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A Varese si parte dalla strada per combattere la povertà educativa
Il progetto “Re-Start”, attivo da ottobre 2020, mira a intercettare cinquemila adolescenti per evitare che abbandonino la scuola offrendo loro la possibilità di frequentare laboratori artistici e sportivi. Psicologi e pedagogisti aiutano le famiglie a intercettare il disagio e accompagnare i figli nel percorso di crescita
“Intercettare” gli adolescenti nelle strade, nei cortili, nei parchi pubblici, sugli autobus e “ovunque ci sia spazio per creare relazioni tra educatori professionali, ragazzi e ragazze, le loro famiglie, gli adulti di riferimento e la comunità”. Per Andrea Maldera, educatore della cooperativa Naturart di Gallarate (VA), il punto di partenza per contrastare la dispersione scolastica e la povertà educativa tra i giovanissimi è proprio la strada. O meglio, l’educativa di strada. “Fino a qualche anno fa questo tipo di attività veniva svolta anche qui a Varese, poi è stata interrotta -spiega-. Da ottobre 2020, grazie al progetto ‘Re-Start’ abbiamo ripreso a incontrare gli adolescenti nei loro luoghi di ritrovo informale: l’obiettivo è quello di raggiungerne oltre cinquemila nel corso dei tre anni del progetto e costruire una relazione forte con almeno un migliaio di loro contattandoli regolarmente per monitorare i loro percorsi”.
L’attività di strada rappresenta solo la prima di una serie di azioni che il progetto “Re-Start” ha messo in campo sul territorio dei Comuni di Varese e di Malnate (VA) grazie al finanziamento dell’impresa sociale “Con i bambini” (che ha stanziato 800mila euro). All’incontro su strada fa seguito il coinvolgimento di ragazze e ragazzi (dagli 11 ai 18 anni) all’interno della cosiddetta “scuola diffusa”: attività e laboratori legati all’arte e allo sport che aiutino a far emergere le competenze trasversali dei giovani per rimettere in moto il loro percorso formativo: “Grazie a queste attività, che vanno dal corso di fumetto a quello di teatro, un ragazzo che va non va particolarmente bene a scuola può scoprire, ad esempio, di avere un grande talento per il disegno. E questo permette di attivare un sistema di protezione molto forte rispetto alla marginalità e alla devianza”, spiega Maldera. A queste attività “Re-Start” affianca tirocini, percorsi di volontariato, servizio civile e inserimenti lavorativi -all’interno di un’azione definita “percorsi di ripartenza”- dedicati specificatamente a quegli adolescenti che hanno avuto qualche intoppo nel percorso scolastico o lavorativo. Compresi quelli che si trovano all’interno del circuito penale minorile.
“Abbiamo iniziato a pensare a questo progetto molto prima dello scoppio della pandemia da Covid-19 -spiega Maldera-. La nostra cooperativa, così come La Miniera di Giove, nostro partner in questa iniziativa, lavora da anni con gli adolescenti e avevamo ben chiari i problemi e le difficoltà di questa fascia d’età. A partire dall’assenza di momenti aggregativi e luoghi dove sviluppare le loro competenze: fatta eccezione per la scuola, gli oratori e le associazioni sportive non c’era nulla. Noi vogliamo innanzitutto dare una risposta a questo bisogno”.
Un quadro già complesso, aggravato dalla pandemia da Covid-19. “Anche in quei mesi abbiamo avuto modo di contattare molti ragazzi e abbiamo intercettato un bisogno forte: frustrazione, difficoltà a comprendere ed elaborare le proprie emozioni”, ricorda Maldera. L’idea -molto diffusa- che gli adolescenti fossero in grado di gestire la didattica a distanza in autonomia, che potessero “arrangiarsi” nella gestione della loro quotidianità mentre i genitori erano al lavoro e che i social media fossero uno strumento sufficiente per colmare la distanza con gli amici ha mostrato ben presto i suoi limiti. Chi si trovava già in una situazione a rischio di scivolare nell’isolamento e nell’auto-reclusione, spesso ci è caduto. Mentre molte famiglie fragili in cui erano già presenti motivi di tensione o difficoltà sono esplose facendo aumentare ulteriormente il livello di sofferenza per gli adolescenti coinvolti. “Ma i campanelli d’allarme erano già presenti, ad esempio fenomeni di devianza: episodi di vandalismo, aggressioni ai danni di coetanei e adulti per rubare smartphone o collanine -sottolinea Maldera-. A quindici anni non sei più un bambino delle scuole medie, ma nemmeno un ‘grande’ che va all’università. Ti si chiede ‘solo’ di andare bene a scuola: il fatto è che lì, in quella fase della vita, succedono un sacco di cose”. Nascono e si sviluppano sentimenti, malesseri, frustrazioni che non sempre gli adulti -genitori e insegnanti in primis- sono in grado di intercettare. E che invece necessitano ascolto e attenzione.
Ed è qui che si va a inserire l’ultima azione (in ordine di tempo) del progetto “Re-Start” rivolta ai genitori e avviata durante il mese di febbraio: sono stati organizzati momenti di incontro e di ascolto, con percorsi individuali o di gruppo all’interno di due spazi dedicati a Varese e Malnate. Il consulente (psicologo o pedagogista) affronta quei temi legati alle difficoltà quotidiane e che possono riguardare il ruolo educativo del genitore con l’obiettivo di individuare strategie per accompagnare l’adolescente nel suo percorso di crescita, tenendo in equilibrio l’autonomia e le regole, il dare e chiedere responsabilità. Con un’attenzione particolare alla figura paterna: “Ci siamo accorti negli anni che il codice paterno è cambiato all’interno delle famiglie facendo a volte sentire la sua assenza a livello di presenza concreta, educativa ed emotiva -spiega Alan Perini di La Miniera di Giove-. Ma tanto i padri, quanto i figli e le mamme hanno bisogno di essere ascoltati e la nostra sfida è quella di offrire contesti e proposte che tengano conto delle caratteristiche e delle fatiche delle genitorialità al maschile”. Per Andrea Maldera “dare un nome” ai problemi e ai sentimenti è il primo passo per spezzare quella spirale perversa che rischia di portare un adolescente fragile all’abbandono scolastico o, peggio, verso episodi di devianza più o meno gravi: “I ragazzi di oggi hanno tutti i motivi per essere un po’ arrabbiati, soprattutto in questo momento particolare -riflette-. C’è chi è stato dotato, dalla famiglia o dalla scuola, degli strumenti necessari per elaborare questa rabbia, darle un nome e trasformarla; mentre altri non sono in grado di farlo e quella rabbia diventa un’energia distruttiva”.
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