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Economia

Addio Bresaola – Ae 93

Manzi della Valtellina? No, zebù brasiliani. Uno dei prodotti italiani più tipici, per giunta marchiato Igp (Indicazione geografica protetta), è quasi del tutto importato Ho mangiato bresaola per anni, senza chiedermi che carne ci fosse nel mio piatto. Era zebù,…

Tratto da Altreconomia 93 — Aprile 2008

Manzi della Valtellina? No, zebù brasiliani. Uno dei prodotti italiani più tipici, per giunta marchiato Igp (Indicazione geografica protetta), è quasi del tutto importato


Ho mangiato bresaola per anni, senza chiedermi che carne ci fosse nel mio piatto. Era zebù, un bovino dell’America del Sud. C’è voluto un provvedimento dell’Unione europea, che da febbraio ha deciso di bloccare l’import dal Brasile della carne di zebù per ragioni sanitarie, perché, come tutti, mi accorgessi del paradosso. Uno dei prodotti tipici italiani, marchiato Igp (la certificazione europea di indicazione geografica protetta), è ottenuto quasi interamente da carne importata: 32mila tonnellate di fese di zebù all’anno, 40mila animali a settimana che arrivano dal Brasile (il 95%) e dall’Argentina dopo un viaggio di un mese e mezzo via nave. Dai porti, i container raggiungono 16 stabilimenti industriali della Provincia di Sondrio, quelli associati al “Consorzio per la tutela del nome bresaola della Valtellina”, dove vengono lavorati.

La legislazione sull’etichettatura dei salumi non impone, come per le carni fresche, l’indicazione geografica sull’origine della carne. Il giro d’affari della bresaola Igp, 12.500 tonnellate su 17mila prodotte ogni anno, è di 230 milioni di euro. La scelta di materia prima brasiliana -la bresaola è fatta con lo zebù da decenni- è stata dettata da diversi motivi. Prima di tutto, raccontano dall’ufficio del Consorzio, per fare bresaola sono necessari bovini da carne e non da latte. In Valtellina, invece, i bovini sono pochissimi e il sistema di allevamento è rivolto alla produzione di formaggi (i bovini da carne sono pochi in tutta Italia). Il problema maggiore, però, è il nostro sistema di allevamento improntato sulla stalle, dove l’animale non fa movimento ed è alimentato anche con farine animali. Questo incide sulle caratteristiche della carne, molto grassa e meno solida, compatta ed elastica rispetto a quella (qualitativamente superiore) dell’animale brasiliano, che vive liberamente al pascolo. Inoltre, negli allevamenti italiani vacche e manzi sono “carne da macello”: vengono uccisi giovanissimi mentre per produrre bresaola Igp l’animale deve essere adulto. È proprio l’allevamento allo stato brado di milioni di zebù, però, ad aver messo fuori gioco la carne brasiliana: solo 106 allevamenti su migliaia sono stati accreditati dall’Ue, ma i quantitativi prodotti non sono significativi.

Il Consorzio sta attingendo alle scorte ma c’è il rischio che in estate la bresaola scompaia dagli scaffali di supermercati e salumerie. A quel punto l’industria della bresaola, che ha una storia centenaria, dovrà ridimensionarsi.

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