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Diritti / Opinioni

Detenere chi chiede asilo per il solo fatto che esiste

© Hedi Benyounes - Unsplash

La poca chiarezza delle nuove normative europee svela in realtà un disegno politico inquietante. Che tocca la libertà personale. La rubrica di Gianfranco Schiavone

Tratto da Altreconomia 277 — Gennaio 2025

La nuova Direttiva europea 2024/1346 sull’accoglienza per i richiedenti asilo nell’Unione europea conferma il principio fondamentale in base al quale “gli Stati membri non trattengono una persona per il solo fatto di essere un richiedente o sulla base della sua nazionalità” (art. 10, par. 1), e mantiene l’obbligo di prevedere nella propria legislazione degli Stati membri le alternative alle misure di trattenimento. La Direttiva definisce trattenimento “il confinamento del richiedente, da parte di uno Stato membro, in un luogo determinato, che lo priva della libertà di circolazione” (art. 2 punto 9), applicabile ai “richiedenti soltanto nelle circostanze eccezionali definite molto chiaramente nella presente direttiva e in base ai principi di necessità e proporzionalità per quanto riguarda sia le modalità che le finalità di tale trattenimento” (considerando n. 26). Inoltre la stessa Direttiva (art. 10 par. 4) non impone alcun obbligo agli Stati di applicare delle misure di trattenimento neppure durante le procedure accelerate di frontiera.

Questa impostazione generale appare tuttavia contrastare con la scelta di applicare la procedura di frontiera in una serie di ipotesi talmente ampia da divenire la normalità, come ho evidenziato nella rubrica di dicembre 2024. Come può conciliarsi il principio che prevede la limitazione della libertà in casi eccezionali con l’applicazione della procedura di frontiera (e il trattenimento) potenzialmente a decine di migliaia di casi?

Chi legge potrebbe ritenere che questioni del genere siano molto tecniche ma non è affatto così: sono in gioco questioni di fondo che riguardano la libertà delle persone e dunque la qualità reale di una democrazia. L’evidente ambiguità delle norme di cui stiamo trattando probabilmente non è frutto di un’imperizia tecnica bensì rappresenta un tentativo di forzare il sistema giuridico riducendo la rilevanza di principi fondamentali senza cassarli apertamente (operazione che sarebbe troppo evidente, e dunque non possibile).

Va ricordato come l’articolo 31 della Convenzione di Ginevra proibisce agli Stati di applicare sanzioni penali agli stranieri che giungono “irregolarmente” nel loro territorio allo scopo di chiedere asilo se tale richiesta è presentata senza indugio. Una consolidata interpretazione dottrinale ritiene che tale divieto si estenda di per sé anche alle misure “amministrative” di limitazione della libertà le quali devono rimanere limitate a casi eccezionali e mai possono avere finalità di di deterrenza.

La nuova direttiva europea (1346/2024) sull’accoglienza per i richiedenti asilo conferma sulla carta il principio di non trattenimento

La Convenzione europea dei diritti dell’uomo autorizza la temporanea detenzione di una persona “per impedirle di entrare illegalmente nel territorio, oppure di una persona contro la quale è in corso un procedimento d’espulsione o d’estradizione” (Cedu, art. 5, par. 1 lettera f), ma chi presenta una domanda di asilo senza indugio in base alle circostanze in cui si trova, alla frontiera o sul territorio, e, a maggior ragione, chi è entrato a seguito di operazioni di soccorso in mare, non può essere equiparato a colui che tenta di entrare/è entrato illegalmente nel territorio di uno Stato senza averne titolo. Pertanto non dovrebbe essere possibile applicare in modo estensivo le procedure di frontiera e le connesse misure di limitazione della libertà a persone che hanno la “colpa” di essere arrivati nel territorio dello Stato in cui chiedono asilo nel solo modo che avevano a disposizione nelle circostanze date.

La recente riforma del sistema asilo europeo potrebbe dunque non essere solo una pessima scelta politica basata sulla paura e sulla chiusura bensì potrebbe avere tra i suoi inaccettabili fini quello di volere introdurre delle limitazioni della libertà basate solo sullo status della persona. Per ora si tenta di farlo con i richiedenti asilo. In futuro si vedrà.

Gianfranco Schiavone è studioso di migrazioni. Già componente del direttivo dell’Asgi, è presidente del Consorzio italiano di solidarietà-Ufficio rifugiati onlus di Trieste

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