Diritti / Reportage
I mapuche in lotta per difendere l’acqua in Cile. Il ruolo di Enel
Le comunità di Tralcapulli e Llonghaue sono in conflitto con Enel Green Power, proprietaria dal 2000 della centrale idroelettica di Pullinque. L’impianto ha deviato il corso del Wueneywue, alterando un patrimonio culturale e ambientale
“Non possiamo aspettare che il cambiamento climatico avanzi senza fare nulla”, dice Daniel Lincocheo, portavoce della comunità mapuche di Tralcapulli, 800 chilometri a Sud di Santiago del Cile. “Il fiume Wueneywue scorreva qui accanto”, racconta indicando la diga costruita alla fine degli anni Cinquanta da Endesa, l’impresa nazionale di elettricità cilena, e che oggi è proprietà di Enel. È ottobre inoltrato e Lincocheo spiega che ogni anno il calore si fa più insopportabile: “A Tralcapulli molte famiglie cominciano ad avere problemi di accesso all’acqua. I loro pozzi si sono prosciugati perché la falda del fiume è scesa più in profondità”. È così che le comunità mapuche della zona hanno deciso di fare causa all’impresa affinché il fiume torni a scorrere nel suo letto.
Quando Endesa iniziò la costruzione della diga di Pullinque, nel 1954, non si parlava ancora di cambiamento climatico. L’obiettivo dello Stato era elettrificare il Cile e non venne considerata la presenza di un popolo indigeno nell’area interessata: le comunità insediate lungo il bacino idrografico furono sfollate e quelle a valle della diga rimasero senz’acqua. “In quel periodo le famiglie mapuche che vivevano nel territorio non erano in condizioni di organizzarsi e protestare”, spiega María Ignacia Ibarra Eliessetch, antropologa che sta terminando uno studio sui danni causati dalla centrale idroelettrica al sistema di vita mapuche legato alla presenza del corso d’acqua. Le rivendicazioni hanno iniziato a sorgere nei primi anni Duemila e nel 2017 le comunità di Tralcapulli e Llonghaue hanno formato l’associazione Lewfü Wueneywue in difesa del fiume che in lingua Mapudungun significa “luogo di amici”. Stanno raccogliendo la documentazione necessaria per promuovere un’azione legale contro Enel Green Power non appena le condizioni della pandemia lo permetteranno. La società controllata dal gruppo Enel è infatti la proprietaria della centrale idroelettrica Pullinque dal 2000, quando questa fu dichiarata in fallimento e comprata a prezzo stracciato.
“Molte famiglie cominciano ad avere problemi di accesso all’acqua: i loro pozzi sono prosciugati perché la falda del fiume è scesa più in profondità” – Daniel Lincocheo
Antonella Pellegrini, responsabile della sostenibilità e delle relazioni comunitarie di Enel in Cile, ha partecipato a numerosi tavoli di negoziazione con le nove comunità che risiedono intorno allo stabilimento di Pullinque. Nell’ottobre 2019, in un incontro promosso dal portale Ladera Sur, ha spiegato che la società era disponibile a raggiungere accordi sulle “misure di mitigazione che si possono apportare ex post all’impatto della diga”, sottolineando che “è un’azione inedita in quanto si tratta di risarcimenti retroattivi”.
La centrale idroelettrica non è mai stata sottoposta a una valutazione d’impatto ambientale perché fu costruita molto prima che entrassero in vigore le attuali normative sull’ambiente, però gode dei diritti di sfruttamento del fiume garantiti dal Código de Aguas, legge approvata durante la dittatura di Augusto Pinochet su cui è fondata la privatizzazione delle risorse idriche in Cile. Il dibattito sul diritto all’acqua è oggi particolarmente intenso sia perché rappresenta uno dei principi da includere nella nuova Costituzione (che il Paese ha deciso di riscrivere con il referendum del 25 ottobre 2020) sia perché la siccità nella regione è diventata un fenomeno sempre più allarmante nell’ultimo decennio.
Nel caso della centrale idroelettrica di Pullinque, Enel ha firmato accordi individuali con diverse famiglie mapuche ma in nessuno di essi è prevista la restituzione, nemmeno parziale, del corso d’acqua deviato dalla diga. L’impresa italiana ha invece finanziato borse di studio per studenti e progetti di sviluppo sociale attraverso una società chiamata Kom Kiñepe Tain Newen, creata in parallelo al coordinamento già esistente tra le comunità. Secondo la Ong Ayni, si tratta di “cattive pratiche aziendali” volte a “generare problemi all’interno delle comunità”. L’organizzazione sostiene il ricorso dell’Associazione Lewfü Wueneywue e spiega che il tavolo di dialogo si è interrotto quando Enel ha cercato di “effettuare un proprio studio di impatto ambientale, senza prima condividerne i criteri con la comunità”. Interpellata da Ayni, Pellegrini ha però affermato che a Tralcapulli e Llongahue “attualmente non abbiamo un conflitto in corso”.
18 sono le centrali idroelettriche sui fiumi di tutto il territorio del Cile gestite da Enel. La multinazionale sta avviando un nuovo progetto idroelettrico nella Laguna del Maule, che si aggiunge alle cinque centrali già installate sullo stesso fiume
Per le oltre 30 famiglie riunite nell’associazione, l’acqua non si può negoziare né si può mitigare l’impatto generato dalla sua assenza. Oltre ai danni ambientali e produttivi causati dalla centrale idroelettrica per tre generazioni, il fiume perduto rappresentava un punto d’incontro e di rituali, un luogo sacro e uno spirito vivente che nella cosmovisione mapuche è chiamato ngen.
Quando il fiume è stato deviato dalla diga, anche il suo ngen è morto, o si è addormentato, cessando di essere una protezione e una fonte di vita per l’ambiente e la biodiversità. Le comunità che vivevano attorno al fiume sono state private di elementi culturali e spirituali fondamentali per il loro sviluppo, le piante medicinali che crescevano sulle rive si sono estinte e il microclima generato dal Truf-Truf, uno spazio tra le rocce in cui si creava una fitta condensa capace di proteggere il terreno e le piante dal gelo, è scomparso. Si è deteriorato anche un altro sito spirituale, il Kuseweke, un ponte naturale che univa i settori di Llongahue e Tralcapulli e che ebbe un ruolo storico nel contrastare l’invasione spagnola del territorio.
Il diritto all’acqua rappresenta uno dei principi da includere nella nuova Costituzione cilena. Inoltre la siccità è diventata un fenomeno sempre più allarmante nell’ultimo decennio
Anche se Enel non lo riconosce, esiste un conflitto socio-ambientale in corso con le comunità mapuche che vivono attorno al fiume Wueneywue, e così lo definisce anche l’Istituto nazionale per i diritti umani, che include la centrale di Pullinque nella sua mappa dei conflitti nel Paese. Enel resta una delle aziende all’avanguardia nella transizione energetica in Cile, è il principale operatore nelle rinnovabili e punta ad aggiungere altri 2 GigaWatt di potenza solare e geotermica entro il 2022. Tuttavia la multinazionale non dichiara con la stessa enfasi che nelle sue mani è concentrata anche la metà della capacità idroelettrica installata del Paese con 18 centrali sui fiumi di tutto il territorio.
Tra queste c’è lo stabilimento di Pangue che generò una delle prime grandi mobilitazioni socio-ambientali quando fu costruito negli anni 90, e l’enorme diga di Ralco, nella regione dell’Alto Bío-Bío, dove l’opposizione al progetto segnò una tappa storica per i movimenti in difesa dell’acqua, unendo in un unico fronte le organizzazioni ambientaliste e le comunità indigene Pehuenche. Enel ha anche un nuovo progetto idroelettrico in costruzione nella Laguna del Maule, che si aggiunge alle sue cinque centrali già installate sullo stesso fiume, e che è già stato oggetto di diversi conflitti negli ultimi anni. Nonostante la decisione della multinazionale del 27 maggio 2020 di chiudere anticipatamente le centrali termoelettriche di Bocamina I e II, accelerando così il processo di decarbonizzazione in Cile, la produzione di energia libera da CO2 non è l’unico parametro da analizzare quando si tratta di uno dei principali operatori energetici mondiali. “Quando parliamo di transizione energetica, ci riferiamo in primo luogo a come affrontare la disuguaglianza che sta dietro al cambiamento climatico”, spiega Anahí Urquiza, ricercatrice del Centro di scienze del clima e della resilienza che riunisce studiosi da diverse università cilene. “Per esempio, nonostante le condizioni geografiche del Paese e la disponibilità di acqua, abbiamo seri problemi di carenza idrica”, continua Urquiza. “La scarsità è legata ai cambiamenti del modello delle precipitazioni ma anche allo sfruttamento intensivo che le nostre leggi consentono”.
Nel rapporto del 2019 della società idroelettrica Pullinque S.A. si legge che “l’energia elettrica prodotta dall’impresa viene ceduta al Sistema Elettrico Nazionale”. Ciò significa che le comunità di Tralcapulli e Llongahue non traggono alcun beneficio dalla presenza della diga, mentre ne pagano i costi da sessant’anni. A questo proposito Urquiza afferma: “È fondamentale che le decisioni siano prese sul territorio e che si sviluppino sistemi energetici decentralizzati in modo che le comunità possano coprire meglio il proprio fabbisogno energetico e allo stesso tempo definire quali sono le loro vocazioni produttive, senza che questo sia imposto dal consumo energetico di un’industria svincolata dal territorio”.
Le sue parole risuonano con quelle di Daniel Lincocheo che guardando il letto vuoto del fiume a Tralcapulli conclude: “Non lasceremo in eredità alle nuove generazioni la povertà, non lasceremo loro un fiume secco, per questo recupereremo l’acqua, costi quel che costi”.
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