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Esteri / Opinioni

La guerra ibrida e quegli anticorpi alla disinformazione

Le proteste a Kiev da parte del movimento Euro Maidan nel gennaio 2014 © Amakuha

Per comprendere la situazione in Ucraina ci si deve riferire a fonti indipendenti e sul campo. Ma il circuito mediatico evita di farlo. La rubrica di Enrico Zucca

Tratto da Altreconomia 250 — Luglio/Agosto 2022

Come verificare le opposte letture del conflitto ucraino, dalla rivoluzione di Euro Maidan alla formazione dei regimi secessionisti, alla guerra a bassa intensità degli ultimi otto anni, fino alla guerra assoluta dei nostri giorni? La risposta non è esaurita dalla constatazione, pur largamente condivisa, che ora la sfacciata aggressione di un esercito invasore, non più camuffata dietro soldati senza insegne, per la sua gravità è un atto inammissibile contrastante ogni principio del diritto internazionale.

Per ancorare le analisi a solidi appigli c’è una facile via. Eppure, il circuito informativo corrente la evita. Si tratta di utilizzare i rapporti degli organismi internazionali che con metodo, indipendenza e accuratezza, descrivono la situazione sul campo. Sono le Ong come Amnesty International e, ovviamente, gli organi istituzionali dell’Onu, il Comitato contro la tortura (Cat) e l’Ufficio dell’Alto commissariato per i diritti umani (Ohchr) e gli analoghi organi del Consiglio d’Europa (Cpt e Chr).

Poi c’è l’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e sicurezza europea. Il conflitto in Ucraina è stato da sempre oggetto dell’azione di tutti quegli organismi; in particolare, sotto l’egida dell’Ohchr, è stata istituita già dal 2014 una missione speciale di monitoraggio (Hrmmu), così anche ha fatto l’Ocse. Il Cat ha nominato un Relatore speciale, che ha consegnato di recente un rapporto. E lì che occorre vedere, per concludere che vale più un grammo di prova che chili di opinioni.

Nel 2014 è stata istituita la missione speciale di monitoraggio Hrmmu in Ucraina sotto l’egida dell’Alto commissariato per i diritti umani delle Nazioni Unite

Intanto consentire il lavoro degli osservatori senza riserve e ostacoli e rispondere alle raccomandazioni date per prevenire gli abusi rilevati e, infine, sforzarsi per porvi rimedio è un dato obiettivo non trascurabile. Questo atteggiamento di collaborazione è già un discrimine. In sostanza vuol dire consentire libero accesso ai luoghi di detenzione anche con interviste protette ai prigionieri, consentire senza restrizioni verifiche e monitoraggi sui luoghi del conflitto. Nelle zone controllate dai gruppi armati secessionisti questo, di regola, non è avvenuto. Significativa verso l’assunzione di responsabilità è, ancora, l’accettazione soltanto da parte ucraina della giurisdizione della Corte penale internazionale. Sono documentati, per le autorità ucraine, i progressi effettuati rispetto alle criticità dei rapporti precedenti, con interventi specifici e riforme normative. Ancora poco.

Non si rigenerano tuttavia senza fatica istituzioni formatesi nel vecchio regime, caduto dopo gli spari della polizia e degli squadristi di appoggio sulla folla, o una magistratura corrotta e asservita. Sono certo documentate le perduranti violazioni di diritti anche da parte delle forze governative, sempre più ristrette alle sole zone di contatto con la linea del fronte, e all’operare dei servizi di sicurezza. Nulla, tuttavia, sostiene la lettura del conflitto come uno scenario di atrocità commesse ai danni della popolazione nelle zone secessioniste, la giustificazione all’invasione. È infatti un grottesco capovolgimento della realtà. Qui entra in gioco uno strumento della guerra ibrida, cioè la disinformazione, che non è la sola censura o propaganda, un dato da subito evidenziato nei rapporti che smascherano grossolani tentativi di addossare crimini alla parte ucraina.

La presa di controllo delle bande armate secessioniste si accompagna non a caso all’isolamento informativo delle popolazioni. Contro le evidenze, la negazione financo dell’abbattimento del jet Mh17 con 298 persone a bordo da parte di un missile in dotazione alla 53esima brigata antiaerea russa, azione per cui sono processati in Olanda quattro esponenti del Gru, il servizio militare russo. Certo non resta che dire che i rapporti sono faziosi, asserviti all’Occidente, il ritornello russo anche davanti alla Corte di Strasburgo che quei rapporti tiene in considerazione. La guerra in corso toglie ogni riserva.

Enrico Zucca è sostituto procuratore generale di Genova. È stato pubblico ministero del processo per le torture alla scuola Diaz durante il G8 dell’estate 2001

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