Diritti / Opinioni
Il fallimento del G20 sulla salute: le priorità sanitarie restano in mano alla finanza
Il Patto di Roma è uno specchietto per le allodole e non intacca il monopolio sui brevetti dei vaccini. La rubrica di Nicoletta Dentico
La strada dell’inferno, si sa, è lastricata di buone intenzioni. E di buone intenzioni è infarcito il Patto di Roma, il documento finale del G20 Salute, riunitosi il 5 e 6 settembre a Roma. Il testo è come un albero di Natale grondante di palle colorate -princìpi e aspirazioni smentiti dalla realtà di un apartheid sanitario nella gestione globale della pandemia- un garbuglio di dichiarazioni declamatorie con cui i Paesi del G20 promettono tutto e si impegnano a fare di tutto. Ma lo sappiamo: gli alberi di Natale sono senza radici.
Gli estensori non hanno lesinato sui riferimenti che servono a tranquillizzare certa società civile: dall’approccio di genere alla menzione del diritto alla salute, dal ruolo del personale sanitario al riferimento ardito al quarantesimo anniversario del Codice di condotta sull’allattamento al seno. E poi diversi paragrafi su “One health”, la strategia che associa la salute umana a quella animale e planetaria. Ma sono specchietti per le allodole.
L’astrazione delle enunciazioni rafforza la rotta segnata dal solo appuntamento strategico del G20 a presidenza italiana su questa materia: il summit sulla salute globale del 21 maggio, che si è svolto alla presenza della leadership politica globale che conta, compresa quella del settore privato (con tanto di Bill Gates e case farmaceutiche). E prepara il terreno delle decisioni sulla salute alla sessione congiunta salute-finanze alla fine di ottobre. Sarà quella la sede, dice il ministero della Salute, “per affrontare in particolare la questione fondamentale di come migliorare l’architettura globale della sanità”.
Nel secondo anno della pandemia, torna dunque in mano alle logiche della finanza la definizione delle priorità sanitarie, in uno schema di gioco che ripete quanto già visto in passato. Intanto, uno studio della Initiative for policy dialogue (Columbia University) segnala uno tsunami di politiche di austerity in arrivo. Dedicata al tema dell’accesso equo ai rimedi contro Covid-19, la seconda giornata del G20 Salute ha visto l’insanabile contrasto tra i Paesi che ribadivano l’importanza della sospensione temporanea dei diritti di proprietà intellettuale -il G20 accoglie India e Sudafrica, promotori della concretissima misura di policy prevista dal diritto internazionale- e coloro che semplicemente glissavano sapendo di avere il coltello degli accaparramenti vaccinali dalla parte del manico.
159. I Paesi per cui il Fondo monetario internazionale (Fmi) registra l’introduzione di misure di austerity entro il 2022. Una pandemia finanziaria che si abbatte su 6,6 miliardi di persone, l’85% della popolazione mondiale.
Anche questa volta, il documento del G20 non fa il minimo accenno a questa proposta, sostenuta da oltre cento Paesi dell’Organizzazione mondiale del commercio. Il Patto di Roma rimanda invece a un vago impegno di donazioni dei vaccini e di supporto finanziario a Covax, che intanto rivede al ribasso le sue proiezioni di fine anno. Menziona la necessità di diversificazione e di rafforzamento delle produzioni medicali nel Sud del mondo, ma tutto questo con un meccanismo di spinta pubblica al trasferimento di tecnologie sulla base di licenze volontarie delle case farmaceutiche. Uno scenario che lascia intatti i monopoli brevettuali, ma non privo di episodi paradossali. Ursula von der Leyen ha dovuto accettare di rimandare in Africa milioni di dosi di vaccini anti-Covid-19 prodotti dalla joint venture di Johnson&Johnson con la sudafricana Aspen Pharmacare che erano state esportate in Europa, come raccontato dal New York Times.
Intanto, a venti anni dal G8 di Genova in cui fu lanciato il Fondo globale contro Aids, tubercolosi e malaria, si fa strada la proposta del Fondo globale contro le minacce sanitarie (Health threats fund). Ha ragione David Quammen quando scrive che non eravamo preparati alla pandemia per mancanza di immaginazione. Non siamo guariti. Ci resta solo l’albero di Natale.
Nicoletta Dentico è giornalista ed esperta di diritto alla salute. Già direttrice di Medici Senza Frontiere, dirige il programma di salute globale di Society for International Development.
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