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Sulla complice apatia dell’Occidente che accompagna i massacri a Gaza

©Patrick Perkins- Unsplash

I governi non muovono un dito e fanno la guerra agli studenti che si ribellano. È il degrado delle democrazie. La rubrica di Lorenzo Guadagnucci

Tratto da Altreconomia 271 — Giugno 2024

Non sappiamo ancora se nella Striscia di Gaza sia “tecnicamente” in corso un genocidio: i giuristi ne stanno discutendo e forse fra qualche anno un giudice dirà parole definitive, dopo l’ipotesi introdotta dal Tribunale dell’Aja; sappiamo però che la popolazione palestinese è sottoposta da mesi a un’azione militare violentissima, con gli eccidi che si moltiplicano, i crimini di guerra che si sommano uno all’altro, i morti che si contano a decine di migliaia. Tutto questo avviene con la passiva complicità, se non il sostegno attivo, dei governi occidentali, e nel silenzio, o quasi, delle opinioni pubbliche.

La tragedia di Gaza è in via di normalizzazione: non scandalizza; non spinge i governi a fare pressioni politiche, economiche, diplomatiche su Israele; non commuove né indigna i commentatori più accreditati. Anche le notizie più tremende -gli spari su persone in coda per il cibo, gli operatori umanitari inseguiti e abbattuti con i droni, gli ospedali trasformati in campi di battaglia e tante, troppe altre- si succedono senza lasciare traccia.

Perciò dovremmo ringraziare le migliaia di studenti statunitensi per avere infiammato i campus con gli accampamenti di solidarietà al popolo palestinese e con la denuncia dei legami dei propri atenei con l’industria delle armi, israeliana e no. Ancora una volta, è nelle università che fermentano i migliori anticorpi. È lì che il dissenso si trasforma in azione, nella disobbedienza civile, nel rifiuto d’essere complici o anche solo spettatori di un genocidio, o comunque vogliamo chiamare i massacri in corso a Gaza.

Dovremmo ringraziarli, quegli studenti, ma intanto i poteri stabiliti hanno scelto la via della repressione e anche quella della diffamazione. Abbiamo visto le forze speciali di polizia in azione nei campus, spesso chiamate dai prèsidi; studenti e professori maltrattati, arrestati, a volte brutalmente picchiati; abbiamo ascoltato e letto forbiti commentatori accusare i contestatori d’essere violenti e antisemiti, a dispetto dei fatti e della composita natura del movimento, che include persone ebree, a volte anche israeliane. Quest’onda d’urto contro gli studenti deve spaventare, perché avremmo bisogno dell’atteggiamento opposto: l’ascolto, il dialogo, l’azione comune. Solo così, aprendo la porta alle voci più critiche, potremo superare la fase di complice apatia che affligge le democrazie occidentali, sia nei vertici politici, sia nell’opinione pubblica.

Oltre 140 sono i reporter e gli operatori dell’informazione uccisi nella Striscia di Gaza dall’avvio dell’attacco dell’esercito israeliano a metà maggio 2024 (Fonte: Nazioni Unite)

Brutti segnali si intravedono anche in Europa. L’epiteto “pro Pal” ha preso a etichettare -e stigmatizzare- persone e gruppi che intendono rompere il silenzio che accompagna i massacri nella Striscia di Gaza. Le manifestazioni in favore del popolo palestinese sono guardate con sospetto e non di rado proibite: in Germania si è arrivati a vietare l’ingresso nel Paese all’ex ministro greco Yanis Varoufakis. Anche in Italia la voce degli studenti resta inascoltata: il “palazzo” non apprezza il dissenso e in piazza sono tornati a “parlare”, cioè a far tacere, i manganelli.

Naomi Klein, in un recente intervento, ha scritto che “i potenti”, in tutti gli schieramenti, “abbandonano le loro differenze per unirsi nell’appoggio a questi crimini contro l’umanità”. Aggiungendo una constatazione preziosa: “Possiamo fare affidamento solo sui nostri movimenti e sul potere che costruiamo insieme”. I campus statunitensi, le università europee, le manifestazioni contro il genocidio: è lì che la dignità dei nostri popoli è stata preservata; il fatto che siano sotto attacco è un inquietante segnale di degrado delle democrazie.

Lorenzo Guadagnucci è giornalista del “Quotidiano Nazionale”. Per Altreconomia ha scritto, tra gli altri, i libri “Noi della Diaz” e “Parole sporche”

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