Diritti / Opinioni
Costosi, inefficaci e feroci: indagine sui muri europei
Lungo le frontiere esterne dell’Unione corrono 522 chilometri di barriere che rendono impossibile esercitare il diritto d’asilo. La rubrica di Gianfranco Schiavone
Nel marzo di quest’anno il Servizio ricerca del Parlamento europeo (Eprs) ha pubblicato lo studio “Migrazione e confini dell’Ue. Fatti e cifre chiave” che smentisce larga parte della narrazione dominante nell’opinione pubblica sul tema. In primo luogo evidenzia come “nonostante le notizie preoccupanti sulle ‘crisi’ migratorie in corso o imminenti” l’attenzione verso quella irregolare sia “sproporzionata rispetto al suo volume” e non tenga conto delle tendenze migratorie contemporanee a livello globale.
Inoltre ricorda come “la quota di migranti residenti in Europa sul totale dei migranti internazionali è leggermente diminuita negli ultimi tre decenni passando dal 32,4% al 30,9%”. Mentre “contrariamente alla percezione comune”, l’Unione europea ospita solo una piccola parte dei rifugiati: 6,7 milioni, pari a circa il 19% del totale mondiale.
Il tema su cui vale la pena soffermarsi maggiormente, però, riguarda la costruzione dei muri fisici con lo scopo di fermare la migrazione irregolare. Lo studio evidenzia come su un totale di 13 Paesi dell’Unione aventi frontiere esterne, ben dieci hanno iniziato a costruire barriere (fanno eccezione Romania, Croazia e Slovacchia). A dicembre 2023, queste recinzioni, realizzate per la maggior parte dopo il 2015, si estendevano per 522 chilometri (il 16% delle frontiere terrestri esterne dell’Ue).
“Un’analisi dell’evoluzione dei rilevamenti di ingressi irregolari lungo le tre principali rotte migratorie attraverso le frontiere terrestri esterne dell’Ue (la rotta del Mediterraneo orientale, quella dei Balcani occidentali e dei confini orientali) non rivela alcuna diminuzione del numero di rilevamenti dopo la costruzione di recinzioni di confine -si legge nello studio-. Al contrario, la fortificazione di una parte considerevole di queste frontiere è andata di pari passo con un aumento del numero di ingressi irregolari rilevati”.
Oltre a essere inutili per le finalità per le quali vengono costruiti, i muri sono estremamente impattanti per l’ambiente e rappresentano uno sperpero di denaro pubblico (la barriera realizzata tra Polonia e Bielorussia è costata circa 400 milioni di euro). La loro costruzione, inoltre, fa emergere serie problematiche legali: il controllo delle frontiere deve infatti sempre avvenire nel rispetto del principio di non respingimento sancito dalla convenzione di Ginevra del 1951 sullo status dei rifugiati e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
La quota delle frontiere esterne dell’Unione europea lungo le quali sono state costruite barriere per fermare i migranti è pari al 16%
Diversamente da quanto molti pensano, il diritto dell’Unione -per la precisione il Regolamento (Ue) 2021/1148- esclude la possibilità di sostenere con fondi europei la costruzione lungo le frontiere esterne dell’Ue di muri o altre barriere fisiche fisse. Questi, nella misura in cui impediscono l’accesso alla linea di frontiera, rappresentano una strategia per gli Stati di liberarsi dei propri obblighi di protezione dei diritti fondamentali, in quanto rendono impossibile esercitare in modo effettivo il diritto di chiedere asilo da parte di chi è ancora in pericolo.
Lo ha ricordato anche la Corte europea dei diritti dell’uomo che nel 2017 ha condannato l’Ungheria per la gestione dei limitatissimi valichi di accesso lungo la barriera di filo spinato che corre lungo tutta la frontiera con la Serbia (Shahzad contro Ungheria – Ricorso 12625/17).
Ovunque siano sorti, i nuovi muri europei si sono rivelati luoghi di inaudita e feroce violenza ai danni di persone inermi, come ci ricordano capolavori che fanno riflettere sul nostro tempo, come il film “The Green Border” della regista polacca Agnieszka Holland.
Gianfranco Schiavone è studioso di migrazioni. Già componente del direttivo dell’Asgi, è presidente del Consorzio italiano di solidarietà-Ufficio rifugiati onlus di Trieste
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