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Finanza

Il credito non è tutto uguale

La riforma del Testo unico bancario, in discussione in Parlamento, mette sullo stesso piano i mediatori che promuovono carte revolving e cessione del quinto e le mutue di autogestione. Quest’ultime sarebbero in difficoltà Il mondo della piccola finanza cooperativa sta…

Tratto da Altreconomia 117 — Giugno 2010

La riforma del Testo unico bancario, in discussione in Parlamento, mette sullo stesso piano i mediatori che promuovono carte revolving e cessione del quinto e le mutue di autogestione. Quest’ultime sarebbero in difficoltà

Il mondo della piccola finanza cooperativa sta per essere investito dalle modifiche del Testo unico bancario, il decreto legislativo che dal ‘93 disciplina l’attività di tutto ciò che riguarda l’attività bancaria, e quindi anche la finanza etica. Tanto per ricordarne l’importanza: fu con quel testo che per la prima volta venne introdotto in Italia il principio per cui le banche non erano più istituzioni pubbliche, ma imprese con i relativi diritti e doveri. E fu quel testo che in buona sostanza diede il via al moto di riscatto che segnò l’epoca delle cooperative mutue (le cosiddette Mutue auto gestione, Mag) e aprì alla nascita di Banca popolare Etica.
Nel frattempo il mercato del credito è cambiato e il famoso articolo 106 del Testo unico bancario -quello che governa il mondo del credito al consumo- non è più in grado, ad esempio, di gestire la proliferazione dei soggetti che hanno trasformato l’acquisto di un credito in un percorso pericoloso (vedi Ae 113). Sotto la stretta della riforma del Testo di legge, questi soggetti smetteranno finalmente di esistere, saranno radiati dagli albi o sottoposti ad analisi di compatibilità molto più selettive e di questo il cittadino non può che gioire.
Ma la nuova disciplina rischia di mettere in difficoltà anche le cooperative che nel piccolo lavorano sull’accesso al credito. Le nuove norme relative alla capitalizzazione e al fatturato prevedono infatti minimi altissimi, rispettivamente 1,5 e 100 milioni di euro, troppo per le dimensioni delle Mag. Non solo: con il nuovo testo verrà introdotto in Italia la definizione di “microcredito” e la costituzione di specifici intermediari finanziari iscritti in un nuovo elenco che deroga da quanto normalmente previsto. Con questo ci sarà il limite d’erogazione (25mila euro) a persone fisiche o giuridiche (e non alle società di capitali, cooperative comprese) per l’avvio di attività di lavoro autonomo o di microimpresa.
“Il credito al consumo andava riformato -dice Giampiero Arpaia, presidente della Cassa “Maurizio Capuano” tra i dipendenti del trasporto pubblico locale di Napoli-, ma il cambio di criterio per la capitalizzazione ci penalizzerà oltre misura: quasi nessuna delle piccole cooperative ha 100 milioni di euro di fatturato. Saremo costretti ad accorpare business differenti che nascono in contesti non assimilabili e con sensibilità molto diverse. Senza considerare che poche mutue hanno il milione e mezzo che probabilmente verrà chiesto loro a capitale nel 2011”.
Per sapere cosa ne pensano i risparmiatori italiani il ministero dell’Economia ha lanciato addirittura un processo virtuale di consultazione pubblica su diverse materie attinenti il credito e l’attività bancaria (http://bit.ly/aLH803) che sarà scaduto quando leggerete questo articolo, ma che verrà ripreso il 17 giugno in un incontro che Ritmi, la Rete italiana di microfinanza (www.microfinanza-italia.org), organizzerà a Roma alla presenza del presidente della Rete europea Klaas Molenaar. “Crediamo -dice Gianpietro Pizzo, vicepresidente della rete Italiana di Microfinanza- che lo snodo sia tutto in questo passaggio. Se la consultazione sarà sostanzialmente aperta al contributo di chi da anni opera nel mercato della piccola e piccolissima finanza, allora questa potrebbe essere un’opportunità del tutto straordinaria per introdurre nel sistema legislativo i nostri temi. Noi abbiamo chiesto, ad esempio, che il legislatore introduca nel testo il concetto di mediazione microfinanziaria oltre a quello di microcredito, che questi soggetti possano continuare ad operare sulle società di capitale (escluse dalla bozza) che siano cooperative”.
“Dev’esser prevista una deroga alla capitalizzazione minima prevista -dice Loredana Aldegheri, presidente di Mag Verona- per quelle società che si rifanno al mondo della finanza etica e solidale, quella che ha natura mutualistica ed è strettamente collegata all’economia solidale”.
Stando così le cose c’è la concreta possibilità che l’impostazione proposta contribuisca ad inibire anziché aiutare lo sviluppo del microcredito in Italia e lo riconosce pure l’Associazione bancaria italiana nel suo documento ufficiale. Certo è già positivo che il processo non sia più nelle avide mani del “Comitato italiano permanente sul microcredito”, ma se non verrà specializzato il valore sociale dei servizi di accompagnamento c’è il rischio che la finanza etica venga paragonata alle società di stimolo al consumismo e non un concreto sostegno alla rieducazione finanziaria dei cittadini italiani.

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