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Terra e cibo / Reportage

La colorata ricetta vegana di Stria, pane e cucina plant-based

l bancone della gastronomia di Stria, che dal 2021 ha allargato alla cucina vegana l’attività di panificazione © Archivio Stria

Il forno di Reggio Emilia, aperto dal 2015, ha nel tempo allargato la proposta a una gastronomia vegana e bio. A due passi dal centro, offre una varietà di piatti sostenibili e salutari, in cui dominano i colori delle verdure esaltati dalle spezie

Tratto da Altreconomia 260 — Giugno 2023

Il bancone di Stria, a Reggio Emilia, attira prima di tutto l’occhio: pare allestito da un pittore. A definire i colori della proposta gastronomica sono le verdure di stagione, unite alle spezie: il giallo ocra del cavolfiore con arancia e zenzero; il verde brillante del broccolo; i chiaroscuri dei cannellini con le ortiche e dei funghi con i porri. Una cucina esclusivamente vegana o plant-based, nata nel 2021 dall’allargamento del panificio, tutto senza l’utilizzo di materie prime di origine animale.

“È una scelta che è stata fatta anche per il forno, attivo dal settembre del 2015”, racconta Lorella Braglia, che ha avviato l’attività con le sorelle, Francesca e Silvia, che insieme avevano dato vita quattro anni prima a Disanapianta, un’associazione che si occupa di attività divulgative riguardanti consapevolezza alimentare e cucina naturale. “Non trovavamo pane ‘vero’, così abbiamo deciso con altri soci di aprire un forno, per realizzare prodotti con caratteristiche precise, a partire dall’uso di farine da grani tradizionali”, spiega.

Oggi “Pane e cucina” è il payoff che si legge anche all’ingresso del locale, che si trova in via Montefiorino 7, a due passi dall’ospedale e a quindici minuti a piedi da piazza Prampolini, il centro della città. “La nostra clientela non è necessariamente vegana ma è curiosa -spiega Lorella-. È attratta dalla nostra scelta di cucinare verdure molto particolari, che non si è più abituati a trasformare a casa propria. Molti, poi, si avvicinano per questioni legate alla salute”. Di fronte all’esigenza di diete povere di proteine e grassi animali, ma anche di sale e di zuccheri. La scelta di Stria è stata fin dall’inizio quella di ridurre il sale all’interno del pane, pur mantenendolo in quanto ha un ruolo importante nel gusto e nella lievitazione.

In cucina, invece, le spezie sono lo strumento preferito per “esaltare il carattere e l’individualità di ogni ortaggio, riuscendo ad avvicinare anche coloro che sono diffidenti, perché abituati a considerarle appannaggio di una cucina di tipo etnico”, sottolinea Lorella. La salubrità è garantita anche dall’origine delle materie prime trasformate: tanto il forno (il laboratorio è rimasto in viale Isonzo 48) quanto la cucina hanno una certificazione biologica e questo significa che tutto ciò che viene impastato o cucinato proviene da agricoltura bio. Tra i fornitori ci sono NaturaSì e tante aziende agricole locali, a partire dalla cooperativa “La Collina”, una delle esperienza italiane più longeve (nata nel 1975) di agricoltura bio e biodinamica, per passare alla cooperativa “La Lucerna di Campegine” e ai raccoglitori di funghi ed erbe delle colline e dell’Appennino. Per quanto riguarda le farine, provengono dal primo appennino reggiano, tra i fornitori c’è “Shanti”, “Fattoria di Sara” e “Molino Caradello”, ma anche il “Molino Pransani” di Sogliano al Rubicone (FC), in Romagna.

Gilda Bertolini che lavora nel forno di Stria © Archivio Stria

La gastronomia trasforma settimanalmente circa 300 chili di verdure e ortaggi. “Tutto viene lavorato fresco. Le consegne sono due per settimana”, spiega Lorella, che all’occorrenza dà anche una mano in cucina o in sala. A pranzo (il locale è aperto dal lunedì al sabato fino alle 15) un piatto con una sola scelta dal menù costa dieci euro, due scelte per 13, tre scelte 15. “In termini di tempo, la trasformazione delle verdure ne richiede molto. Il lavoro è la voce di costo più importante”, aggiunge. In tutto, Stria occupa 19 persone: cinque-sei sono operative nel laboratorio di panificazione, sette in cucina, una delle quali dedicata alla preparazione dei dolci.

Le altre stanno al banco. “Non esiste una formazione specifica che insegni questo tipo di cucina, né la trasformazione delle farine che abbiamo scelto di utilizzare. È un aspetto fondamentale che abbiamo dovuto curare noi, prima al forno e ora in gastronomia”, conclude Lorella. Oltre al punto vendita e ai negozi di NaturaSì, a cui Stria rifornisce il pane per i tre punti vendita reggiani, il forno serve un paio di ristoranti vegan in centro a Reggio Emilia e altre due realtà che pur cucinando anche carne e servendo latticini fanno attenzione alla loro proposta alimentare. Le forniture esterne valgono la metà del fatturato per l’azienda, pari a circa 850mila euro nel 2022.

“La gastronomia è in crescita”, racconta Elisa Tribuzio, che è diventata socia di Stria alla fine del 2018 e si occupa di comunicazione, marketing e progetti strategici, come quello che ha portato la società a diventare società benefit alla fine del 2002, ad avanzare la richiesta per essere riconosciuta come Bcorp (una certificazione delle performance sociali e ambientali dell’azienda) e l’adesione ai Panificatori agricoli urbani (Pau, di cui avevamo scritto su Altreconomia). Elisa cura anche tutti gli aspetti legati alla sostenibilità: “In tema di energia elettrica, che alimenta il forno, abbiamo scelto l’offerta 100% rinnovabile di Dolomiti energia; abbiamo anche installato un impianto che ci permette di servire a tavola l’acqua dal rubinetto”, spiega. Per ridurre i rifiuti, hanno scelto da sempre di usare vaschette compostabili, compreso il film, per il take away della gastronomia.

“Anche se adesso stiamo promuovendo le ‘gavette’ riutilizzabili, che le persone possono acquistate in negozio e riportare ogni volta con sé”, sottolinea Elisa. Il sogno di un forno-gastronomia vegano è possibile, aggiungono insieme le due socie, “investendo tanto in formazione, sul personale in sala, che dev’essere capace di rispondere alle obiezioni in modo accogliente e inclusivo. Chi ha già fatto determinate scelte, tende a sentirsi migliore, ma questo porta ad atteggiamenti sbagliati verso chi non ha ancora approfondito temi come la dieta vegana. Crediamo che ognuno sia nel proprio percorso di vita al punto in cui è, serve benevolenza”. È scritto, del resto, anche nel Manifesto dei Pau, al punto sette: “Le nostre botteghe sono presidi di gentilezza”.

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