Diritti / Intervista
Il teatro clandestino che sfida il potere in Bielorussia
A Minsk il Belarus Free Theatre è uno spazio di dissidenza artistica. I suoi attori organizzano spettacoli in boschi, garage e posti segreti con il passaparola.
Ora scendono in piazza per sostenere chi protesta contro il presidente Lukašenko
Nel cortile di un palazzo della periferia di Minsk, gli attori del teatro clandestino Belarus Free Theatre (BFT) hanno sistemato quattro sedie e acceso due riflettori. Si sono seduti e hanno rappresentato “Tsar tsar”, spettacolo basato su una storia appartenente al folklore russo che racconta le vicende dello zar Massimiliano, oppressore del popolo fino al momento della rivolta che lo depone. Lo scorso novembre per la prima volta la pièce, solitamente messa in scena nei villaggi e nelle zone rurali del Paese, è stata portata negli spazi aperti della capitale della Bielorussia. Gli artisti hanno iniziato a recitare mentre le strade erano attraversate dalle proteste organizzate per chiedere le dimissioni del presidente Aleksandr Lukašenko, riconfermato alle elezioni dello scorso agosto per la sesta volta con l’80% delle preferenze. I risultati sono stati ritenuti falsati dall’opposizione, da organizzazioni internazionali come Amnesty International e dal Consiglio europeo che ha sanzionato il Paese. Le forze dell’ordine hanno represso le manifestazioni con violenza, hanno arrestato migliaia di persone e sono state accusate di avere picchiato e torturato manifestanti disarmati.
“Sosteniamo chi sta protestando e con il teatro vogliamo spingere lo spettatore a riflettere, a sviluppare un pensiero critico e a contestare le autorità. È il nostro compito” – Natalia Kaliada
Natalia Kaliada, drammaturga e direttrice artistica del Belarus Free Theatre -fondato a Minsk nel 2005 insieme al marito e scrittore Nikolai Khalez con l’obiettivo di creare uno spazio di dissidenza artistica- ha potuto guardare lo spettacolo solo dallo schermo di un computer. In esilio a Londra dal 2011, quando è stata considerata una “nemica dello Stato”, cooordina e osserva a distanza le attività che i suoi 12 artisti portano avanti nel Paese che è stata costretta ad abbandonare. “Facciamo le prove su Skype. Per noi è come se il lockdown durasse da sempre”, racconta Kaliada raggiunta al telefono da Altreconomia. “Il Belarus Free Theatre sta scendendo in strada contro Lukašenko. Gli attori organizzano performance durante le manifestazioni, all’aria aperta e nei giardini. Sono gli stessi cittadini a chiederci di farlo e a vederli vengono anche i bambini”, aggiunge. “Sosteniamo chi sta protestando e attraverso il teatro vogliamo spingere lo spettatore a riflettere, a sviluppare un pensiero critico e a contestare le autorità. È questo il nostro compito ed è certamente pericoloso perché la polizia risponde con la violenza e molti della compagnia sono stati arrestati”, spiega. Come Nadia Brodskaya e Sveta Sugako, fermate mentre stavano manifestando e tenute in carcere per una settimana. Nei primi due giorni nessuno sapeva dove fossero state portate. “Ma gli abusi non ci dissuadono dal continuare a fare teatro”. Anche Kaliada era stata arrestata nel 1999, portata in una caserma e minacciata di essere violentata nel periodo in cui nel Paese iniziarono a scomparire nel nulla intellettuali e personalità di spicco dell’opposizione come Jurij Zacharenko, ex ministro dell’Interno che aveva preso le distanze dal presidente Lukašenko.
Nella recente storia della compagnia teatrale non si è verificato spesso che i suoi spettacoli andassero in scena nei luoghi pubblici di Minsk. Il BFT infatti si muove nella clandestinità perché in Bielorussia è ammesso solo il teatro riconosciuto dallo Stato. È così che il palco tradizionale ha lasciato il posto agli scantinati dei palazzi di periferia, ai garage e alle radure dei boschi. L’organizzazione avviene attraverso il passaparola: si riceve un messaggio sul telefono dove è indicato un punto di incontro e da là si raggiunge il luogo in cui si tiene la rappresentazione. Gli attori sono stati spesso incarcerati ma, nonostante il pericolo di ripercussioni, in 15 anni il pubblico ha continuato ad assistere agli spettacoli dove non c’è mai stata una sedia vuota. È successo anche per uno degli ultimi lavori della compagnia che, mentre veniva cancellato dai cartelloni dei teatri europei e degli Stati Uniti a causa della pandemia, è stato rappresentato in una località segreta di Minsk. Si tratta di “Dogs of Europe”, riadattamento del romanzo di Alhierd Bacharevic pubblicato nel 2017 e considerato uno dei testi più significativi della letteratura bielorussa contemporanea.
Kaliada era stata arrestata nel 1999, portata in una caserma e minacciata di essere violentata nel periodo in cui nel Paese iniziarono a scomparire intellettuali e oppositori
“Il lavoro di stesura del testo è stato molto complesso ma Nikolai è riuscito a condensare l’essenza di un libro di più di 900 pagine in un copione da 40”, spiega Kaliada. “La nostra trasposizione, come il romanzo, parla di un mondo distopico in cui si è imposta una dittatura che controlla tutti gli aspetti della società e che ricorda l’Unione Sovietica. Gli intellettuali hanno smesso di produrre pensiero e hanno deciso non assumere più un ruolo attivo nella società”, prosegue raccontando che oggi a Minsk sono gli stessi manifestanti arrestati a chiedere che lo spettacolo non smetta di essere rappresentato.“Il nostro lavoro è un monito. Vogliamo avvertire l’Europa che deve agire ora per proteggere i diritti umani oppure si ritroverà con la stessa vita che i bielorussi stanno avendo da ventisei anni”, prosegue.
Nelle proteste contro Lukašenko è stato coinvolto anche l’ex ministro della Cultura Pavel Latushko, direttore del Janka Kupala, il più importante teatro statale del Paese. Dopo avere sostenuto pubblicamente le manifestazioni, è stato licenziato e in segno di protesta l’intera compagnia si è dimessa. “La sua presa di posizione è stata molto importante perché in questo momento è fondamentale essere uniti”, commenta Kaliada. “Noi artisti dobbiamo mostrare che esiste uno spazio di libertà e speranza in cui si può iniziare a immaginare altro, qualcosa di diverso, qualcosa da cui ripartire. Un margine in cui definire insieme che cosa viene dopo la dittatura. Ma dal presupposto che un regime si abbatte solo se uniamo le forze”. È per questo che il BFT ha organizzato la campagna #standwithbelarus, che ha ricevuto il sostegno di teatri internazionali come il Barbican e il Royal Opera House di Londra, e Kaliada ha presentato una risoluzione all’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) chiedendo che in Bielorussia venisse dichiarato lo stato di emergenza. Ci è riuscita. “Quando il regime di Lukašenko cadrà mi piacerebbe tornare in Bielorussia e organizzare uno spettacolo teatrale. Farlo direttamente con i miei attori, guardandoli negli occhi e non più da un computer”, afferma Kaliada. “Eppure non so se potrei viverci di nuovo. I miei due figli sono cresciuti a Londra e qui hanno la loro vita. Non me ne andrei mai senza di loro perché so che cosa ha significato per i miei genitori non potermi rivedere e abbracciare”, prosegue. “Mi piace pensare che quando Lukašenko non governerà più il Paese, io possa essere un ponte. Non più tra il Regno Unito e l’ultima dittatura in Europa. Ma tra Londra e la più giovane democrazia europea”
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