Altre Economie / Opinioni
Le sette relazioni spezzate
La vita è un immenso tessuto nel quale tutti i viventi costituiscono un filo unico, prezioso, inestimabile. Il capitalismo, invece, è la conseguenza estrema del “sistema di separazione”
Le sette separazioni. Sono le fratture che costruiscono il sistema di isolamento delle persone dalla vita comune. A causa dell’interiorizzazione di questo sistema di separazione molti restano dispersi, adattandosi a una società organizzata come se fosse un mercato globale. Il sistema di separazione è una mappa cognitiva e affettiva con cui guardiamo noi stessi, la vita e gli altri. La mappa è costituita da una rete di controrelazioni, cioè di relazioni rovesciate e spezzate.
La prima relazione spezzata è quella con noi stessi. Quando diciamo “io”, come se fosse un’entità nota e monolitica, perdiamo il senso del rapporto e della cura verso noi stessi. Vogliamo affermare un “io” che sembra totale e invece è frammentario e inconsapevole dell’interezza della nostra persona. La seconda relazione spezzata è quella con colui o colei che chiamiamo “l’altro”, termine senza volto, nome, storia, valore. L’altro è soltanto “un altro”, qualcuno che viene dopo di me e non ha il valore di un fratello o di una sorella.
La terza relazione, per chi ha una fede e per chi la rifiuta, resta quella con ciò che chiamiamo “Dio”, identificato come “trascendenza”, ossia come un’entità che sta sempre altrove rispetto a dove siamo noi. Troppo in alto per essere reale. La quarta relazione spezzata è quella con la natura, sistematicamente chiamata “ambiente”. Come se essa fosse solo una cornice, mentre noi ci poniamo al centro. Non vediamo che siamo parte di lei e lei parte di noi, per questo si continua a distruggerla.
La quinta relazione spezzata è quella con i morti, con le persone care scomparse. In effetti, con la scomparsa di una persona non viene distrutta la relazione con quella persona, che dovremmo coltivare attraverso il dialogo oltre che con il ricordo. Invece crediamo che tutto sia finito, per cui all’abbandono forzato vissuto per la morte della persona cara rispondiamo con un nuovo abbandono, consistente nel crederla ormai che la relazione con lei sia pari a nulla. La sesta relazione spezzata è quella tra la solita vita e la vita felice. Quasi sempre gli adulti non credono nella felicità, o al massimo la retrodatano all’età dell’oro che collocano nell’infanzia. Così la vita felice viene immaginata come fortuna, privilegio, immunità ai problemi, benessere materiale senza fine, senza vedere che la felicità è anzitutto un modo d’essere, quello di chi risponde con il bene alle situazioni della vita.
La settima relazione spezzata è quella tra la mia vita, ritenuta la prima proprietà privata, e la vita universale. Questa separazione ricapitola tutte le precedenti e rappresenta la difficoltà di fondo che si frappone a quella nuova nascita che una persona -o anche una comunità- sperimenta allorché si scopre pienamente partecipe delle relazioni vitali e vive di conseguenza. La vita è come un immenso tessuto nel quale tutti i viventi costituiscono ciascuno un filo unico, prezioso, inestimabile. Privatizzare la propria esistenza di fatto significa strappare il tessuto, lacerare se stessi e continuare a produrre nuove lacerazioni. Invece aderire alla vita come comunità dei viventi, estesa sia in senso spaziale che temporale (dunque comprendendo sia le generazioni passate che quelle future) significa poterla accogliere, condividere e trasfigurare con amore purificato dall’egoismo.
Finché un singolo, un gruppo sociale, un’istituzione si muovono seguendo la logica precostituita dal sistema di separazione, si trovano di fatto ad alimentare il potere, e in particolare il potere del denaro, che diventa il surrogato della forza benefica delle relazioni. Il capitalismo e la società finanziarizzata sono la conseguenza globale estrema dell’adozione di massa del sistema di separazione. Nel cammino di liberazione delle persone da questa mentalità, una rivista come “Altreconomia” è una preziosa compagna di strada. Perché racconta le esperienze e le ragioni che chiedono di imparare a sentire diversamente la vita e di pensare altrimenti l’economia, la politica, la società.
Roberto Mancini insegna Filosofia teoretica all’Università di Macerata. Nel 2016 ha pubblicato “La rivolta delle risorse umane. Appunti di viaggio verso un’altra società” (Pazzini editore)
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