Diritti / Opinioni
I richiedenti asilo “schiacciati” dalla burocrazia
Le norme in materia sono chiare ma non bastano a tutelare nel concreto i diritti: in Italia le lunghe attese e la mancata accoglienza sono una costante. La rubrica di Gianfranco Schiavone
Chiedere asilo è un diritto fondamentale per chiunque fugge da persecuzioni o conflitti, tutelato dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (articoli 18 e 19). L’accesso alla procedura di asilo deve essere garantito dagli Stati con la massima tempestività (Direttiva 2013/32/13), di norma entro tre giorni; mentre quello alle misure di accoglienza deve avvenire subito dopo manifestazione di volontà di chiedere asilo (Direttiva 2013/33/UE) in modo da assicurare che i richiedenti non siano esposti a pericoli.
Ad aprile 2024 un gruppo di associazioni ha pubblicato il Rapporto “Attendere prego. Report sugli ostacoli nell’accesso alla procedura per il riconoscimento della protezione internazionale in Italia”. Ne emerge una realtà sconcertante in tutto il Paese (a Roma e Milano in particolare): a migliaia di persone viene di fatto impedito, anche per mesi, di accedere agli uffici delle Questure per esercitare il loro diritto. E durante tutto questo tempo vengono abbandonate a sé stesse, senza alcuna assistenza ed esposte al rischio di essere espulse.
Da questo report emerge poi uno scenario particolarmente preoccupante: “Nella maggior parte dei casi -si legge- l’amministrazione giustifica disservizi e ritardi con l’insufficienza di personale ma […] tali disservizi e ritardi sembrano essere dovuti anche a scelte volte a limitare l’accesso al diritto a chiedere protezione internazionale”.
Sul punto le normative sono -come raramente accade- di un’estrema chiarezza e la giurisprudenza è consolidata a tutela delle vittime dell’inerzia della pubblica amministrazione. Perché dunque, pur di fronte a violazioni così evidenti e a norme così precise, e a numerose condanne per la condotta della pubblica amministrazione, le gravi violazioni descritte nelle pagine di “Attendere prego” vengono commesse in una misura che possiamo senza dubbio definire generalizzata?
Perché non sono sufficienti norme precise che si limitano a enunciare l’esistenza dei diritti invocati. Affinché i “soggetti deboli” possano concretamente esercitarli è infatti necessario introdurre leggi che permettano a chi, per la sua condizione, si trova in un rapporto di forza impari con la pubblica amministrazione, di riportare in equilibrio tale svantaggio.
Le nuove domande d’asilo presentate in Italia nel corso del 2023 sono state 130.565. Nello stesso anno sono state 329mila in Germania e 160mila in Spagna
L’ordinamento giuridico vigente non considera lo straniero che chiede protezione un soggetto debole, come invece è previsto, ad esempio, nei confronti di minore, di una persona interdetta o soggetta a tutela amministrativa. Si dirà (a ragione) che le situazioni citate sono molto peculiari, ma dobbiamo sviluppare una nozione più ampia e flessibile del concetto di “soggetto debole”, che comprenda anche condizioni temporanee in cui si trova a vivere un richiedente asilo nel nostro Paese.
Senza ignorare la concreta realtà dei fatti e i problemi che deve affrontare questa categoria di persone, prive di documenti, mezzi economici e di un luogo dignitoso dove vivere. Uomini e donne che non conoscono la lingua italiana e che non possono nemmeno contare su un livello di minima assistenza per sopravvivere dal momento che in Italia gli interventi di cosiddetta “bassa soglia” verso persone in stato di bisogno estremo rimangono del tutto discrezionali.
Mettere i soggetti deboli, che si trovano intrappolati nel rapporto asimmetrico con la pubblica amministrazione, in condizione di poter esercitare concretamente i loro diritti è una riforma importante almeno tanto quanto lo è stato aver sancito in astratto la sussistenza del diritto di cui la persona è portatrice. Diversamente il soggetto debole, come è colui che chiede asilo, rimarrà sempre schiacciato.
Gianfranco Schiavone è studioso di migrazioni. Già componente del direttivo dell’Asgi, è presidente del Consorzio italiano di solidarietà-Ufficio rifugiati onlus di Trieste
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