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Quello strano “segreto” che avvolge la nuova Arena “olimpica” di Santa Giulia a Milano
Il Coni non vuole rendere pubblico il parere tecnico-sportivo che ha rilasciato per il progetto del gigantesco palazzetto da oltre 300 milioni di euro che ospiterà alcune gare delle Olimpiadi 2026. La sua divulgazione, è la tesi, minerebbe i “segreti industriali” dello sviluppatore, il colosso tedesco Cts Eventim (TicketOne). In realtà l’interesse è pubblico, dato che in gioco ci sono risorse della collettività. Ecco perché
C’è un “segreto” che avvolge le Olimpiadi 2026 di Milano-Cortina, e in particolare la nuova Arena che sta sorgendo nel quartiere Santa Giulia di Milano, una delle opere più costose dei prossimi Giochi invernali, sede di gara dell’hockey su ghiaccio e della cerimonia di apertura delle Paralimpiadi.
Il Comitato olimpico nazionale italiano (Coni) presieduto da Giovanni Malagò non intende infatti rendere pubblico il parere tecnico-sportivo che ha rilasciato nel marzo 2023 e poi trasmesso al Comune di Milano in merito al progetto di costruzione del gigantesco palazzetto privato dal costo iniziale preventivato in circa 180 milioni di euro, e già schizzato ad oltre 300.
Il motivo del diniego che il Coni ha opposto a fine settembre all’istanza di accesso civico presentata da Altreconomia è che la divulgazione dei contenuti di quello che dovrebbe essere un innocuo parere tecnico “provocherebbe pregiudizi di carattere economico e commerciale” per la società che ha in mano l’Arena. Cioè la Evd Milan Srl, veicolo societario da 10mila euro di capitale sociale fondato nel 2021 e controllato dal colosso tedesco del ticketing, dell’intrattenimento e soprattutto dei concerti dal vivo, Cts Eventim, che in Italia opera con il marchio TicketOne.
Riportati dentro quel parere ci sarebbero secondo il Coni “riferimenti a dati ed elementi progettuali che consistono in soluzioni strutturali e tipologiche protette da segreto industriale, commerciale ed economico”, e addirittura il “patrimonio aziendale” della Evd Milan Srl. Che infatti si è messa di traverso nella procedura, impedendoci così l’accesso.
La cosa però lascia abbastanza perplessi. Stiamo parlando dell’intervento più importante e costoso a Milano per le Olimpiadi, un palazzo privato che il Comune di Milano ha valutato d’interesse pubblico proprio per la dichiarata funzionalità ai Giochi, all’hockey su ghiaccio e in generale allo sport, scontando così all’operatore, a spese della collettività, oneri di urbanizzazione e monetizzazioni.
Un’opera “risultata essenziale ai fini dell’assegnazione delle Olimpiadi 2026” -per usare le parole del Consiglio comunale di Milano del maggio di tre anni fa, anche se allora non era e ancora oggi non è conclusa- a favore della quale il pubblico (Regione Lombardia) si è fatto carico anche della connessione stradale tra la tangenziale Est (A51) e la statale 415, proprio a servizio dell’Arena, dal costo di oltre 12 milioni di euro.
Un’opera che segnerebbe per i promotori l’eredità (la cosiddetta legacy) di Milano-Cortina 2026, lasciando in dote al capoluogo lombardo un’Arena sportiva di livello internazionale, seppur paradossalmente progettata senza una pista di ghiaccio permanente e tanto meno di una fissa per gli allenamenti degli atleti.
Ma soprattutto un’opera che rispetto al preventivo iniziale potrebbe costare oltre 300 milioni di euro, con il concreto rischio che debba essere il pubblico a farsi carico degli extra-costi con la classica motivazione-ricatto del “non possiamo rischiare che non si faccia in tempo“.
È la tesi del sindaco di Milano, Giuseppe Sala, che in più momenti ha chiesto pubblicamente al governo l’inserimento dell’opera nel Piano nazionale degli interventi olimpici, con il conseguente riconoscimento di un contributo pubblico, “al fine di consentire la tempestiva realizzazione dell’Arena”. A inizio agosto di quest’anno Palazzo Marino ha pure incaricato come consulente esterna l’esperta avvocata Velia Maria Leone per “approfondire la compatibilità dell’iniziativa con la normativa europea in materia di aiuti di Stato” (39mila euro più Iva di compenso per 17 giornate lavorative).
Nonostante la delicatezza e centralità dell’affaire Arena, Evd prima e il Coni poi non vogliono che si conosca il contenuto di un parere tecnico-sportivo sul famigerato progetto di costruzione.
Strano. Di norma, infatti, pareri “strutturali” del genere non contengono certo “segreti industriali, commerciali ed economici”, quanto semmai il giudizio di omologazione o meno per praticare alcune discipline sportive, come in questo caso ci si aspetterebbe ovviamente per l’hockey sul ghiaccio, non fosse altro perché vi si dovrebbero disputare le gare delle Olimpiadi.
Le informazioni contenute nel parere non solo non hanno nulla di riservato ma sono di pubblico interesse perché è stata proprio l’idoneità dell’Arena a ospitare l’evento olimpico (che il Coni dovrebbe appunto certificare) a giustificare lo “sconto” concesso a Evd dal Comune di Milano al momento del rilascio del titolo edilizio.
Di qui il nostro interesse a visionare questo documento chiave, esercitando quel controllo democratico dell’attività amministrativa e dell’utilizzo delle risorse pubbliche che la normativa in materia di accesso civico dovrebbe consentire. Ma un “segreto” sembra battere la trasparenza sul tempo.
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