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Diritti / Opinioni

Il processo è pubblico, ma senza generare sensazionalismo

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A Genova i giudici vietano l’ingresso delle telecamere alle udienze per il crollo del ponte. Una decisione che fa discutere. La rubrica di Enrico Zucca

Tratto da Altreconomia 251 — Settembre 2022

Nel processo per il crollo del ponte Morandi a Genova, pur riconoscendo lo straordinario interesse pubblico dell’evento, i giudici hanno negato l’ingresso delle telecamere in udienza. Ritengono che l’esposizione delle riprese alimenti le già notevoli pressioni esterne che ostacolano la serenità e concentrazione necessarie nell’aula di giustizia. I giornalisti hanno inscenato un’insolita protesta contro la decisione, bollata come “inquietante” ed espressione di “pregiudizio ideologico”. Il presidente nazionale dell’Ordine, giunto a Genova, s’è avventurato a denunciare il “travolgimento delle norme e dei principi che regolano la democrazia nel mondo”. L’informazione disinforma.

Pochi giorni dopo la protesta, infatti, s’è avuta notizia che in Inghilterra, per la prima volta dopo un divieto durato un secolo, una legge ora consente l’ingresso di una telecamera in una corte penale. Non si potrà però riprendere il processo, con le deposizioni dei testi e degli imputati o le argomentazioni delle parti, ma solo la fase in cui il giudice, dopo il verdetto della giuria, stabilisce la pena per il condannato. Negli Usa, invece, le videoriprese sono ormai consentite in quasi tutti gli Stati, si pensi recentemente al processo a Derek Chauvin, il poliziotto riconosciuto colpevole dell’omicidio di George Floyd in Minnesota, o a Kyle Rittenhouse, l’adolescente assolto per l’uccisione di due uomini nel Wisconsin. Il divieto di ripresa permane però nelle Corti federali, che trattano i reati più gravi, fra cui il terrorismo. E ancora, fa eccezione lo Stato di New York, il centro internazionale dei media, che vieta le telecamere per ogni processo.

La regola prevalente ovunque è quindi il divieto, sul presupposto, mai seriamente smentito, che il comportamento dei soggetti, ciascuno nel proprio ruolo, ma soprattutto dei testimoni, possa essere influenzato dalle telecamere e non essere genuino. Fa scuola, in senso negativo, il famoso processo contro l’ex giocatore di football americano O. J. Simpson, a proposito del quale anche il regista Sidney Lumet disse: “Penso che la percezione della telecamera non abbandonò nessuno neppure per un momento”. Anche dove non c’è divieto assoluto, peraltro, è rimessa alla sole discretion del giudice, il naturale garante della genuinità dell’assunzione delle prove, la valutazione delle esigenze concrete che si pongono nell’aula, proprio come è legge in Italia.

Sono 43 le vittime del crollo del ponte Morandi avvenuto il 14 agosto 2018

Il diritto di cronaca deve essere bilanciato dalle esigenze di garanzia e giustizia nella fase più delicata dell’accertamento dei fatti. Per questo, il divieto di solito non riguarda i processi di appello, dove non si assumono prove. La Corte Suprema americana ha affermato che, sebbene il divieto di ripresa non sia costituzionalizzato, non lo è neppure il diritto. La pubblicità dell’udienza, questo sì un cardine di democrazia, non implica che si debba fare il processo negli stadi o nelle piazze, sia pur virtuali. Si teme la spettacolarizzazione del giudizio, il termine usato dai giudici genovesi che ha fatto infuriare i giornalisti, i quali sembrano ignorare il perenne dibattito in questi termini sul tema.

Anche la recente riforma nel diritto inglese vuole evitare i riconosciuti eccessi del sistema americano. Quanto al diritto di cronaca con altri media, fa riflettere il perché qui sia sostanzialmente assente durante il giudizio, ignorato fino alla sentenza, mentre durante le indagini c’è frenesia di pubblicare notizie. La televisione rischia di ricercare solo il momento sensazionale, senza restituire il contesto. Tornando a Genova e per dirla tutta, c’è anche ipocrisia. Nessuna protesta per altri divieti di ripresa, in particolare nei grandi processi del G8, pur essendosi nel processo Diaz addirittura costituita parte civile la Federazione nazionale della stampa. Questo diritto di cronaca a corrente alternata toglie molta credibilità alla risvegliata indignazione dei giornalisti.

Enrico Zucca è sostituto procuratore generale di Genova. È stato pubblico ministero del processo per le torture alla scuola Diaz durante il G8 dell’estate 2001

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