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Finanza / Opinioni

Che cosa significa l’avviso a pagamento di Gazprom pubblicato su Il Sole 24 Ore

Il frontespizio dell'annuncio di Gazprom pubblicato da Il Sole 24 Ore del primo marzo 2023

Il colosso del gas russo, ostacolato dalle sanzioni nel flusso dei pagamenti, ha lanciato il primo marzo una procedura di “consent solicitation” rivolta ai propri investitori per poter pagare interessi e capitale. Fa parte di una strategia di “russificazione” dei prodotti obbligazionari, spiega Alessandro Volpi

Su Il Sole 24 Ore del primo marzo è stato pubblicato un avviso a pagamento del colosso russo Gazprom dove si annuncia l’avvio di una procedura di “consent solicitation” finalizzata a “chiedere la partecipazione degli investitori” in relazione a un eurobond del valore complessivo di 500 milioni di euro, in scadenza nel 2025 e con un tasso di interesse del 4,364%. Si tratta dell’ennesima operazione con cui la società russa chiede ai sottoscrittori del bond e ai suoi azionisti di accettare la conversione di un titolo denominato in euro in un’obbligazione russa, emessa dalla società Gaz Capital SA.

L’accettazione della conversione garantirebbe ai sottoscrittori una commissione di 3,50 euro ogni 1.000 euro del valore nominale degli eurobond. Lo stesso comunicato fa sapere che Gazprom ricorrerà a procedure analoghe per tutte le partite di propri eurobond in circolazione.

L’obiettivo di una simile operazione è, in termini tecnici, quello di garantire il pagamento degli interessi e il rimborso ai sottoscrittori, che altrimenti non sarebbero possibili date le sanzioni esistenti nei confronti della stessa società russa, e il cui mancato versamento implicherebbe la dichiarazione di insolvenza. Peraltro, l’inserzione fa riferimento alla scarsa collaborazione che banche e broker manifestano rispetto alle informazioni necessarie a garantire il successo delle conversioni.

In termini più generali, tuttavia, il ricorso a procedure siffatte di conversione suggerisce alcune considerazioni non banali. In primo luogo, le conversioni possono rappresentare uno strumento di pressione nei confronti dei possessori di tali titoli, a cominciare da quelli istituzionali, perché sollecitino la rimozione delle sanzioni, responsabili del mancato rispetto della natura originaria delle obbligazioni. È evidente poi che le sanzioni stanno mettendo in grave difficoltà Gazprom che vede limitata la propria capacità di pagamento ma, al tempo stesso, finiscono per favorire l’inevitabile, e quasi obbligata, trasmigrazione dei possessori di obbligazioni “europee”, denominate in euro, verso vere e proprie obbligazioni russe, creando un legame, tutt’altro che trascurabile, di pezzi dei mercati dei titoli con la finanza di Stato della Federazione.

In presenza di sanzioni, infatti, la procedura di “consent solicitation”, vietata in alcuni Paesi a cominciare dagli Stati Uniti, significa l’accettazione forzata della conversione, pena, di fatto, la perdita dell’intero investimento. A oggi questo genere di “trasmigrazioni” ha già riguardato obbligazioni per una decina di miliardi di euro, ma l’annuncio relativo all’intero ammontare delle obbligazioni Gazprom emesse in euro significa una conversione rilevante in grado di incidere sui bilanci di vari istituti creditizi e assicurativi.

In estrema sintesi, ciò comporta una “russificazione” forzata di una parte dei prodotti obbligazionari in circolazione e, al contempo, indirizza Gazprom verso un sostanziale abbandono delle piazze internazionali, dove le norme sanzionatorie l’hanno resa, in concreto, non più solvibile. Sembra inevitabile, in tal senso, che le compagnie energetiche russe siano destinate a diventare i pivot di un mercato finanziario interno, a oggi pressoché inesistente, dove scambiare azioni e obbligazioni di società in cui oltre il 50% è nelle mani dello Stato; per Putin questa può essere la strada per attrarre le disponibilità degli oligarchi e per “incastrare” i sottoscrittori internazionali a cominciare dai grandi fondi hedge, come Vanguard e BlackRock, già presenti nell’azionariato di Gazprom e, in genere, impegnati nell’acquisto dei suoi bond.

Le conversioni “forzate”, del resto, possono trovare un incentivo non solo nelle già ricordate commissioni ma anche negli utili che la stessa Gazprom continua a macinare -quasi 42 miliardi di euro nei primi sei mesi del 2022- e che, nella prospettiva individuata dalla sua prima linea di comando, dovrebbero rimanere saldamente in Russia. Dunque, la procedura pubblicizzata sul quotidiano economico di Confindustria sembra essere, prima di tutto, una parte di una più complessiva strategia politica.

Alessandro Volpi è docente di Storia contemporanea presso il dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Pisa. Si occupa di temi relativi ai processi di trasformazione culturale ed economica nell’Ottocento e nel Novecento

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