Altre Economie
Sociali e solidali nella città eterna
Sessanta indirizzi per scoprire la capitale lontana dai “palazzi del potere”
Roma non è una città, è un luogo dell’anima. Pochi hanno presente, però, che quella della capitale è anche tra le prime province agricole d’Europa, che la “città eterna” è cresciuta intorno al foro, a metà tra il mercato e l’aula di tribunale, e che le prime requisitorie legali, ma anche le prime epigrafi scolpite nel travertino, i nostri progenitori le hanno lasciate per contendersi bestie, pani, giare di vino. L’altra economia, insomma, i romani ce l’hanno nel sangue, perché hanno dentro generazioni di bottegari, di barcaroli, di artigiani, di pesciaroli e di vignaroli, che tra patrizi e popolo, tra Papi re, stucchi e baracche, hanno sempre dovuto trovare un modo “pe’ campà”, “pe’ svortà” la giornata, visto che la politica, sempre tanto vicina, è sempre stata nei fatti tanto lontana dai bisogni di tutti quelli che dei “palazzi” potevano solo patire (o godere) l’ombra. Quando metti un patrimonio ancestrale come questo al servizio di un mondo diverso, può succedere di tutto. Le associazioni che fanno cooperazione internazionale e i gruppi d’appoggio alle comunità dei teologi della liberazione fanno fiorire le botteghe del mondo a partire dai primi anni Ottanta, e poi, dopo le occupazioni delle terre del latifondo, nascono anche cooperative agricole dove lavorano insieme contadini, obiettori di coscienza, utopisti del “ritorno alla terra” e persone disabili. “Agricoltura nuova”, scheggia di campagna a cinque minuti dall’Eur, nasce da questa esperienza e l’idea della fattoria sociale se l’è praticamente inventata, trovando una via per formare i ragazzi diversamente abili con il linguaggio universale della terra. Poi i centri sociali, come Forte Prenestino e La Torre, cominciano a connettere in spazi “Terra terra” (vedi Ae 96) e bio-osterie (vedi Ae 94)
i contadini, i prodotti, le periferie urbane e tutte le persone alle prese con la terza settimana. Sul versante equosolidale arriva Rees, il coordinamento che, tra i pochi in Italia, prova a coordinare botteghe piccole e grandissime per dare loro uguale spazio e opportunità.
È una lunga strada, quella del consumo critico nella capitale, che nel 2007, dopo anni di cammino insieme tra realtà tanto diverse, porta alla fondazione della prima 43_Città dell’altra economia dello stivale: 3.500 metri quadrati dell’ex Foro boario ridestinati a esposizione, vendita, eventi e incontri per la promozione dell’agricoltura biologica, del commercio equo, delle energie rinnovabili, del riuso e riciclo, del turismo responsabile e della finanza etica. Oggi questa “città nella città” ha festeggiato il primo compleanno ed è sempre meno un “supermercato buono” e sempre più un laboratorio, un luogo d’incontro, un pezzo dell’identità di Roma. Una città che impara dall’“Occhio del riciclone” o da “Zingari 79” a trasformare rifiuti e stracci in abiti e pezzi d’arredamento di pure design, che studia con “Binario etico” come far risorgere al software libero vecchi pc, che costruisce con “Energetica” i propri pannelli solari, e tra un aperitivo e una cena bio nutre la mente e l’anima con i Laboratori della decrescita o il teatro della compagnia “Naufragar m’è dolce”. A seguire questo filo rosso, tra un sampietrino (il pavé delle strade del centro) e una buca (caratteristica di tutte le strade di periferia), si può comprare, leggere, fare musica, arte, spettacolo: rigorosamente “de noantri”, sociali e solidali.
(La mappa completa è nell’allegato in pdf)