Crisi climatica / Attualità
L’aristocrazia delle emissioni europea. Così i grandi inquinatori non pagano
Appena 30 aziende -incluse Enel ed Eni- sono responsabili di circa un quarto di tutte le emissioni di gas serra registrate nell’Ue nel 2022. Ma non si fanno carico del loro impatto. Alla vigilia della Cop28 di Dubai, il rapporto di Carbon market watch mostra il fallimento del Sistema di scambio delle quote di emissione (Ets)
Esiste, in Europa, un’aristocrazia delle emissioni. È composta da appena 30 aziende che da sole sono responsabili di circa un quarto di tutte le emissioni di gas serra registrate nell’Unione europea nel 2022. “The emissions’ aristocracy” è il titolo del rapporto di Carbon market watch (Cmw), diffuso alla vigilia della Cop28 di Dubai, nel quale viene reso pubblico l’elenco di questi 30 gruppi, tra cui figurano anche le italiane Enel ed Eni, oltre a industrie attive nel nostro Paese come Heidelberg materials, che possiede Italcementi, Holcim, ArcelorMittal (che controlla Acciaierie d’Italia, e quindi l’ex Ilva di Taranto).
L’analisi spiega che a queste 30 aziende sono imputabili, in particolare, oltre la metà delle emissioni del Sistema di scambio delle quote di emissione, l’Emission trading scheme (Ets) che l’Unione europea ha introdotto nel 2005 come pivot della propria strategia per la decarbonizzazione. Quasi vent’anni dopo, però, come rivela il rapporto, alcune aziende inquinano gratuitamente o addirittura traendo profitto dalle loro emissioni, perché ancora non pagano per le loro emissioni di gas serra, ricevendo gratuitamente le cosiddette free allowances. I ricercatori di Cmw hanno studiato il report della Commissione europea sulle prestazioni dell’Ets, analizzando nel dettaglio i dati a disposizione e individuando le scappatoie utilizzate dalle aziende. “Il Sistema consente a un’aristocrazia delle emissioni di inquinare senza pagare il conto -commenta Lidia Tamellini, esperta di politiche di decarbonizzazione industriale dell’Ue di Carbon market watch-. Il rapporto mette in luce come a queste aziende, già estremamente redditizie, vengano concessi degli omaggi. Invece di essere l’inquinatore a pagare, sono il Pianeta e la società a dover saldare il conto”. Ci sono gruppi, come Total, o Eni, o Shell, che pur fatturando centinaia di miliardi di euro ricevono crediti di emissioni gratuiti per un valore di centinaia di milioni. Ciò significa che, almeno in parte, non pagano per i danni al clima causati dai gas serra che immettono nell’atmosfera.
Il Sistema Ets è stato concepito per incoraggiare le industrie e le aziende a ridurre le proprie emissioni di carbonio, ponendo un tetto alla quantità totale di gas serra che sono autorizzate a produrre: questa politica -rivolta in particolare all’industria pesante e al settore energetico- è guidata dal principio “chi inquina paga”, secondo il quale chi lo fa deve sostenere i costi ambientali e sociali delle proprie azioni. Nel 2022, l’Ets ha riguardato secondo l’analisi di Carbon market watch, un totale di 3.515 imprese. Le prime 30, che rappresentano meno dell’1% del totale, sono responsabili per più del 50% delle emissioni totali del Sistema: queste aziende, cioè, hanno chiaramente un ruolo sproporzionato nell’alimentare la crisi climatica e dovrebbero essere ritenute responsabili per aver intrapreso azioni climatiche insufficienti.
Il rapporto, però, mostra che per i principali settori inquinanti, come l’acciaio, il cemento e il petrolchimico, l’Ets esercita una scarsa pressione affinché le riduzioni delle emissioni avvengano a un ritmo accettabile. A rendere inefficace il modello contribuisce senz’altro la possibilità di avere accesso alle quote gratuite: nel 2022 a questi settori ne sono state distribuite per un valore di circa 47,6 miliardi di euro. “Dato che l’Unione europea richiede che tutti i proventi delle aste Ets siano spesi per scopi legati al clima, la mancanza di fondi -spiega Cmw- è abbastanza rilevante da causare la perdita di opportunità in termini di sviluppo di nuove tecnologie, sostegno alle famiglie e alle piccole e medie imprese vulnerabili e alle attività di mitigazione”.
“L’1% non sente la pressione di cambiare le proprie abitudini. I loro affari sono transfrontalieri e i loro danni globali -aggiunge Tamellini- Nel nostro rapporto, coloro che hanno dovuto pagare per l’inquinamento da gas a effetto serra hanno registrato un calo più marcato delle loro emissioni. L’Unione europea deve affrontare i principali inquinatori e costringerli a pagare per intero le loro emissioni”. Tra coloro che hanno dovuto farlo c’è, ad esempio, il settore della generazione di elettricità, le cui emissioni sono crollate del 28,6% tra il 2013 e il 2022, senza alcuna riduzione della produzione.
Per questo, Carbon market watch chiede lo sviluppo di un Sistema di quote più efficace, che sia allineato al raggiungimento della neutralità climatica dell’economia nel 2040. La chiave di tutto ciò è l’eliminazione graduale delle quote gratuite per le industrie pesanti e la piena attuazione di un sistema di aste molto prima di quanto attualmente previsto: l’ultima revisione prevede che l’assegnazione gratuita continui fino al 2034. “Mentre si chiude l’anno più caldo mai registrato, il Cmw chiede all’Unione europea e ai suoi principali inquinatori di raffreddare i motori -sottolinea Lidia Tamellini-. Chiudere le scappatoie dell’Ets è essenziale. L’aristocrazia delle emissioni ha avuto vita facile per troppo tempo”.
© riproduzione riservata