Crisi climatica / Reportage
I tempi record del rigassificatore di Ravenna bruciano la transizione

Un condotto sottomarino e 32 chilometri di tubature attorno alla città permetteranno a Snam di trasferire il gas alla rete nazionale. Classificata come strategica, l’opera sarà pronta a marzo 2025. I comitati lamentano l’esclusione dai rapidi processi decisionali
Dal molo di Marina di Ravenna, a una decina di chilometri dalla città, tra le varie piattaforme a largo della costa, da qualche mese si scorge una nuova serie di gru. Il cantiere del rigassificatore procede spedito. Con l’obiettivo dichiarato di assicurare l’indipendenza energetica dell’Italia dopo l’invasione russa dell’Ucraina, il rigassificatore di Ravenna è stato promosso come “opera di importanza strategica nazionale” e approvato in tempi record esonerandolo dalla Valutazione di impatto ambientale (Via), tramite una procedura di soli 180 giorni. Questa infrastruttura dovrebbe anche contribuire a trasformare l’Italia nell’“hub europeo del gas”, come annunciato dal ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin nel 2022. Tuttavia negli ultimi due anni si è registrato un significativo calo dei consumi interni di gas, passati da una media di 73,4 miliardi di metri cubi all’anno tra il 2016 e il 2021 a 61,5 miliardi nel 2023, toccando il punto più basso degli ultimi vent’anni.
“A questa tendenza contribuisce anche la progressiva elettrificazione dei consumi”, spiega Francesco Occhipinti, direttore di Legambiente Emilia-Romagna, durante la partecipata conferenza “Sempre più gas?” tenutasi nel mese di maggio proprio a Ravenna. “Continuare a investire nel gas non è giustificato dai numeri”. Gli obiettivi europei in effetti parlano chiaro: ridurre le emissioni di gas serra del 55% entro il 2030 e azzerarle entro il 2050. Inoltre, la “speranza” di importare più gas per esportarlo in Europa risulta poco fondata. “Anche gli altri Paesi si sono dotati di simili infrastrutture e sono stati più veloci di noi -commenta Filippo Taglieri di ReCommon-. Il governo italiano ha scommesso sul gas spinto da alcune aziende come Snam ed Eni. Ma si tratta di un business che può garantire loro dei profitti solo perché i costi ricadono sulle nostre bollette”.
Ed è proprio Snam a gestire il rigassificatore di Ravenna. Nel luglio 2022 ha acquistato l’unità di rigassificazione galleggiante (Fsru) BW Singapore per 367 milioni di euro. Con una capacità di cinque miliardi di metri cubi di gas all’anno, trasformerà il gas “naturale” liquefatto (Gnl) trasportato dalle navi metaniere allo stato gassoso. Il gas verrà poi immesso nella rete nazionale tramite un condotto sottomarino e 32 chilometri di tubature che serpeggiano attorno alla città, scorrendo sotto canali e campi già dorati per la semina.
L’intero progetto del rigassificatore dovrebbe essere ultimato entro marzo 2025, mentre i lavori dell’enorme diga frangiflutti posta a protezione della nave dovrebbero concludersi a ottobre 2026. Il costo totale ha raggiunto quota 1,2 miliardi di euro, 200 milioni in più rispetto al previsto.
“Il governo ha scommesso sul gas spinto da Snam ed Eni. Ma è un business che può garantire profitti solo perché i costi ricadranno
sulle bollette” – Filippo Taglieri
Quello di Ravenna sarà il quinto rigassificatore in Italia. A essere già in funzione sono quelli di Panigaglia (PS), Porto Viro (RO), Livorno e quello attraccato al porto di Piombino dall’estate 2023, che dovrebbe essere spostato a Vado Ligure (SV) entro il 2026. Quest’ultimo ha avuto un iter simile a quello romagnolo, ma mentre nelle due città il progetto ha incontrato una fortissima opposizione popolare e delle amministrazioni locali, a Ravenna le proteste dei comitati cittadini non hanno ricevuto il supporto istituzionale.
“Abbiamo il know-how del settore e ci sono già infrastrutture di collegamento, collocare qui il rigassificatore è stata una scelta corretta -dice il sindaco di Ravenna, Michele De Pascale-. Abbiamo ricevuto il consenso unanime delle forze economiche e sociali. La proposta è stata presentata all’assemblea pubblica, aperta ai comitati cittadini”. I comitati, però, raccontano una storia diversa: la comunicazione è stata data a cose fatte e in tutta fretta, per rispettare l’accelerazione dei tempi dovuta al clima emergenziale che ha circondato il progetto. “Non si è trattato di un vero confronto con la cittadinanza, ci siamo trovati di fronte a un progetto già chiuso”, lamenta Barbara Domenichini del comitato Per il clima – Fuori dal Fossile di Ravenna.

“La costa e il mare sono beni delle comunità che ci vivono, come minimo avremmo dovuto essere coinvolti”. A maggio, insieme a una cinquantina di attivisti, Domenichini ha partecipato a una manifestazione contro il rigassificatore e le fonti fossili di fronte al Comune di Ravenna. “La fretta era riflessa anche nella scrittura dei progetti iniziali, pieni di imprecisioni”, ricorda Filippo Taglieri, spiegando che la velocizzazione delle procedure ha ridotto la possibilità delle comunità di monitorare i progetti. “Per analizzare fino a cinquemila pagine di documenti in un mese sono richieste competenze ingegneristiche, ambientali e geotecniche che spesso mancano ai cittadini”.
Il rapporto tra Ravenna e il settore oil&gas italiano ha radici molto antiche. A partire dagli anni Cinquanta, “il gas ha portato tanto lavoro e tanta ricchezza in questa zona, che da territorio povero è passato a essere uno dei più ricchi del Paese”, spiega Arianna Mecozzi, dottoranda presso la facoltà di Beni culturali dell’Università di Ravenna. Con il tempo il polo industriale e l’area portuale si sono espansi, punteggiando il breve tragitto tra il centro storico e i lidi di ciminiere. Ancora oggi le attività legate a questo settore sono associate a prosperità e benessere: “Non c’era solo il polo petrolchimico ma hanno costruito le case per gli operai, organizzavano le colonie per i figli, le attività sociali -continua Mecozzi-. Lavorare nel settore del petrolio era una sorta di privilegio”.
“Sono passati circa sei anni dalla presentazione del progetto dell’eolico offshore a Ravenna e ancora non è nemmeno in cantiere” – Francesco Occhipinti
Ma anche nella città di Eni molte voci hanno espresso preoccupazione per la questione ambientale. “Si tratta di mettere a pochi chilometri dalla costa una struttura lunga 300 metri e alta come un palazzo di otto piani, è molto pesante per un mare dai fondali bassi come il nostro”, afferma Pippo Tadolini, medico in pensione e coordinatore della campagna Per il clima – Fuori dal fossile di Ravenna. “Che il gas possa essere una fonte energetica di transizione è una gigantesca forzatura”, commenta Taglieri. Il metano, infatti, è circa 80 volte più climalterante della CO2. “La filiera del gas e quella del petrolio sono quasi sempre interconnesse, l’una difficilmente fa a meno dell’altra”.
Nel 2023, secondo i dati dell’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (Arera), il Gnl italiano è stato importato principalmente da Qatar (41%), Stati Uniti (32%) e Algeria (15%). Laddove il metano viene estratto con la tecnica del fracking, come avviene sistematicamente negli Stati Uniti, il costo ambientale è altissimo: acqua e altri fluidi sono iniettati nella roccia per spaccarla ed estrarre l’idrocarburo, causando contaminazione delle falde, consumo eccessivo di acqua, emissioni di gas serra e addirittura piccoli terremoti. Questo gas viene poi liquefatto e trasportato via nave. In queste fasi si verificano perdite di metano e flaring, ovvero la combustione controllata del gas in eccesso. Francesco Occhipinti di Legambiente spiega che “le perdite di metano funzionano come quelle idriche nelle tubature, solo che non si vedono. Oltretutto il gas disperso viene comunque contabilizzato e finisce in bolletta, quindi si tratta non solo di un danno ambientale ma anche economico”.

Una volta arrivato a Ravenna, il gas conservato a 162 gradi sottozero verrà rigassificato con un processo a circuito aperto, che utilizza il calore dell’acqua del mare. “Questo creerà un piccolo circolo polare artico intorno al rigassificatore, dove l’acqua raffreddata è sversata in mare”, precisa Tadolini. Un liquido che conterrà anche cloro. “Sarà come svuotare una piscina, e questo sicuramente avrà un effetto devastante sulla fauna marina”.
Interrogata da Altreconomia riguardo all’impatto ambientale della struttura e del suo monitoraggio, Snam ha negato la presenza di anomalie nell’ecosistema marino negli impianti di sua proprietà a Livorno e Piombino. Rispetto a Ravenna, l’azienda aggiunge che “il monitoraggio dell’ambiente marino è iniziato già nella fase ante operam, e continuerà per tutto il periodo di esercizio”, tenendo in considerazione tutti gli aspetti necessari al rilevamento di possibili anomalie.
Ciononostante, i comitati denunciano il prezzo troppo alto pagato dall’ambiente, a cui però non sembra corrispondere una reale necessità. Oltre ai consumi di gas in calo, anche la corsa al Gnl sembra una bolla già scoppiata. Nel 2023, ben otto terminal per il gas liquefatto in Europa (compreso Piombino) hanno operato a meno della metà del loro potenziale secondo i dati dell’Istituto europeo per l’energia economica e l’analisi finanziaria. Così, il rigassificatore preparato in tutta fretta negli ultimi due anni rischia di nascere già vecchio. Nel frattempo, però, i progetti per le fonti rinnovabili procedono a rilento. “Sono passati circa sei anni dalla presentazione del progetto dell’eolico offshore a Ravenna e ancora non è nemmeno in cantiere”, commenta Occhipinti. In Piazza del Popolo a Ravenna, piena soprattutto di turisti e gruppi seduti ai bar, la manifestazione contro il fossile di maggio raccoglie anche studenti universitari e riceve molte attenzioni, segno di interesse ma anche del molto lavoro che ancora resta da fare. “Il rigassificatore di Ravenna è soltanto la punta dell’iceberg di un sistema che continua a puntare sulle fonti fossili -conclude Tadolini- nonostante il tempo della transizione sia ormai arrivato”.
Questo articolo è stato realizzato grazie al supporto del Journalismfund Europe (journalismfund.eu)
Riceviamo e pubblichiamo la replica inviata da Snam al reportage da Ravenna
“Sul tema dei consumi di gas, la contrazione della domanda non è interamente dipesa da fattori strutturali, è anzi imputabile a cause che potrebbero non ripetersi (ad esempio, la minor domanda da parte dell’industria). Le previsioni contenute nel Pniec, sia negli scenari conservativi che in quelli evolutivi, confermano per il prossimo futuro il ruolo centrale del gas nel mix energetico nazionale, anche come backup ideale per un sistema elettrico che, dipendendo da quote via via crescenti di rinnovabili, è anche sempre più esposto agli effetti della loro intermittenza. Alla luce del delicato contesto geopolitico, la capacità di sistema dev’essere parametrata non su base annua ma sui picchi giornalieri che, nelle giornate più fredde, possono raggiungere anche i 400 milioni di metri cubi. La ridondanza e flessibilità delle infrastrutture devono essere tali da garantire continuità di fornitura in caso di domanda particolarmente elevata. È fuorviante definire l’opera “un business che può solo garantire dei profitti [ad aziende come Snam] perché i costi ricadono sulle bollette”, in quanto Snam agisce per la sicurezza del sistema energetico italiano in un business regolato, e non compra né vende la materia prima; i costi in bolletta connessi alla realizzazione di un’infrastruttura così importante sono del tutto trascurabili. Si ricorda poi che il trasporto gas pesa, nella sua globalità, solo per il 5% della bolletta. Relativamente al passaggio delle condotte al di sotto di campi a destinazione agricola, il modus operandi di Snam prevede, attraverso i ripristini ambientali, che la destinazione d’uso di ogni area interessata ritorni alle medesime condizioni, se non migliorative, dello stato ante-operam. Snam è da sempre attenta alle esigenze dei territori: il confronto è costante in ogni fase dei singoli progetti con le istituzioni e gli enti a ciò delegati. Sulla maggiorazione, in temini di costi, delle opere connesse al rigassificatore di Ravenna, la realizzazione della diga frangiflutti – inizialmente non prevista – assicurerà la piena operatività della nave anche in presenza di condizioni meteomarine particolarmente complesse, garantendo così la piena funzionalità dell’infrastruttura. Da ultimo, in relazione alle emissioni fuggitive di metano, è importante ricordare come lungo tutta la rete di trasporto Snam queste siano pari solamente allo 0,022% del gas immesso, con una riduzione nel 2023 del 57% rispetto ai livelli del 2015, traguardo raggiunto in anticipo di tre anni rispetto agli obiettivi raccomandati dalle Nazioni Unite”.
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