Diritti / Opinioni
Sul trattenimento dei richiedenti asilo l’Italia è fuori dall’Europa
Il diritto europeo stabilisce che la libertà personale di chi presenta domanda di protezione può essere limitata solo in casi specifici. La rubrica di Gianfranco Schiavone
Il decreto legge numero 20 del 10 marzo 2023 (il cosiddetto “decreto Cutro”) convertito con modifiche nella legge 50/23 ha enormemente ampliato le ipotesi di applicazione della cosiddetta “procedura accelerata” per l’esame della domanda di asilo presentata da uno straniero alla frontiera o nelle zone di transito. L’iter viene attuato “al solo scopo di accertare il diritto a entrare nel territorio dello Stato” (d.lgs 142/15 art.6bis). Inoltre, qualora il richiedente non abbia consegnato il passaporto o altro documento equipollente in corso di validità o se non presti idonea garanzia finanziaria può esserne disposto il trattenimento presso gli hotspot e, in caso di arrivi consistenti e ravvicinati, anche presso i centri per il rimpatrio (Cpr).
Rimando alla scheda “Profili di illegittimità del trattenimento del richiedente asilo nell’ambito di una procedura di frontiera” pubblicata sul sito dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) per un approfondimento tecnico e dedico il breve spazio di questa rubrica a una riflessione su alcune questioni di fondo.
La nuova norma, in particolare la fattispecie del trattenimento di un richiedente asilo proveniente da un Paese considerato sicuro (decreto legislativo 25/2008, art. 28bis) appare in contrasto con il diritto europeo perché ne consente il trattenimento in modo generalizzato e sostanzialmente automatico. Diversamente, il diritto dell’Unione prevede che “gli Stati membri non trattengono una persona per il solo fatto di essere un richiedente (asilo, ndr) ai sensi della Direttiva 2013/32/UE”.
La limitazione della libertà personale in pendenza dell’esame di una domanda di protezione internazionale può infatti avvenire soltanto in circostanze eccezionali, escludendo ogni automatismo. È quindi necessaria una valutazione caso per caso, che si basi sui principi di necessità e proporzionalità. Se ricorrono le condizioni che lo legittimano, il trattenimento può essere attuato “salvo se non siano applicabili efficacemente misure alternative meno coercitive” (art. 8 par. 2 Direttiva 2013/32/UE).
I migranti sbarcati in Italia tra il primo gennaio e il 18 ottobre 2023, secondo i dati forniti dal ministero dell’Interno, sono stati 140.590
La consegna del passaporto e la garanzia finanziaria previste dalla normativa italiana non sembrano alternative al trattenimento reali e concretamente praticabili, quanto piuttosto un “requisito amministrativo imposto al richiedente prima di riconoscere i diritti conferiti dalla Direttiva 2013/33/UE, per il solo fatto che chiede protezione internazionale” secondo il Tribunale di Catania nel decreto di rigetto RG n. 10798/2023 con il quale non è stato convalidato il trattenimento di alcuni richiedenti asilo tunisini.
In attesa di sviluppi giurisprudenziali che non tarderanno ad arrivare, al lettore non sfuggirà fin d’ora l’enorme importanza della questione in discussione, che va ben oltre il tecnicismo della materia. Si sta discutendo dei limiti alla possibilità di disporre una limitazione della libertà personale nell’ambito di un procedimento amministrativo riguardante il riconoscimento del diritto d’asilo. La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo prevede la possibilità di detenzione nei riguardi di “una persona per impedirle di entrare illegalmente nel territorio”, ma ciò non può certo applicarsi a chi esercita il suo diritto soggettivo a fuggire, cercare protezione ed entrare nel territorio dello Stato per chiedervi asilo. Diversamente sarebbe l’esercizio in sé di tale diritto fondamentale a essere sanzionato, operando così un totale rovesciamento delle finalità dell’ordinamento giuridico che è posto a tutela dei diritti e delle libertà fondamentali del cittadino come dello straniero. Anche alla luce del principio presidiato dall’articolo 13 della Costituzione in materia di libertà personale, il trattenimento amministrativo di un richiedente asilo non può dunque che configurarsi quale extrema ratio.
Gianfranco Schiavone è studioso di migrazioni. Già componente del direttivo dell’Asgi, è presidente del Consorzio italiano di solidarietà-Ufficio rifugiati onlus di Trieste
© riproduzione riservata