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Torna “Reclaim the tech”, il festival dal basso per la giustizia digitale e di genere

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A Bologna al Centro sociale Tpo dal 17 al 19 maggio si parlerà di capitalismo di controllo, lotte femministe e transfemministe, discriminazioni algoritmiche, ciclo di vita del tech, climattivismo, scuola, intelligenza artificiale nelle guerre e tanto altro ancora. Non un festival tradizionale ma una comunità in movimento, spiega Lilia Giugni, attivista della rete e ricercatrice alla University college di Londra

Torna a Bologna (al Centro sociale Tpo, 17-19 maggio) Reclaim the tech (Rtt): un festival, ma anche un laboratorio di critica e di proposta attorno alle tecnologie digitali e alle molte forme di sfruttamento, dominio e ingiustizia che ne accompagnano lo sviluppo. Per tre giorni si parlerà di capitalismo di controllo, di lotte femministe e transfemministe, di discriminazioni algoritmiche, di ciclo di vita del tech, di climattivismo, di scuola, dell’intelligenza artificiale nelle guerre e altri argomenti ancora. Ci saranno anche laboratori pratici sull’uso creativo e alternativo dell’intelligenza artificiale, sull’autocostruzione di droni da usare nelle lotte ecologiste, sulle nuove forme di mediattivismo. Reclaim The Tech, alla seconda edizione, è un festival autogestito, autofinanziato, costruito grazie a una fitta rete di relazioni. Lilia Giugni, ricercatrice alla University college London, attivista femminista e autrice del libro “La rete non ci salverà. Perché la rivoluzione digitale è sessista (e come resistere)” (Longanesi 2022), è tra le animatrici.

Lilia, il motto di Rtt è: “Dentro, contro, oltre”. Cioè?
LG
Queste tre parole riflettono il nostro percorso. Vogliono indicare che secondo noi, in questo momento storico, caratterizzato dal capitalismo digitale e dalle sue dinamiche patriarcali e coloniali, è strategicamente opportuno, da un lato, schierarsi in maniera molto chiara contro le ingiustizie e le violenze che sono figlie di questo sistema, ma al tempo stesso è importante anche agire da dentro, in un momento in cui i “capitalisti digitali”, chiamiamoli così, e gli attori politici loro alleati, sono da tempo in una posizione di forza. Insomma è importante denunciare ciò che non ci piace, ma è anche necessario lavorare per provare a cambiare qualcosa dall’interno, per esempio tramite azioni di advocacy per ottenere leggi un migliori; che magari nel lungo periodo non sovvertiranno le dinamiche problematiche, ma che ci possono servire, nell’immediato, a strappare, con le unghie e con i denti, qualche diritto in più. Al tempo stesso pensiamo che sia indispensabile anche guardare oltre, nel senso di immaginare alternative, modi diversi di organizzare la società, l’economia e quindi, naturalmente, anche la tecnologia. Per questo pensiamo che serva a poco agire contro e da dentro, se intanto non abbiamo anche il coraggio di alzare l’asticella, con un’immaginazione radicale, azionando quello che io chiamo, nel mio lavoro di ricerca, il muscolo dell’utopia. Dobbiamo sforzarci di immaginare un futuro diverso verso cui tutto il nostro lavoro deve tendere.

Chi organizza Rtt? Che cos’è questo movimento?
LG Rtt non è un “classico” festival, con un comitato editoriale, degli sponsor, un direttore o una direttrice. È un evento organizzato completamente dal basso, autofinanziato, autosostenuto in cui c’è un gruppo di persone -attivisti e attiviste di varie organizzazioni- con un ruolo di coordinamento organizzativo, con il compito di raccogliere proposte e idee e di metterle insieme in un programma. Rtt, oltre che un festival, è una comunità, un movimento nascente di persone e organizzazioni piuttosto eterogenee: abbiamo collettivi politici e collettivi studenteschi, ma anche associazioni femministe e queer, Ong, network di insegnanti, imprese sociali che si occupano di ecologia e ambiente. Tutti singoli e gruppi che per motivi diversi si sono trovati a lavorare insieme sui grandi temi della giustizia digitale e delle connessioni con la giustizia sociale, di genere, ecologica, eccetera.

Possiamo parlare di un nuovo movimento?
LG Diciamo che in Italia, circa vent’anni fa, al tempo del movimento chiamato No global e di Indymedia, c’era una fortissima sensibilità politica e intellettuale sul ruolo della tecnologia; all’epoca si parlava di mediattivismo. C’è stato poi uno iato storico, anche generazionale. Il fermento intellettuale e politico è scemato negli anni, per vari motivi, compresi gli effetti della brutale repressione a Genova nel 2001: molte persone, all’epoca, abbandonarono o ridussero l’attivismo. Oggi c’è un ritorno di attenzione su questi temi ma nel frattempo sono mutate le tecnologie, è cambiato il capitalismo digitale; alcune delle intuizioni, anche profetiche, dei mediattivisti di allora hanno trovato riscontro, in modi anche più radicali del previsto, ma ci sono anche senari del tutto nuovi. La cosa interessante è che negli ultimi due anni a Rtt si sono avvicinate sia persone che erano state parte del fermento di venti e più anni fa, sia persone che al tempo di Genova e dintorni o non erano nate o erano troppo giovani per partecipare. Quindi Rtt è un canale che sta unendo i mediattivisti di allora e persone più giovani, anche provenienti da ambienti esterni ai movimenti sociali, che magari lavorano nel mondo delle tecnologie digitali o sono coinvolte in quello dell’educazione o sono attive, per fare un altro esempio, nei centri antiviolenza e si imbattono nella violenza digitale di genere. Insomma, sì, credo che siamo di fronte a una cosa nuova, diversa da quelle del passato; sta crescendo qualcosa che negli ultimi vent’anni è mancato.

Veniamo ai temi di Rtt. Quali sono le questioni chiave?
LG Per noi le tecnologie digitali sono uno spazio di conflitto ma anche di elaborazione di idee, per cui abbiamo sempre voluto mettere in luce quanto sia importante unire i punti, connettere le lotte, costruire alleanze e tenere ferma l’attenzione su quanto succede intorno a noi. Perciò, per dire, ci è venuto naturale organizzare un panel su Gaza. Lo stesso si può dire su un tema che mi è particolarmente caro, le tecnologie e il genere: se quest’anno approfondiamo il legame tra digitale e diritti riproduttivi, è perché il diritto all’aborto è messo in discussione in molti Paesi. Un’altra novità è il grande numero di proposte che abbiamo ricevuto attorno al climattivismo, con molte idee e iniziative su un uso attivo e creativo delle tecnologie disponibili. Quest’anno, in confronto al 2023, abbiamo ricevuto un numero molto maggiore di proposte da gruppi e associazioni, rispetto alle proposte individuali. A noi pare un segno che stiamo procedendo nella direzione giusta.

© Reclaim the tech

A luglio Bologna ospiterà il G7 su scienza e tecnologia, che cosa dobbiamo aspettarci?
LG Ne discuteremo nell’assemblea di domenica mattina (il 19 maggio, ndr). Certamente qualcosa faremo. Questo appuntamento è passato quasi inosservato, o è stato presentato come una cosa da specialisti, come se affrontasse questioni che non riguardano le persone e le comunità, mentre sappiamo bene che così non è. In questa fase storica, su questi temi, chi ha potere decisionale è nella condizione di agire senza essere sottoposto a scrutinio pubblico, per una serie di ragioni. Si è visto bene, per esempio, con le decisioni prese dal governo italiano sull’implementazione dell’IA Act europeo e di altre direttive dell’Unione europea. Una delle cose importanti da fare, per Rtt, è cercare di penetrare questo circolo chiuso e portare una visione critica sulle tecnologie fuori dai circuiti specialistici. Vogliamo politicizzare questi temi, facilitare una discussione aperta su argomenti che riguardano il presente e il futuro di tutte e tutti. A Bologna a luglio diremo la nostra.

Tra gli altri eventi (il programma del festival si può vedere sul loro sito), sabato 18 maggio è prevista alle 19 la presentazione del libro di Stefano Borroni Barale “L’intelligenza inesistente” pubblicato da Altreconomia.

Lorenzo Guadagnucci è giornalista del “Quotidiano Nazionale”. Per Altreconomia ha scritto, tra gli altri, i libri “Noi della Diaz” e “Parole sporche”

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