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Diritti / Attualità

Processo al soccorso in mare: i Relatori speciali Onu chiedono di archiviare il caso Iuventa

La prima udienza preliminare del processo contro i quattro membri dell'equipaggio della Iuventa © Janna Heiß

Tre Special rapporteur delle Nazioni Unite, tra cui quella sulla situazione dei difensori dei diritti umani, hanno inviato un documento al governo italiano in cui stigmatizzano “la sistematica restrizione nei confronti dei difensori e alla violazione dei diritti umani”. Il caso della nave tedesca: gli imputati rischiano a Trapani fino a vent’anni

“Ho scritto al governo italiano in merito al nuovo decreto in materia di ricerca e soccorso in mare e al processo che interessa l’equipaggio della nave Iuventa. L’attività in mare dei difensori dei diritti umani continua a essere ostacolata. E il caso (giudiziario, ndr) contro coloro che sono sotto processo dovrebbe essere archiviato”. Con questo tweet del 3 maggio scorso Mary Lawlor, Relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei difensori dei diritti umani, ha diffuso il testo di un documento inviato lo scorso 7 febbraio all’esecutivo guidato da Giorgia Meloni.

Come da prassi, il testo è rimasto confidenziale per 60 giorni prima di essere divulgato e contiene dure critiche al governo italiano sia per quanto riguarda la vicenda processuale della Iuventa, sia in merito alla recente normativa sul soccorso in mare. “Lo Stato deve tenere fede ai suoi impegni in materia di diritti umani e porre fine alla sistematica restrizione nei confronti dei difensori e alla violazione dei diritti umani”, ha spiegato Lawlor, che ha firmato l’articolato documento insieme a Clement Nyaletsossi Voule, Relatore speciale per il diritto alla libertà di assemblea pacifica e di associazione, e a Felipe González Morales, Relatore speciale per i diritti umani dei migranti.

Il documento ripercorre la vicenda giudiziaria dei quattro membri dell’equipaggio della Iuventa che nel marzo 2021, al termine di un’inchiesta durata cinque anni, sono stati accusati dalla procura di Trapani di “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina irregolare in Italia”.

Il processo nei loro confronti si è aperto a Trapani il 21 maggio 2022 e in caso di condanna gli imputati rischiano fino a vent’anni di reclusione e il pagamento di una multa da 15mila euro aggiuntivi per ciascun salvataggio. In questi mesi, scrivono i Relatori speciali, si sono svolte molteplici udienze preliminari “con rinvii ripetutamente disposti dal Tribunale in risposta al mancato rispetto da parte dell’accusa delle garanzie processuali volte a salvaguardare il diritto degli imputati a un processo equo, tra cui il diritto a essere adeguatamente informati sul procedimento e a ricevere un’adeguata notifica delle accuse a loro carico”.

Nel documento si stigmatizza l’incapacità delle autorità di fornire un adeguato servizio di interpretariato agli imputati stranieri “durante gli interrogatori delle polizia e i procedimenti giudiziari”. Il fascicolo, inoltre, non è stato tradotto nella sua interezza all’inizio del procedimento ma il presidente del Tribunale, ricordano i Relatori speciali, ha successivamente ordinato la traduzione del suo riassunto: “Secondo quanto riferito, tali problemi sono comuni nei casi che coinvolgono imputati stranieri, in particolare migranti, in Italia”.

Gli Special rapporteur delle Nazioni Unite stigmatizzano anche la richiesta presentata il 19 dicembre 2022 al Tribunale dalla presidenza del Consiglio dei ministri e dal ministero dell’Interno di costituirsi parte civile nell’ambito del processo affermando che il Viminale avrebbe subito gravi danni economici e morali a causa dei presunti reati commessi dagli imputati. Secondo gli esperti dell’Onu, la richiesta dell’esecutivo italiano “sembra indicare la volontà da parte dello Stato di continuare a confondere l’attività essenziale dei difensori dei diritti umani con quella criminale, in particolare con il traffico di esseri umani”. Durante l’udienza del 25 febbraio di quest’anno, la richiesta è stata parzialmente accolta e solo il ministero dell’Interno è stato ammesso come parte civile.

Come già espresso nell’ottobre del 2020, i Relatori speciali delle Nazioni Unite hanno ribadito che “l’apertura e il procedimento del processo contro l’equipaggio della Iuventa equivale alla criminalizzazione della loro legittima attività di difesa dei diritti umani, ovvero il salvataggio delle vite umane in mare”. A questo proposito hanno anche espresso preoccupazione per il “ripetuto ricorso all’articolo 12 del decreto legislativo 286/1998 (il Testo unico sull’immigrazione, ndr) per colpire i difensori dei diritti umani” impegnati nel soccorso ai migranti, sottolineando la loro perplessità sulla compatibilità di questa norma con gli standard internazionali.

“Il fatto che tre diversi Relatori speciali Onu chiedano inequivocabilmente l’archiviazione del caso è un potente atto d’accusa: l’Italia sta usando la legge per criminalizzare le persone in movimento e coloro che sono solidali con loro -ha dichiarato Allison West, consulente legale dell’European center for constitutional e human rights (Ecchr) in un comunicato diffuso da Iuventa crew-. Questo evidenzia inoltre che il soccorso civile in mare non è un crimine, ma una forma vitale di difesa dei diritti umani”.

La nave Iuventa durante un’operazione di soccorso in mare © Friedhold Ulonska

La nave umanitaria Iuventa, supportata dalla Ong tedesca Jugend Rettet, aveva iniziato la propria attività di ricerca e soccorso in mare nel Mediterraneo nel luglio 2016 e nel corso delle sue attività ha contribuito a salvare più di 14mila persone in difficoltà in fuga dalla Libia. Già nel settembre dello stesso anno, però, l’imbarcazione è finita al centro di indagini coordinate dall’antimafia siciliana che avevano preso il via a seguito di diverse denunce presentate da addetti alla sicurezza imbarcati a bordo di altre navi Ong. Uno di questi ha successivamente ritrattato le proprie accuse.

Il 2 agosto 2017 la procura di Trapani ha ordinato il “sequestro preventivo” della Iuventa in quello che è diventato il primo episodio di una campagna di alcune autorità italiane -supportata dall’Agenzia europea Frontex- mirata a criminalizzare le attività di ricerca e soccorso in mare.

Come ricordato in precedenza, nel marzo 2021 la procura di Trapani ha comunicato la chiusura dell’inchiesta e 21 persone (tra cui i quattro membri della Iuventa) sono state formalmente accusate. Dalle carte depositate dai pubblici ministeri è emerso anche che decine di giornalisti italiani e stranieri sono stati intercettati (e in alcuni casi le loro utenze telefoniche sono state messe sotto controllo) mentre parlavano con le proprie fonti, tra cui personale delle Ong coinvolte nell’inchiesta o con alcune delle persone sotto indagine.

Durante l’udienza del primo marzo 2023, gli imputati hanno voluto commemorare le vittime della strage di Cutro del 26 febbraio, chiedendo ai giudici di chiudere tutti i procedimenti e la restituzione della Iuventa nel più breve tempo possibile: “La risposta al naufragio di Crotone è il potenziamento dei mezzi di soccorso, non la loro confisca. La risposta è rappresentata da rotte d’ingresso sicure e legali, non dalla Fortezza Europa. La risposta sono i traghetti, non Frontex”.

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