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Altre Economie / Reportage

Rinascita o rinuncia. Per la lotta degli operai ex Gkn è arrivato il momento decisivo

© Collettivo di fabbrica Gkn

Una fabbrica senza un progetto industriale ostacola un progetto industriale cui manca una fabbrica. È il paradosso patito dai lavoratori della ex Gkn di Campi Bisenzio (FI), lasciati a casa tre anni fa e da dieci mesi senza stipendio, ma sostenuti da un azionariato popolare senza precedenti. Se entro il 15 novembre non ci saranno novità valuteranno il ritiro del progetto di rilancio. La Regione Toscana deve battere un colpo

Tre anni e tre mesi dopo il licenziamento improvviso di oltre 400 operai, alla ex Gkn di Campi Bisenzio (FI) siamo al paradosso, come lo definisce Dario Salvetti, membro della Rsu, da dieci mesi senza stipendio come tutti gli altri operai (circa 140) rimasti a libro (non) paga dell’azienda: “Qui c’è una fabbrica senza un progetto industriale, e noi abbiamo un progetto industriale senza la fabbrica”.

In mezzo c’è Gff, la cooperativa operaia che non riesce a superare lo stato nascente e prendere davvero forma, nonostante l’enorme spinta che arriva dal basso, con 1,3 milioni di euro (300mila solo dalla Germania) in azioni già “prenotate” da oltre mille soggetti, fra singoli individui e associazioni, ma non ancora acquisite, perché il denaro sarà accettato solo una volta che sia garantito l’avvio del progetto.

Garanzia che ancora non c’è, tanto che il Collettivo di fabbrica ex Gkn, al termine della tre giorni convocata a metà ottobre, ha proposto e fatto approvare dall’assemblea dei potenziali soci finanziatori un’altra proroga, fino al 15 novembre.

Chi si aspettava -e sperava- che l’assemblea avrebbe dato il via all’attuazione del progetto, è rimasto deluso. Manca ancora un tassello, ha spiegato il Collettivo, ossia la disponibilità dello stabilimento, ancora in mano alla proprietà -Francesco Borgomeo, subentrato al fondo Melrose- che da tempo ha rinunciato, se mai ci avesse davvero pensato, alla ripresa di qualsivoglia attività.

La scadenza del 15 novembre è in realtà un ultimatum alla Regione Toscana: la richiesta è di cominciare a sedersi insieme, entro quella data, a un tavolo tecnico che lavori alla concreta attuazione del piano industriale elaborato dal Collettivo con i suoi tecnici ed esperti solidali. Alla Regione si chiede, in sostanza, di essere partner della reindustrializzazione e di garantire la disponibilità dello stabilimento, non solo approvando la legge sui Consorzi industriali in discussione nel Consiglio regionale, ma anche valutando seriamente tutte le opportunità esistenti per entrare in possesso dell’area ex Gkn, dall’affitto al commissariamento.

Domenica 13 ottobre, durante l’assemblea degli azionisti popolari, tenuta all’aperto, sotto una tensostruttura allestita in un piazzale davanti alla fabbrica, il Piano industriale è stato nuovamente presentato nei suoi dettagli, con tutti gli aggiornamenti del caso.

Le linee industriali previste sono tre: produzione e installazione di pannelli solari (in parte pannelli standard, ma soprattutto “custom”, cioè orientati a esigenze particolari, con sette diverse tipologie, da quelli color rosso coppo adatte ai centri storici cittadini ai modelli per l’agrisolare che lasciano filtrare la luce, consentendo quindi le coltivazioni); recupero e riciclo di pannelli arrivati a fine vita; cargo-bike, sia elettriche sia “muscolari”.

Grazie a un investimento complessivo di 11,5 milioni di euro, Gff impiegherebbe 106 persone, con retribuzioni equivalenti a quelle percepite in epoca Gkn: “Il nostro business plan –ha detto Leonard Mazzone, portavoce del Gruppo tecnico solidale che ha messo a punto il Piano- è partito proprio da qui, dal costo del lavoro, e credo che sia la prima volta che questo avviene. Abbiamo messo al centro il benessere dei lavoratori e le conquiste già ottenute in passato”.

Il Piano, ha aggiunto Mazzone, è già in itinere: sono stati individuati e “prenotati” i macchinari necessari; sono stati stretti accordi con partner tecnici e consulenti; il “gruppo cargo-bike” sta producendo i primi prototipi. Il fabbisogno finanziario, da chiedere alle banche, è stimato in circa 5,2 milioni di euro (quel che resta sottraendo agli 11,5 milioni totali le quote dei soci lavoratori, pari a 400mila euro, quelle degli azionisti popolari che ammontano a 1,3 milioni, le quote di investitori per ora anonimi, 2 milioni, e i 2,5 milioni che Banca Etica ha detto d’essere pronta a mettere a disposizione). Sono stati poi già definiti pre accordi con comunità energetiche e altri acquirenti di pannelli solari per un totale produttivo pari al 62% di quanto previsto per il primo anno di attività.

Insomma, tutto è pronto, manca solo qualcuno che alzi la bandiera del via libera: secondo il cronoprogramma di Gff nel 2025 si potrebbero installare i macchinari e accettare i primi ordini, per entrare in produzione nel febbraio 2026. 

Dario Salvetti, per spiegare la necessità dell’ultimatum del 15 novembre, definito comunque “rischioso”, ha usato la metafora della frutta matura: dev’essere colta al momento giusto, altrimenti comincia a marcire. E questa non è la fine che il Collettivo di fabbrica intende fare.

Il Collettivo, piuttosto, prefigura la decisione di rinunciare addirittura al progetto e di avviare una nuova fase, a quel punto di sistematica denuncia delle responsabilità -pubbliche- per la mancata attuazione di un progetto industriale  pronto. Nella delibera dell’assemblea si dice, per la precisione, che in assenza di “novità sostanziali”, cioè senza l’impegno concreto della Regione Toscana, il progetto industriale “sarà messo a verifica e ne sarà valutato l’abbandono”, compito che spetterà a una nuova assemblea dei (potenziali) soci finanziatori, già convocata per il 17 novembre. 

A quel punto, in assenza di “novità sostanziali”, ci sarebbe un’ultima ipotesi da valutare: attuare altrove il progetto industriale, in tutto o in parte, in attesa di novità o in via definitiva. È uno scenario, questo, mai escluso dagli operai ex Gkn ma sempre tenuto in disparte, perché comporterebbe una parziale sconfitta, con l’abbandono dello stabilimento alla sua sorte (probabilmente la vendita a un operatore della logistica).

Una sconfitta parziale, si potrebbe dire, in cambio di un successo importante: l’avvio di un progetto industriale cooperativo unico nel suo genere, per la sua storia (più di tre anni di assemblea permanente) e per la vastità e qualità della partecipazione che ha saputo suscitare: nella popolazione locale, fra gli attivisti di tutta Italia e non solo, nei tecnici e negli esperti solidali (in buona parte giovani ricercatori universitari).

E tuttavia anche il “piano B” non è esente da difficoltà. Trovare nella piana fiorentina un capannone da affittare con le caratteristiche necessarie (quattromila metri quadrati per la produzione di pannelli; 2.200 coperti e duemila scoperti per il recupero) non è facile né economico e ci sarebbe quindi da affrontare un percorso di ricerca dai tempi e dagli esiti incerti. 

Fra i soci, comunque, nonostante l’assemblea interlocutoria e i rischi evidenti, domenica pomeriggio circolava un certo ottimismo, forse di memoria gramsciana (l’ottimismo della volontà) e forse influenzato dallo slancio dei giovani attivisti dei Fridays for future, co-organizzatori della giornata di sabato, dedicata alla necessità di convocare gli Stati generali della giustizia climatica e sociale.

E poi c’è stata Greta Thunberg, che ha trascorso il pomeriggio di sabato silente, seduta in terza fila ad ascoltare gli interventi dal palco, incurante dei giornalisti, dei fotografi e dei cineoperatori accorsi proprio per lei, salvo intervenire domenica pomeriggio, non annunciata e in assenza di cronisti, per ringraziare il Collettivo e ribadire che giustizia climatica e giustizia sociale sono la stessa cosa, nella comune lotta contro “un sistema fascista e capitalista che mette il valore delle persone e del Pianeta sotto il valore del profitto”. “Il movimento per la giustizia climatica -ha concluso Greta-, è dalla vostra parte e lotta con voi. Continuate”.

I presenti, a quel punto, devono aver pensato a un passaggio della nota canzone degli operai Gkn, là dove dice “fino a che ce ne sarà”. Ma tenendo anche a mente lo spiazzante quanto acuto e sincero intervento di Danio Dainelli, uno degli operai più attivi nella lotta: “Per noi è come essere tornati bambini, perché senza lavoro abbiamo bisogno di qualcuno in famiglia che ci mantenga, e perché, non volendo strisciare tra disoccupazione e sfruttamento, è come se ora cominciassimo a camminare, imparando come fanno i bambini cose del tutto nuove: creare una cooperativa, realizzare un piano industriale, prepararsi a un mestiere nuovo”.
La storia dunque continua: appuntamento al 17 novembre. 

Lorenzo Guadagnucci è giornalista del “Quotidiano Nazionale”. Per Altreconomia ha scritto, tra gli altri, i libri “Noi della Diaz” e “Parole sporche”.

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