc con sede a Londra, erano state pari a 3,5 milioni di euro, nell’anno successivo si sono fermate a 1,3 milioni di euro. I restanti 364mila euro dei bandi 2019 sono stati versati alla Air Charter Connection Italy, controllata al 100% dalla ACC Aviation limited con sede a Londra e sussidiaria del gruppo inglese FlyAcc Group Limited. La società è stata messa in liquidazione dal maggio 2019 a causa, nota di bilancio alla mano, “dell’andamento dei ricavi dell’ultimo esercizio e le prospettive del settore per gli esercizi futuri”.

Dal primo gennaio al 30 giugno 2020, Frontex ha contribuito al rimpatrio dall’Italia di 213 persone: 172 tramite voli charter, 41 su voli di linea

Per quanto riguarda il 2020, la Pas Srl si è aggiudicata tutti e quattro gli affidamenti per un totale di 267.820 euro. L’ultimo risale al febbraio 2020 per un volo charter diretto ad Hammamet, nonostante i rimpatri verso la Tunisia siano ripresi a pieno ritmo. Infatti, al dichiarato scopo di fronteggiare l’aumento degli arrivi sulle coste italiane dell’estate, la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese ha annunciato, a seguito di un incontro con le autorità tunisine del luglio 2020, che il numero dei rimpatri sarebbe aumentato: alcuni voli, garantiti dal governo di Tunisi, si sarebbero aggiunti ai due charter già “attivi”, che trasportano 80 persone alla settimana. Non c’è traccia né dei bandi di assegnazione dei servizi di rimpatrio né del contenuto del presunto accordo italo-tunisino. Che sia Frontex o il ministero degli Interni, la trasparenza -e con questa il diritto dei controllati a monitorare i controllori- si perde tra i meandri di politiche volte solo a placare le ansie da presunte invasioni.

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