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Opinioni

La trappola globale che chiamiamo crisi

La scoperta dell’Europa. È quella che gli europei non riescono ancora a realizzare e che oggi servirebbe per dare davvero un impulso all’esodo da questa situazione di sofferenza globale. Intanto, bisognerebbe smettere di chiamarla “crisi”, perché questa parola fa pensare a un momento transitorio che presto finirà.

Tratto da Altreconomia 142 — Ottobre 2012

In realtà si tratta di una trappola globale. Infatti i processi di trasformazione del potere economico in puro potere finanziario e di subordinazione delle istituzioni democratiche impongono all’umanità intera il destino di essere sacrificata in misura crescente alle esigenze dei giochi speculativi della finanza. In una distretta simile, scoprire l’Europa è una svolta indispensabile per contribuire a un nuovo ordine democratico del mondo.
In primo luogo dovremmo renderci conto del fatto che essa non è ciò che di volta in volta si è creduto. Non è il continente che ha già attuato la democrazia, né quello che ha dato traduzione storica fedele al cristianesimo: l’una e l’altro sono stati misconosciuti e traditi. D’altra parte l’Europa non riesce a essere una confederazione di popoli e di Stati che hanno pari dignità. Piuttosto, rischia di non essere altro che un aggregato più o meno casuale di nazioni dove le poche più forti, in particolare la Germania, esercitano la loro egemonia sulle altre. Sembra che l’Europa sia incapace di vedersi e di riconoscersi.
Da tempo l’Unione Europea, che doveva realizzare un ordine di pace e un esperimento di sviluppo sistematico della democrazia, agisce come esecutore e custode politico dei voleri del mercato e degli egoismi delle oligarchie nazionali. Nel contesto di ridefinizione mondiale degli assetti del potere economico e politico non si è quasi mai interrotto quel processo complessivo di marginalizzazione dell’Europa già affermatosi nel corso del Novecento prima con le due guerre mondiali e poi con il condominio globale tra Usa e Urss. 
L’idea che l’Unione europea possa essere una comunità di Stati confederati e di culture sorelle, una comunità impegnata a elevare la democrazia in ogni ambito della vita associata viene semplicemente ignorata.
Guardare così all’Europa sarebbe come scoprirla, ascoltando per la prima volta la sua vocazione di contribuire originalmente alla comunità delle nazioni unite del mondo.
Elevare la democrazia significa toglierla dalla polvere dell’irrilevanza e dell’inconsistenza, visto che oggi questa parola è svuotata del suo significato. E significa assumere la democrazia stessa come processo da sviluppare in ogni ambito della vita della società. Ciò richiede la scelta di seguire insieme, attraverso un vero dialogo tra le culture, la logica della giustizia intesa come metodo per una prassi politica impegnata ad allestire condizioni di vita adeguate alla dignità di tutti.
Nella fase attuale della storia la democrazia economica è divenuta la questione rispetto a cui si gioca l’alternativa tra una profonda svolta di umanizzazione e l’incubo di una condizione infernale che intrappola natura e società.
Gli Stati europei devono trovare una nuova unità non per diventare più competitivi sul mercato globale, ma per collaborare con le altre istituzioni democratiche sovranazionali degli altri continenti e con l’Onu per ricondurre l’economia al servizio dell’umanità. Occorre agire in modo così creativo da introdurre radicali elementi di democrazia e nuove regole internazionali che possano generare un ordine economico capace di lasciarsi il capitalismo alle spalle.  
Il fondo della storia europea fu toccato con le persecuzioni totalitarie del XX secolo. Un tempo donne, uomini, vecchi e bambini venivano caricati su vagoni in marcia verso l’orrore dei lager, in cammino verso il nulla, come dice Primo Levi. Oggi molte più persone di allora vengono caricate sui vagoni che portano alla disperazione economica, allo sradicamento e alla desolazione esistenziale, alle patologie dovute allo stravolgimento del mondo naturale, alla distruzione causata dalle molte guerre in atto. Dobbiamo agire insieme agli altri popoli in modo da elevare la democrazia ovunque. Solo così sarà possibile abbattere quelle oligarchie che ancora costringono i popoli a salire sui vagoni piombati della fame, della precarietà, della competizione, della flessibilità, della schiavitù.
Vagoni che ancora oggi corrono verso il nulla sui binari della disperazione. —
 

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