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Diritti / Inchiesta

Soccorsi in mare classificati come operazioni di polizia: i dati 2019-2023 certificano la prassi

Tra il 2019 e i primi due mesi del 2023 sono sbarcate in Italia 232.660 persone. In quasi sei casi su dieci, però, i naufraghi sono stati etichettati dal ministero dell’Interno come soggetti intercettati nel corso di operazioni di Law enforcement. È avvenuto anche per Cutro. Sul naufragio di fine febbraio il Viminale nega ogni trasparenza

© Candida Lobes - MSF

Tra il 2019 e i primi due mesi del 2023 sono sbarcate in Italia via mare 232.660 persone nell’ambito di oltre 6.300 “eventi”. In quasi sei casi su dieci, però, i naufraghi -un tempo ritenute persone salvate nell’ambito di operazioni di ricerca e soccorso (Sar)- si sono visti apporre dal ministero dell’Interno l’etichetta di soggetti intercettati nel corso di operazioni di polizia (Law enforcement). Stiamo parlando di 137.294 persone.
Lo mostrano i dati forniti in primavera ad Altreconomia dalla Direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere presso il Viminale a seguito di un accesso civico generalizzato concomitante al terribile naufragio nei pressi di Steccato di Cutro del 26 febbraio 2023. L’ennesima operazione classificata e trattata come un fatto di polizia delle frontiere e non invece di soccorso. E dove sono morte oltre 90 persone.

Il “peso” delle operazioni di polizia è ancora più rilevante se ci si sofferma sugli “eventi” e non solo sul numero degli sbarcati. Nel periodo considerato (2019-2023) su 6.356 fatti di sbarco, includendo nella voce anche i cosiddetti “rintracci a terra”, cioè l’intercettazione di persone giunte autonomamente via mare sul territorio nazionale, oltre il 75% è stato bollato come Law enforcement.

Prima del 2019, come abbiamo già avuto di scrivere in passato, questo non accadeva. E i dati lo confermano. Prendiamo il 2016, ovvero l’anno “record” degli sbarchi fino a oggi, con 181.346 persone soccorse. Quelle salvate durante operazioni di ricerca e soccorso sono state 178.415, oltre il 98%. La differenza di 2.931 persone è imputabile con tutta probabilità agli allora sparuti casi di soggetti giunti in autonomia (detti “sbarchi fantasma”). Stessa dinamica nel 2017: 114.286 soccorsi a fronte di 119.310 sbarcati complessivamente (quasi il 96%).

Nel 2018 gli arrivi via mare crollano a 23.370 -è l’anno della “maturazione” della guerra ai soccorsi, dei respingimenti per procura e della dichiarazione formale dell’area Sar libica-. La Guardia costiera italiana ha scritto nei suoi report -che poi ha tentato goffamente di rimuovere dalla rete e che invece Altreconomia ha conservato e ripubblicato– che i salvati in operazioni Sar quell’anno furono 19.778, più del 76%. Oggi il Viminale dà numeri diversi rispetto a quel periodo. A fronte degli stessi sbarcati, il ministero dell’Interno sostiene infatti che i soccorsi sarebbero stati 17.371 -oltre 2mila in meno a quanto risulta alla Guardia costiera- a fronte di 5.999 intercettati nel corso di operazioni di polizia. In realtà si tratta dei cosiddetti “sbarchi fantasma”, non essendo ancora operativa quella direttiva di governo che ha dato il la nel 2019 alla nuova “prassi” di polizia.

Ed è proprio dal 2019 -anno della seconda punta più bassa degli arrivi in Italia negli ultimi 15 anni dopo il 2010 (4.406)- che la dinamica di classificazione muta radicalmente. E infatti la Guardia costiera interrompe la pubblicazione mensile dei propri bollettini, passando a un’inedita formula trimestrale, poi abbandonata e sostituita dal nulla assoluto. Sugli 11.471 sbarcati, i casi Sar non superano le 3.300 unità, meno del 30%. Quelli di polizia, invece, schizzano a oltre 8mila, più del 70%. Il picco è nel 2020: 34.154 arrivi di cui 29.628 classificati come Law enforcement, cioè l’86,7%. La strumentale classificazione di polizia prevale anche nel 2021 (46.115 sbarcati su 67.477 in totale).

L’estratto della risposta del ministero dell’Interno all’istanza di accesso civico generalizzato di Altreconomia, aprile 2023

Lo scorso anno le proporzioni cambiano. Su 105.131 sbarcati nel 2022 i soccorsi in operazioni Sar sarebbero stati 57.261, inclusi quelli salvati dalle navi delle organizzazioni umanitarie, contro i 47.870 intercettati, sulla carta, per ragioni di Law enforcement. Ed è così anche nei primi due mesi del 2023: 14.427 sbarcati di cui 8.938 in operazioni Sar e 5.489 in fatti ritenuti di polizia.

Domina anche in questo caso una certa confusione. La Guardia costiera italiana ci ha fatto sapere che nel 2022 il “numero di persone soccorse sotto il diretto coordinamento del Centro di coordinamento dei soccorsi di Roma” sono state 39.092 (qui sotto la tabella trasmessa). Sono escluse pressoché tutte quelle salvate dalle missioni delle navi Ong -poiché “svolte al di fuori del coordinamento dello scrivente”, come dice orwellianamente il Comando generale del corpo delle capitanerie di porto-, gli sbarchi autonomi e, naturalmente, le operazioni di polizia.

L’attività di ricerca e soccorso coordinata dal Centro di coordinamento dei soccorsi di Roma nel 2022. Fonte: Guardia costiera, 2023

Il capo della Direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere, Claudio Galzerano, già direttore dell’European counter terrorism centre di Europol, oltre a rifiutare la nostra proposta di intervista sui fatti di Cutro, ha firmato anche il diniego a quella parte di accesso civico volta a far luce sulle modalità di classificazione degli eventi, anche rispetto alla strage del 26 febbraio 2023.

Le motivazioni indicate sono però curiose. Contrariamente a quanto opposto all’accesso civico presentato a metà marzo dai deputati Debora Serracchiani, Nicola Fratoianni, Riccardo Magi, Matteo Richetti e Francesco Silvestri, da parte della presidenza del Consiglio, e relativo al “segreto investigativo fino alla conclusione delle indagini preliminari” da parte della Procura di Crotone, il Viminale nel nostro caso ha sostenuto che la “indiscriminata divulgazione” delle informazioni relative ai fatti di Cutro potrebbe “arrecare un pregiudizio concreto agli interessi prioritari afferenti la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, nonché delle relazioni internazionali”. E ha richiamato poi il decreto ministeriale del 16 marzo 2022 che ha incluso tra gli atti sottratti all’accesso anche quei documenti relativi alla “gestione delle frontiere e dell’immigrazione”, oltreché gli atti e i documenti “concernenti l’organizzazione e il funzionamento dei servizi di polizia”. Perché in questa storia la trasparenza non si è salvata.


Di questi temi si discuterà a Roma lunedì 17 aprile nell’ambito del seminario organizzato da Asgi e Spazi circolari “Decreto Piantedosi e le strategie governative di controllo e contrasto alla migrazione via mare e alle organizzazioni della società civile” che si svolgerà dalle 9.30 alle 13.30, presso La Città dell’Altra Economia. “Il seminario propone una riflessione a partire dalle recenti riforme normative in materia di soccorso in mare alla luce delle prassi delle autorità statali nei confronti delle Ong e -più in generale- della gestione della migrazione via mare, che spesso si traduce nell’ostacolo all’intervento della società civile o nell’omissione di soccorso a discapito della tutela del diritto alla vita delle persone migranti. Il seminario -concludono gli organizzatori- avrà una struttura il più possibile aperta e volta a stimolare la discussione e il confronto sulle strategie di contenzioso e approfondire l’analisi della giurisprudenza sul tema”.

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