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Crisi climatica / Intervista

“Noi attivisti del ‘Sud del mondo’ non siamo vittime ma alleati nella lotta per il clima”

Esteban Servat, 37 anni, è un attivista per il clima di origine argentina. A seguito delle minacce subite nella sua battaglia contro l'espansione di un progetto di fracking, dal 2019 vive in esilio in Germania © Stefan Müller

Intervista a Esteban Servat, scienziato e attivista argentino, che prenderà parte al Climate social camp in corso a Torino. Lavora per costruire alleanze più solide tra i movimenti europei e degli altri continenti: “Abbiamo molto da offrire in questa battaglia”, come insegna la vicenda del mega giacimento fossile di “Vaca muerta”

“Non ci potrà essere soluzione alla crisi climatica senza una collaborazione tra tutti gli attivisti e i movimenti. Certo, dobbiamo lavorare assieme e superare le differenze, trovare l’unità nella diversità. E uno degli ostacoli principali in questo senso è l’eurocentrismo: la costruzione di una solidarietà internazionale implica il riconoscimento del fatto che le persone che vivono dall’altra parte del Pianeta -quelle più colpite dalle conseguenze devastanti dei cambiamenti climatici- non sono solo vittime, sono compagni di lotta. Non siamo destinatari di solidarietà che implorano il sostegno dell’Europa, dobbiamo essere considerati alla pari, perché abbiamo molto da offrire a questa battaglia comune”.

Esteban Servat, 37 anni, è un biologo di origine argentina che, dopo aver lavorato per quasi dieci anni nella Silicon Valley, ha deciso di tornare nel suo Paese per promuovere progetti locali di sviluppo sostenibile e ha scelto di andare a vivere nella provincia di Mendoza, nell’Ovest, vicino al confine con il Cile. Il luogo non è stato scelto a caso: quella di Mendoza è infatti una provincia desertica, i fiumi sono pochi e l’acqua scarseggia da sempre. Ma qui gli abitanti sono molto consapevoli dei propri diritti e della necessità di tutelare l’ambiente: “Già nel 2007 c’era stata una protesta massiccia che aveva portato in piazza migliaia di persone per fermare alcuni grossi progetti minerari che avrebbero messo a rischio le già scarse risorse idriche”, racconta ad Altreconomia.

A quel tempo Servat -che in questi giorni è a Torino nell’ambito del Climate social camp– non era un attivista per il clima, ma tutto è cambiato nel 2017 quando il governatore di Mendoza ha dato il via libera allo sfruttamento dei giacimenti di shale gas del mega giacimento “Vaca muerta” e che insistono sul territorio della provincia: “Si tratta del secondo bacino di gas di scisto al mondo, è grande quanto il Belgio ed è una delle carbon bomb che minacciano il Pianeta: non ci sarà modo di mantenere gli obiettivi fissati dall’Accordo di Parigi (contenere l’innalzamento della temperatura globale entro 1,5 gradi centigradi entro fine secolo, ndr) se si continuerà a sfruttarlo -spiega Servat-. Nel 2018 durante il summit del G20 che si è svolto in Argentina ci sono state forti pressioni sul governo di Buenos Aires per espandere “Vaca muerta” proprio in virtù del suo enorme potenziale”. La recente crisi del gas e la necessità per molti Paesi dell’Unione europea di liberarsi dalla dipendenza dalla Russia hanno portato nuovamente al centro dell’attenzione il mega-giacimento latinoamericano. Secondo quanto riferito da alcuni media internazionali, il presidente argentino Alberto Fernandez starebbe contattando investitori stranieri per realizzare le infrastrutture necessarie a liquefare e trasportare il gas.

Servat, che cosa è successo dopo la decisione del governatore di Mendoza di dare il via libera allo sfruttamento di “Vaca muerta”?
ES
Sono state avviate le prime attività di fracking nella provincia, ma il tutto è stato fatto in silenzio: i principali media della zona non ne hanno parlato e la popolazione non sapeva cosa stava succedendo. In quel momento io non ero ancora un attivista, tutto è cambiato quando un whistleblower mi ha contattato e mi ha parlato di una valutazione d’impatto ambientale che il governo aveva nascosto: si trattava dell’analisi degli impatti dei primi pozzi di fracking a Mendoza, da cui già era evidente la contaminazione delle falde acquifere. Cosa che, peraltro, si registra sempre per questo tipo di interventi. Abbiamo ottenuto copia di quel rapporto e abbiamo creato un sito internet, EcoLeaks e una pagina Facebook collegata per diffondere il più possibile la notizia.

Che cosa è successo dopo la pubblicazione dei documenti?
ES Ha scatenato le proteste della popolazione locale: decine di migliaia di persone sono scese in strada, ci sono state mobilitazioni senza precedenti, blocchi stradali e atti di disobbedienza civile. Ma ha scatenato anche una durissima repressione da parte delle autorità: molti attivisti sono stati arrestati, altri sono stati costretti a lasciare Mendoza per trasferirsi in altre zone del Paese e persino all’estero, è stato come iniziare una guerra. Io sono stato sommerso di cause penali basate su accuse false: hanno persino nascosto della droga nella nostra fattoria. A causa dell’intensificarsi degli attacchi e delle crescenti minacce di morte contro la mia fidanzata e la mia famiglia abbiamo dovuto lasciare il mio Paese e trasferirci in Germania nel 2019

Una manifestazione di attivisti per il clima in Germania

In che modo prosegue oggi il suo impegno come attivista?
ES Continuo a lavorare per costruire solidarietà internazionale e generare consapevolezza nel Nord del mondo: la maggior parte delle compagnie che sviluppano e guadagnano da progetti come “Vaca muerta” si trovano in Europa o negli Stati Uniti. Ed è qui che vengono esportate le risorse minerarie o il gas liquefatto di cui si parla tanto in queste settimane. Ma la gente deve sapere qual è il costo umano e climatico che tutto questo comporta.

Lei è tra i promotori dell’iniziativa “Debt for climate”. Di che cosa si tratta e quali sono gli obiettivi?
ES Attraverso la trappola della cosiddetta “diplomazia del debito” i Paesi del Nord globale rafforzano lo sfruttamento coloniale sul “Sud del mondo” e al tempo stesso alimentano lo sviluppo delle industrie fossili. Prendiamo il caso dell’Argentina che per ripagare il suo debito estero sta sfruttando il giacimento di “Vaca muerta” sacrificando Medoza al fracking, sta sacrificando la Patagonia per mega progetti estrattivi, le città della costa alle trivellazioni off-shore e le regioni Nord-Orientali alla deforestazione. Il debito è il minimo comune denominatore dietro l’espansione dell’estrattivismo nel Sud. E questo è un elemento molto importante da tenere in considerazione se vogliamo vincere la nostra lotta: il movimento per il clima -da Fridays for future a Extinction rebellion- interessa un numero relativamente ridotto di persone e di attivisti, se vogliamo cambiare questa situazione dobbiamo coinvolgere i sindacati e i lavoratori. Noi stiamo lavorando per questo: collegando il tema del debito alla lotta per il clima a fine giugno 2022 siamo riusciti a mobilitare migliaia di lavoratori e attivisti per il clima in 24 Paesi, dall’Argentina alla Germania, dallo Sri Lanka agli Stati Uniti.

Esiste un legame diretto tra la crisi climatica e la trappola del debito per i Paesi a più basso reddito?
ES Sì. Diversi Paesi del Sud del mondo hanno miliardi e miliardi di dollari di debito nei confronti dei Paesi del Nord e delle istituzioni finanziarie come la Banca Mondiale e il Fondo monetario internazionale. Ma hanno anche riserve enormi di combustibili fossili che sono costretti a espandere e a sfruttare solo per essere in grado di pagare gli enormi interessi su quei debiti: fino a quando non spezzeremo questo legame non ci sarà alcuna possibilità di avere una transizione giusta e l’industria fossile continuerà a crescere, che è l’esatto contrario di quello che dovrebbe accadere. Inoltre, non dobbiamo dimenticare che Europa e Stati Uniti sono storicamente i principali responsabili del cambiamento climatico: cancellare i debiti finanziari dei Paesi del Sud, quelli che stanno pagando il prezzo più alto per questa situazione, è il primo passo da compiere per assicurare loro le risorse da destinare alla tutela dell’ambiente, alle politiche di transizione e adattamento.

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