Una voce indipendente su economia, stili di vita, ambiente, cultura
Esteri / Approfondimento

La fame di gas dell’Europa minaccia la transizione energetica dell’Algeria

COBA Algérie, Rue du Parc, El Biar, Algeria © Daoud Abismail - Unsplash

Le crescenti richieste dell’Ue potrebbero spingere il Paese nordafricano ad aumentare la propria produzione, con il rischio di un crollo della domanda entro il 2050. Le sfide per una transizione “giusta” in un’analisi del Transnational institute

La crescente richiesta di gas fossile da parte dei Paesi dell’Unione europea minaccia la transizione energetica dell’Algeria. Le attuali riserve di gas del Paese, infatti, non sono in grado di soddisfare la maggiore domanda da parte dell’Europa e questo potrebbe portare a pressioni sul governo nordafricano per sviluppare nuovi giacimenti. “Tuttavia, poiché l’Unione europea sta pianificando il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050, questo aumento della domanda non durerà a lungo. Di conseguenza, se l’Algeria investe in nuovi giacimenti per soddisfare la crescente richiesta di metano c’è il rischio significativo di un blocco e di uno spreco degli investimenti”, denuncia il Transnational institute, istituto internazionale di ricerca e advocacy, attraverso una dettagliata analisi della ricercatrice Imane Boukhatem (“The need for en energy transition in Algeria“, pubblicata il 5 settembre 2022).

Nonostante il continente africano produca una quota estremamente ridotta delle emissioni climalteranti -nel 2020 solo il 3,8% della produzione globale di CO2-, è tra le aree del Pianeta più esposte agli eventi estremi causati dai cambiamenti climatici. L’Algeria è il terzo Paese per emissioni del continente, dopo Egitto e Sudafrica, con 155 milioni di tonnellate di anidride carbonica prodotte nel 2020. A differenza di quanto è avvenuto in altre nazioni africane, tuttavia, è riuscita a raggiungere importanti risultati nel campo energetico: nel 2020 la quota di algerini che hanno avuto accesso a una fonte affidabile di elettricità ha raggiunto il 99,8%. L’obiettivo adesso è quello di sviluppare un programma di transizione ecologica che sia anche giusto, affrontando quella che Tni definisce una “triplice sfida” in campo energetico: “La dipendenza economica dai proventi degli idrocarburi, la crescente domanda interna di elettricità e gli accordi di esportazione di combustibili fossili a lungo termine che il Paese è tenuto a rispettare per evitare sanzioni”.

Trovare un punto di equilibrio tra questi tre aspetti non sarà semplice. L’economia algerina infatti si basa sull’esportazione di gas e petrolio che rappresentano da soli il 50% del bilancio nazionale e pesano per il 96,3% sul totale delle esportazioni. Allo stesso tempo la popolazione è in aumento (+2% annuo) e si prevede raggiungerà quota 53 milioni entro il 2030 (a fronte dei 42 milioni attuali). Per soddisfare la crescente richiesta di elettricità senza esporre la popolazione alla volatilità dei prezzi dei combustibili fossili sarà necessario quindi sviluppare la produzione di energia da fonti rinnovabili. “I proventi del petrolio e del gas hanno svolto, e continuano a svolgere, un ruolo cruciale nel soddisfare le esigenze di base della popolazione algerina, dal cibo all’assistenza sanitaria e all’istruzione, e nel fornire loro un tenore di vita superiore a quello di molti Paesi della regione”, annota Boukhatem nel paper di Tni. Sottolineando l’importanza di garantire una transizione giusta che “dovrebbe essere sviluppata con l’obiettivo di ridurre le emissioni, proteggere l’ambiente, garantire alle persone un ambiente sano e vivibile,  preservare le risorse naturali (comprese l’acqua e la terra) per le generazioni future. Migliorando al contempo la qualità della vita degli algerini attraverso la promozione della giustizia sociale ed economica, di un’equa distribuzione della ricchezza e della democrazia energetica”.

Se l’Algeria ha difficoltà ad abbandonare le fonti fossili è anche a causa delle crescenti richieste da parte dell’Europa. “Negli ultimi decenni, nonostante le crisi che lo hanno interessato, il Paese è riuscito a costruirsi una ‘reputazione’ di esportatore di gas affidabile e su larga scala verso l’Europa, posizionandosi al terzo posto dopo Russia e Norvegia”, evidenzia Tni. In particolare l’Italia, già collegata con il gasdotto TransMed, ha avuto un ruolo particolarmente attivo nel negoziare nuove forniture di gas fossile.

Il 3 aprile 2022 l’amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi si è recato ad Algeri per rafforzare la collaborazione dell’azienda italiana con Sonatrach, società di idrocarburi controllata dallo Stato algerino. Tre mesi dopo, il 15 luglio, Algeri ha confermato che aumenterà la propria fornitura di gas di quattro miliardi di metri cubi equivalenti di gas (Smc) entro fine anno rispetto ai 21 miliardi già concordati. Incremento che raggiungerà i nove miliardi di metri cubi equivalenti nei prossimi due anni. Gli accordi rientrano nella strategia nazionale italiana finalizzata a diversificare gli approvvigionamenti di gas fossile che prevede, oltre all’aumento delle importazioni dai gasdotti già esistenti e politiche di risparmio ed efficienza energetica, l’apertura di nuove rotte per il gas “naturale” liquefatto (Gnl). Secondo il “Piano nazionale di contenimento dei consumi di gas naturale” pubblicato dal ministero della Transizione ecologica (Mite) il 6 settembre sono previsti 3,5 miliardi di Smc in Gnl dall’Egitto, 1,4 miliardi dal Qatar, 4,6 miliardi dal Congo e “circa 3,0-3,5 miliardi di Smc da forniture in fase di negoziazione da altri Paesi quali Angola, Nigeria, Mozambico, Indonesia e Libia”.

Il potenziale “rinnovabile” dell’Algeria è però enorme: il Paese infatti si trova in una posizione ottimale per sfruttare le fonti eoliche e fotovoltaiche. Gode di 2-3mila ore di luce solare all’anno nelle regioni desertiche che ricoprono l’80% della superficie nazionale. L’intera area, secondo Tni, ha il potenziale di generare più di 169mila TeraWatt ora (TWh) di elettricità, pari a cinquemila volte il fabbisogno energetico dell’intero Paese, lasciando quindi ampi margini all’esportazione di energia grazie anche alla vicinanza geografica con l’Europa. Un altro punto favorevole alla transizione ecologica è il prezzo della generazione di energia rinnovabile, in particolare per quanto riguarda il fotovoltaico, che è calato drasticamente nell’ultimo decennio ed è destinato a diminuire ulteriormente.

Nonostante queste condizioni così favorevoli allo sviluppo di rinnovabili, nel 2020 l’Algeria era riuscita a installare solo il 13% della potenza fotovoltaica e il 5% di quella eolica rispetto agli impegni previsti dal National programme for the development of renewable energy and energy efficiency lanciato nel 2011 e successivamente aggiornato nel 2015. Gli ostacoli incontrati lungo il percorso della sua transizione sono di varia natura. Una prima difficoltà è data dalla distanza tra gli insediamenti urbani (che si trovano prevalentemente lungo la costa mediterranea, al Nord) e le località desertiche nel Sud in cui dovrebbero essere installate le centrali fotovoltaiche per sfruttare al massimo la maggior intensità di radiazione solare. Un altro limite è dovuto alla difficoltà di dirigere il programma di transizione a livello politico. “L’Algeria ha annunciato piani ambiziosi ma poco è stato realizzato a causa della cattiva gestione, della mancanza di una strategia energetica unificata e dell’insufficiente volontà politica. Sebbene gli interventi e le normative energetiche del settore siano ispirati a quelli di giurisdizioni di altri Paesi la loro attuazione è ostacolata dalla burocrazia e dalla corruzione”, sottolinea Boukhatem. Infine è da segnalare l’insufficienza di fondi e di personale qualificato: per superare questi limiti l’Algeria avrebbe bisogno di assistenza da parte della comunità internazionale oltre a dover investire adeguatamente i proventi ottenuti grazie al prezzo (al momento) elevato dei combustibili fossili.

Se l’Algeria vuole seguire la strada di una transizione giusta deve sviluppare una propria strategia energetica uscendo dal consumo di fonti fossili e decarbonizzando la propria economia senza che questo penalizzi le fasce deboli della popolazione e i lavoratori dell’industria petrolifera. In quest’ottica anche l’esportazione di energia “verde” verso l’Europa può rappresentare un’insidia: “Dare priorità al mercato estero di energie rinnovabili e idrogeno ‘verde’ ostacolerebbe la transizione dell’Algeria, poiché una strategia orientata all’esportazione avrebbe la precedenza sull’affrontare le sfide energetiche ed economiche locali. Se i limitati fondi stanziati per la transizione energetica dell’Algeria vengono utilizzati per costruire o rinnovare le infrastrutture per l’esportazione, ciò ostacolerà la capacità del Paese di soddisfare le richieste di trasformazione energetica locale”.

© riproduzione riservata

Newsletter

Iscriviti alla newsletter di Altreconomia per non perderti le nostre inchieste, le novità editoriali e gli eventi.


© 2024 Altra Economia soc. coop. impresa sociale Tutti i diritti riservati