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M5, il Comune di Milano nel tunnel

Metro 5 è in ritardo, anche Il Sole 24 Ore di oggi [venerdì 3 maggio] dà conto della consegna definitiva oltre il termine, determinante, di Expo 2015. Tempi stretti, progettazione improvvisata. E gli accordi economici tra ente pubblico e privati sono favorevoli soprattutto a questi ultimi. Ecco l’inchiesta di marzo di Ae e il video-reportage

Tratto da Altreconomia 147 — Marzo 2013

Il Comune di Milano si è infilato in un tunnel. L’ha fatto per un buon motivo -la costruzione della quinta linea metropolitana- ma a pessime condizioni  -per la prima volta in Italia, attraverso lo strumento del project financing-. Per comprenderne i passaggi, è necessario ripercorrere il tracciato della metrò M5, quinta di nome ma quarta di fatto (vedi box), dal colore tenue, il lilla, e dal costo -al marzo 2012- astronomico: 1 miliardo e 500 milioni di euro circa.
Diciannove fermate per 12,6 chilometri, spezzate in tre tronconi. Il primo, che porta dritto da Bignami -alle porte di Cinisello Balsamo (a Nord di Milano)- fino alla fermata milanese di viale Zara, è l’unico ad esser stato inaugurato, con quasi due anni di ritardo, il 10 febbraio 2013. Dopodiché, arriverà il segmento che da Zara porta alla stazione Fs di Porta Garibaldi, attraversando il quartiere Isola. Infine, il lungo prolungamento a Ovest, sino allo stadio San Siro. Dieci fermate, in questo caso, e una sola traballante scadenza: Expo 2015.
La linea in project. Saliamo a bordo di M5 intorno alla fine degli anni 90, al tempo del suo concepimento. È denominata “Monza metropolitana” quando il Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe) la comprende tra le infrastrutture strategiche, nel 2001. Il costo preventivato ammonta a 376,5 milioni di euro. Trascorsi tre anni, nel 2004, il progetto preliminare della tratta approvato dal Comitato cambia fisionomia, fissando gli estremi di linea tra Bignami a Garibaldi. Della “meta” San Siro se ne parlerà più avanti.
I costi ipotizzati iniziano ad aumentare fino a un tetto di 495,2 milioni di euro.
I residenti della zona 9 quella delibera del Cipe la ricordano bene. Tra le prescrizioni, infatti, era esplicitamente indicata la mancanza di un adeguato parcheggio di interscambio. Tanto adeguato da non esser stato realizzato. Sulla tratta iniziale della “lilla”, peraltro, permangono dubbi rispetto all’utilità, perché procede parallela a un tratto ferroviario esistente e sotto una linea del tram (la 31), che verrà non a caso accorciata.
Ma torniamo al giugno 2006, alla svolta. Il Comune di Milano guidato da Letizia Moratti, dopo un bando di gara, firma il contratto e aggiudica alla società Metro 5 spa -che vede al proprio interno Astaldi spa, Ansaldobreda spa, Atm, Alstom Ferroviaria spa, l’allora Torno Internazionale (poi fallita) e Ansaldo Sts- la progettazione, costruzione e gestione della quinta linea metropolitana, nello specifico il tratto -non ancora scisso- tra Bignami e Garibaldi. C’è anche un primo termine di consegna: aprile 2011, a costo di caricare sulle spalle del privato salate penali (a partire da un minimo di 40mila euro per ogni giorno di ritardo). Il meccanismo prescelto è il project financing, binomio anglofono dove -in teoria- il privato si fa carico dell’investimento iniziale garantendosi un periodo congruo per ammortizzarlo, gestendo in questo caso per 31 anni i vagoni sottoterra. Scaduta la concessione, il pubblico si ritrova, a costo zero, un’infrastruttura strategica.
Soluzione ideale, se non fosse che la prima anomalia del “caso M5” si presenti proprio nella distribuzione del rischio: sia per il capitale iniziale versato sia per il riconoscimento del canone annuo spettante al “concessionario” (il cosiddetto “corrispettivo in conto gestione”), in questo caso Metro 5 spa. Per coprire il costo complessivo -stimato in 502,2 milioni di euro- il privato mette sul tavolo soltanto 191,2 milioni, il pubblico la differenza. Asticella abbassata anche alla voce “rischio traffico”, ingrediente che, moltiplicato per una tariffa aggiornata ogni due anni, determina quanto debba riconoscere annualmente il pubblico al privato per la gestione della linea. Nel 2006, Comune e Metro 5 stimano un numero forfettario di passeggeri trasportati: 22 milioni di persone all’anno. Il privato può star sereno: qualora le cifre dovessero rivelarsi sballate, con buona pace di chi avesse mal pianificato, il soggetto pubblico corre (di nuovo) in soccorso. Secondo le formule contrattuali, la soglia “di rischio” è pari al 32% del flusso atteso, con la seguente “quota di traffico garantita dal Comune” pari al 68%. Posto che nessun utente volesse metter piede su un vagone M5, il Comune dovrebbe comunque corrispondere al concessionario un contributo tarato, al minimo, su 15 milioni di passeggeri. A sua volta, Metro 5 spa -il cui pacchetto azionario è integralmente in pegno a dieci soggetti, tra cui Unicredit, Mediobanca, Dexia, Cassa depositi e prestiti e Credit Agricole- ha appaltato la gestione della tratta ad Atm (che a sua volta detiene il 20% il Metro 5 Spa), che ha già in capo il trasporto pubblico del capoluogo. Interpellata, l’azienda, che vede come socio unico il Comune di Milano, ha definito i termini contrattuali “documentazione riservata”.  Identico riserbo mantenuto dal direttore di M5, l’ingegnere di Atm Carlo Bianco, che alla richiesta di dati certi sui passeggeri previsti a bordo della tratta Bignami-Zara ha replicato: “In questo momento non glielo so dire”. Mancavano solo cinque giorni all’inaugurazione.

 

 


La progettazione è un optional.
Accanto al rischio, minimo, un’altra caratteristica peculiare del project financing di M5 è la frequenza, massima, del ricorso a varianti progettuali. Il viaggio sulla “lilla” riprende nel gennaio 2007, quando il Comune di Milano chiede a Metro 5 spa di metter mano alla convenzione originaria.
Il tracciato deve essere modificato in prossimità della stazione M2 di Garibaldi, in vista del prolungamento -inteso allora come “linea 6”- verso lo stadio San Siro. La Regione Lombardia e il ministero dei Trasporti convengono, così come il Cipe, che ne approva il progetto definitivo. La variante, che costa 55,6 milioni di euro, “non consente il rispetto del termine previsto per l’avvio dell’esercizio commerciale”, si legge nell’atto integrativo. I tempi di consegna si spezzano ed allungano. Il primo tratto, da Bignami a Zara, diviene “tratta funzionale”, per cui è prevista la messa in funzione nel marzo 2011. Il secondo, da Zara alla stazione Garibaldi, non oltre il maggio 2012. Gli oneri sono così suddivisi: 14 milioni a carico del Comune di Milano, mentre il resto è di competenza del concessionario. Un “onere” immediatamente assorbito, visto che -dice il contratto- sarà riequilibrato “mediante l’incremento del corrispettivo di gestione”. Torniamo a bordo del treno, perché dieci giorni prima dell’approvazione della variante -che ha portato il costo complessivo della M5 pari a 557,8 milioni di euro-, i lavori sui cantieri sono partiti. Trascorrono due anni ed è di nuovo tempo di varianti. Questa volta attinenti alle carrozze dei treni, ritenute insufficienti, e perciò aumentate da tre a quattro per 20,8 milioni di euro. E poi 8,6 milioni di euro per “bonifiche ambientali”, 1,7 per “illuminazione led”. Una nuova variante dal valore di 48 milioni di euro (più Iva, s’intende) che, si legge nel secondo atto integrativo datato dicembre 2010, “verrà sostenuta interamente del concedente”, ovvero il Comune di Milano. Ennesimo gradino intermedio che, di nuovo, innalza il costo complessivo dell’opera, giunto a questo punto a 631,5 milioni di euro (considerando una serie di altre spese), e spinge oltre soglia i tempi. La consegna della “tratta funzionale” (Bignami-Zara) slitta all’aprile 2012. Quella del segmento Zara e Garibaldi, invece, al 30 luglio 2013. Poi ci si è messo anche il fiume Seveso, la cui doppia esondazione dell’estate 2010 comporterà un nuovo rilancio da parte di Metro 5 spa: le date di consegna slittano rispettivamente a ottobre 2012 e a luglio 2014.

Squadra che vince.
Ma la giustificazione dell’aumento di carrozze costituisce una svolta del viaggio a bordo di M5.
Quella che almeno sino al 2007 è chiamata “linea 6” diventa “prolungamento” della “lilla”. Prossima fermata, stadio San Siro, partendo dalla stazione Garibaldi, passando dal cimitero Monumentale, attraversando il quartiere City Life in costruzione. Il progetto preliminare della protesi di M5 è approvato nel 2008 dal Cipe per un costo ipotizzato di 657 milioni di euro. Un anno più tardi, la vittoria di Milano su Smirne alla corsa di Expo 2015 ha comportato l’inserimento della tratta Garibaldi-San Siro tra le opere “connesse” all’Esposizione. Il Cipe approva il progetto definitivo e, ancora una volta, indica la via del project financing. L’importo dell’opera ammonta a 781,8 milioni di euro, e per gli allora sconosciuti soggetti privati si prevede un contributo al di sotto del 40%. Il resto è a carico dello Stato e del Comune di Milano. Lo spostamento dura poco, perché la fermata successiva del nostro viaggio ferma al luglio del 2010. Il sindaco Letizia Moratti, vestendo i delicatissimi panni di “Commissario straordinario delegato, autorizzato a derogare talune disposizioni normative”, decide di affidare sempre a Metro 5 spa la realizzazione e gestione (fino al 31 dicembre 2040) della nuova tratta. La gara, si legge nel provvedimento del 29 luglio 2010, “non può essere esperita” perché “Metro 5 Spa” è “l’unico idoneo ad eseguire i lavori nei tempi compatibili con l’evento”. Presupposto indiscutibile che accompagna un’altra, centrale, motivazione. Affidare ad un unico soggetto più tratte -in questo caso Bignami-Garibaldi e il prolungamento- secondo Moratti “comporta la possibilità di disporre di un unico Piano economico e finanziario con i conseguenti vantaggi per l’amministrazione”. Il punto è che per ultimare il prolungamento occorrono 62 mesi. Calendario alla mano, sono cinque oltre l’avvio di Expo (1 maggio 2015). La proposta targata Metro 5 Spa è così di abbattere a 57 i mesi per la consegna tempestiva. Una scommessa che vale 80 milioni di euro di sovrapprezzo. Uno sforzo “integralmente sostenuto dall’amministrazione comunale”. Il “rigore” progettuale è mantenuto, visto che lo stesso giorno di inizio dei lavori è approvato il tracciato definitivo. Il costo complessivo del tunnel schizza così a 871,8 milioni di euro (dove il contributo pubblico rappresenta il 55,2%). Un tunnel che è una miniera: piano economico e finanziario alla mano, l’investimento del privato relativo al prolungamento ammonta a 383 milioni di euro, a fronte di un margine operativo netto di circa 530 milioni dopo i 26 anni di gestione (scontato il canone dovuto ad Atm). Significa che è l’investimento frutta il 37%.
La decisione è presa e ratificata con una nuova convenzione -relativa alle 10 fermate sino a San Siro- nel febbraio 2011. Basta leggere il contratto per rendersi conto che, ad oggi, le ragioni  dello “strappo” in funzione di Expo (tempi e vantaggi) rischiano di sgretolarsi. Iniziamo dai tempi: in punta di cronoprogramma, il concessionario avrebbe dovuto ultimare il “solettone di fondo” del cantiere di Pozzo Orafi, in Largo Domodossola a Milano, entro il 31 dicembre 2011. Altreconomia ha contattato direttamente chi ha operato su quel cantiere in subappalto, rilevando un ritardo che, come minimo, si attesta sui tre mesi. Tenendo presente che la consegna garantita da “Metro 5 Spa”, imprevisti compresi, cade al 30 aprile 2015, un giorno prima di Expo. Ma non è tutto.
Chi prometteva “conseguenti vantaggi” dalla sottoscrizione di una sola convenzione unitaria per i due tratti gestiti da Metro 5 spa, smentiva se stesso  già nella stesura del contratto, nell’interesse -ancora una volta- di uno solo: il privato. “Sino alla data di efficacia della Convenzione Unica”, si legge dal documento del febbraio 2011, “nessun inadempimento […] posto in essere dal concessionario […] potrà fargli sorgere in capo responsabilità o consentire al concedente di applicare penalità, sanzioni, contestazioni […] in merito alla Convenzione integrativa ovvero alla Convenzione”. A metà febbraio 2013, le trattative tra Comune di Milano e Metro 5 spa sono intense quanto riservate. È pubblico invece il bando emesso dal Comune di Milano, nei primi giorni del dicembre 2012, per il “servizio di advisory finanziaria e legale relativa alle metropolitane M4 e M5”, con l’obiettivo -tra quelli indicati nel capitolato d’appalto- di “verifica e affinamento dei documenti contrattuali che disciplinano le relazioni tra Comune di Milano e società concessionaria”.
Preoccupazione legittima, suffragata dalle dichiarazioni rese ad Ae dall’assessore alla Mobilità e trasporti del Comune di Milano, Pierfrancesco Maran. “Metrò 5 è la dimostrazione che la finanza di progetto, così come è stata pensata tra la fine degli anni 90 e l’inizio del nuovo millennio, non funziona oggi e quindi per le prossime opere si dovranno individuare delle modalità che permettano una maggiore certezza di tempi e di costi, che oggi non c’è”. —

E la linea 4?
Dall’aeroporto di Linate alla zona del Lorenteggio, tagliando la città di Milano verso Ovest. 21 stazioni per un tracciato lungo poco più di 15 chilometri. Ad oggi, il suo costo è stimato in 1,7 miliardi di euro. Ha mosso i primi passi nel 2006, quando il Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe) ne approvò il progetto preliminare per le prime 13 fermate -dalla stazione San Cristoforo sino al Policlinico- stimato in 788,7 milioni di euro. È la quarta linea metropolitana milanese, la M4, la cui realizzazione procede ancor più lentamente della M5. Il secondo tronco, dal Policlinico all’aeroporto di Linate, per 910 milioni di euro, è considerato anch’esso strategico in chiave Expo 2015. Ad occuparsene, in partenariato pubblico e privato, dovrebbe essere la “SPV Linea M4 Spa”, dove il privato detiene il 30,17% delle azioni -e versa il capitale corrispondente- e il pubblico (Comune e ministero dei Trasporti) il resto. Nonostante i “tempi ristrettissimi” promessi dall’allora Commissario straordinario delegato, Letizia Moratti, però, i cantieri avviati nell’estate 2012 riguardano solo tre fermate: da Linate alla (ancora inesistente) stazione Forlanini Fs. Le uniche di cui l’associazione temporanea d’imprese formata da Atm, Impregilo, Ansaldo STS, Ansaldo Breda, Astaldi e Sirti impegnata nella realizzazione promette la consegna entro l’inizio dell’Esposizione.Il progetto definitivo ha un budget che supera del 20% quello iniziale. Un’altra scommessa per il Comune di Milano, che ha puntato 400 milioni di euro sull’infrastruttura.

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