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Gli sviluppi del processo sulla strage di Bologna. Dal ruolo di Paolo Bellini ai finanziatori

L’ex primula nera di Avanguardia nazionale, accusato di concorso in strage, è stato riconosciuto dall’ex moglie in un video girato poco prima dell’esplosione del 2 agosto 1980. Ma il processo sta mettendo in luce anche altri elementi, come i legami tra la P2 e le dittature latinoamericane degli anni Settanta-Ottanta. Il punto della situazione

I primi soccorsi alla Stazione di Bologna subito dopo l'attentato del 2 agosto 1980 © wikimedia commons

Sono passati quasi 41 anni da quando, il 2 agosto 1980, un ordigno è esploso alla stazione di Bologna togliendo la vita a 85 persone e ferendone oltre 200. Da allora le famiglie delle vittime di questa tragedia non hanno mai smesso di cercare risposte, giustizia e verità. Nelle udienze del processo sui mandanti dell’attentato terroristico in corso dal 16 aprile 2021, nell’aula 11 del tribunale di Bologna, si stanno componendo i pezzi del puzzle che potrebbero spiegare intrecci, reti e depistaggi che hanno segnato gli orrori degli “anni di piombo”. 

Il processo si preannuncia lungo: la corte presieduta da Francesco Caruso, che presiede anche il Tribunale bolognese, dovrà ascoltare 218 persone. Sul banco degli imputati siede in primis Paolo Bellini: l’ex primula nera di Avanguardia nazionale è accusato di concorso in strage. Per la Procura sarebbe lui il quinto esecutore dell’attentato insieme agli ex Nar Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini (condannati in via definitiva) e Gilberto Cavallini (condannato in primo grado). Tra gli indizi a carico di Bellini ci sono un fotogramma di un filmato amatoriale girato subito dopo l’esplosione che ritrae una persona molto somigliante a lui, alcune dichiarazioni della ex moglie e un’intercettazione in cui Carlo Maria Maggi, leader del gruppo neonazista Ordine Nuovo di Venezia, sostiene di aver saputo da un militante che la bomba la portava un “aviere”: professione che avrebbe svolto Bellini nei primi anni Ottanta. Proprio nella giornata di mercoledì 21 luglio, Maurizia Bonini, ex moglie di Bellini, ha testimoniato davanti ai giudici e ha affermato di riconoscere l’ex marito nel video girato da un turista straniero pochi istanti prima dello scoppio della bomba.

Personaggio principale al processo, l’ex avanguardista è un soggetto complesso, la cui storia è ancora oggi piena di segreti. “Bellini è un personaggio scaltro, abile e ambiguo”, spiega ad Altreconomia il giornalista reggiano Giovanni Vignali che a Bellini ha dedicato il suo ultimo libro “L’uomo nero e le stragi” (PaperFirst). Basato su carte processuali e sentenze, ha cercato di ricostruire i pezzi della vita di quest’uomo. Per Vignali, “Bellini è un elemento paradigmatico che può raccontare che cosa era la zona grigia in Italia. Come ha detto un magistrato, lui parlava con i giudici, collaborava con le forze dell’ordine, viene considerato credibile dalla mafia ed è stato aiutato dal terrorismo di destra”.

Una parte della storia di Bellini è anche legata al Brasile, dove avrebbe vissuto clandestinamente e dove è diventato Roberto Da Silva. Con questa falsa identità, in Italia ha ottenuto il brevetto da pilota ed è stato anche arrestato a Modena per furto di mobili antichi. A novembre 2019, Altreconomia ha pubblicato un’inchiesta nella quale rivelava documenti inediti, reperiti nell’Archivio di Stato brasiliano, che mettevano in luce il periodo in cui Bellini aveva vissuto a Rio di Janeiro, alla fine degli anni Settanta.

Bellini, che si è auto-accusato di numerosi omicidi (tra cui quello del militante di Lotta Continua, Alceste Campanile), rispetto all’attentato di Bologna si è sempre dichiarato estraneo ai fatti. Apparso in Tribunale, durante la prima udienza del 16 di aprile 2021, ha dichiarato di “sentirsi come Sacco e Vanzetti”, riferendosi ai due anarchici italiani arrestati, processati e condannati a morte ingiustamente a Boston nel 1927 per un omicidio che non avevano commesso. Gli avvocati di Bellini sono Manfredo Fiormonti e Antonio Capitella.

Oltre a Bellini, alla sbarra ci sono anche Piergiorgio Segatel, ex carabiniere accusato di depistaggio e Domenico Catracchia, che dovrà rispondere di false informazioni al pubblico ministero. Ma non solo, il pool di magistrati composto da Alberto Candi, Nicola Proto e Umberto Palma vuole portare a galla le responsabilità di chi, presumibilmente, avrebbe finanziato l’attentato: Licio Gelli, Umberto Ortolani, Federico Umberto D’Amato e Mario Tedeschi. Anche se sono tutti morti, i pubblici ministeri vogliono capire quale ruolo hanno avuto in questa drammatica vicenda. Secondo i magistrati “la strage fu finanziata dalla loggia massonica P2 e compiuta da elementi di estrema destra manovrati dai servizi segreti deviati”. 

A raccontare un pezzo di questa vicenda è stato l’ex terrorista di destra Vincenzo Vinciguerra, in carcere dal 1979 per la strage di Peteano che il 31 maggio 1972 ha ucciso tre carabinieri e ferito altri due nella frazione di Sagrado (Gorizia). Oltre a spiegare il suo legame con Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale, ha sostenuto in aula che in quegli anni ci sarebbe stata una destra alle dipendenze dello Stato, sostenuta dai servizi segreti. Un fatto, a suo dire, “impensabile” dal momento che Vinciguerra ha sempre svolto attività politica contro il comunismo e ha sempre considerato lo Stato un nemico. Vinciguerra ha anche sottolineato un elenco di circostanze accadute in Sudamerica negli anni Settanta e Ottanta che confermano come quei Paesi, che vivevano sotto regimi e dittature militari, fossero in realtà una seconda casa per molti fascisti italiani. 

Durante la sua deposizione, Vinciguerra ha parlato della Direzione d’intelligence nazionale (Dina, i servizi segreti cileni durante la dittatura di Augusto Pinochet tra il 1973 e il 1977) e dell’ammiraglio Emilio Massera, ex capo dello Stato Maggiore della Marina argentina ed ex membro della P2, tra i principali responsabili del colpo di Stato del 1976 che ha rovesciato il governo di Isabel Peron e ha portato al potere l’ex generale Jorge Rafael Videla. Vinciguerra ha fatto anche riferimento al ruolo di Licio Gelli (ex capo della P2) in Argentina e di come il gruppo Montoneros “sia stato usato dai servizi segreti argentini”. I Montoneros sono stati un movimento della sinistra peronista di opposizione politica al regime di Videla. 

“Nel 1979 trovai un gruppo di Terza Posizione che prendeva spunto dai Montoneros. Io che venivo dall’Argentina sapevo che Mario Firmenich, il capo dei Montoneros, era sempre stato dei servizi segreti argentini”, ha detto Vinciguerra. Secondo lui i Montoneros hanno avuto in Argentina lo stesso ruolo (strumentale) giocato dall’estrema destra in Italia: “Sono organizzazioni dirette dallo Stato che dicono di voler combattere. Non è un caso che al comando della giunta militare ci fosse l’ammiraglio Massera, che lui fosse della P2 e che Gelli fosse di casa in Argentina”.

Alla fine della testimonianza dell’ex terrorista, Andrea Speranzoni, uno degli avvocati di parte civile, ha chiesto al giudice Caruso di depositare le sentenze del cosiddetto “Piano Condor”, il coordinamento segreto tra i servizi di intelligence delle dittature militari di Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Paraguay e Uruguay per combattere le forze di sinistra in America Latina. Speranzoni ha spiegato alla Corte che “in queste sentenze si tratteggiano i rapporti di collaborazione tra servizi segreti dei Paesi dell’America Latina e ci sono vari nomi a cui ha fatto riferimento Vinciguerra”. Secondo Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione dei familiari delle vittime dell’attentato, “questo processo potrebbe far nascere nuovi spunti investigativi, non strettamente legati all’attentato visto che alcune teste hanno avuto un ruolo anche in altre vicende molto importanti”. 

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