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Economia / Opinioni

La riforma del welfare per la non autosufficienza resta sospesa

© Alex Boyd, unsplash

La Legge Delega è stata approvata a marzo, per un vero cambiamento nella presa in carico degli anziani servono 1,3 miliardi di euro. La rubrica a cura dell’Osservatorio internazionale per la coesione e l’inclusione sociale (OCIS)

Tratto da Altreconomia 264 — Novembre 2023

Fin dalle sue premesse, contenute negli impegni del governo italiano in sede di Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), la “Legge Delega per la non autosufficienza” (la numero 33/2023 approvata lo scorso marzo) non ha goduto di alcun finanziamento ad hoc. Non è retorico chiedersi se siamo di fronte a un involucro vuoto, oppure a una riforma che cambierà il volto del sistema assistenziale italiano.

La norma contiene diverse indicazioni che spingono verso una radicale riforma del sistema attuale, che tuttavia potrà realizzarsi solo se seguiranno disposizioni finanziarie e procedurali concrete. Il Governo Meloni non ha ancora preso impegni specifici anche se ha dichiarato più volte, per bocca di alcuni suoi esponenti, l’intenzione di produrre un primo sforzo significativo verso l’implementazione della riforma. La Legge di Bilancio 2024 e la prossima approvazione dei Decreti delegati, costituiscono il primo, fondamentale banco di prova.

Un’ampia alleanza di stakeholder sociali (sindacati, associazioni di categoria, gestori di servizi) è stata molto attiva nel corso del processo. Tra gli sforzi compiuti dal Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza ci sono alcune proposte per la Legge di Bilancio.

In pratica, si chiede all’esecutivo di dimostrare la volontà di impostare una riforma effettiva stanziando risorse adeguate a far decollare alcune delle linee portanti della Legge Delega. A partire dalla riqualificazione delle strutture residenziali per garantire standard minimi di qualità, attraverso l’introduzione di parametri nazionali riguardanti l’intensità assistenziale (il tempo quotidiano di cura dedicato a ogni persona ricoverata). Una seconda richiesta riguarda l’investimento in servizi di assistenza domiciliare long-term care (Ltc), attraverso l’avvio di una nuova domiciliarità in cui far ricadere anche gli attuali servizi forniti dai Comuni e dal Servizio sanitario nazionale, nonché la riconversione di alcune risorse disponibili del Pnrr.

Secondo i dati dell’Inps in Italia sono più di 2,2 milioni le persone non autosufficienti che fruiscono dell’indennità di accompagnamento

C’è poi il tema dell’introduzione della “Prestazione universale” destinata a sostituire progressivamente l’attuale indennità di accompagnamento, prevedendo sia una graduazione dei benefici in base alla gravità del bisogno (l’attuale misura prevede un importo fisso) a partire dalla somma oggi prevista per tutti, sia la possibilità di accedere a un’opzione servizi, sostenuta da un importo aumentato, che dovrebbe ridurre l’attuale utilizzo del sostegno finanziario per alimentare il mercato nero delle assistenti familiari. Rendendo così sostenibile, per chi ne ha bisogno, l’accesso a servizi domiciliari o residenziali.

Il Patto ha proposto uno stanziamento di 1,3 miliardi nella Legge di Bilancio, una cifra considerata appena sufficiente a dare il segno di una svolta. Oltre ai possibili vincoli macroeconomici anche le questioni politiche giocano un ruolo importante. Oltre 40 anni di stallo segnalano che nessun attore politico e istituzionale ha sinora considerato prioritario il long-term care. Ora che la Legge Delega è stata approvata, sull’onda della reazione emotiva ai morti del Covid-19 e su spinta dell’Europa tramite il Pnrr, ci sarà un attore politico in grado di riconoscere il problema e rispondervi in modo adeguato? Milioni di cittadini sono in attesa di capirlo.

Costanzo Ranci è professore di Sociologia economica al Politecnico di Milano, dove coordina il Laboratorio di politica sociale (Lps). Fa parte dell’Osservatorio internazionale sulla coesione e l’inclusione sociale (OCIS)

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