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Prezzi e distacchi: l’Antitrust avvia un’istruttoria sul teleriscaldamento di Iren e A2A

© Pawel Czerwinski - Unsplash

Le multiutility potrebbero aver abusato della propria posizione dominante nel settore, imponendo agli utenti allacciati condizioni e prezzi eccessivamente gravosi e rendendo difficile potersene staccare. È la contestazione mossa dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato. I casi di Como, Parma e Piacenza

Le multiutility A2A e Iren potrebbero aver abusato della propria posizione dominante nel settore del teleriscaldamento (Tlr), imponendo agli utenti allacciati condizioni e prezzi eccessivamente gravosi e rendendo difficile potersene staccare. È la contestazione mossa dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm), che a fine giugno ha formalizzato l’avvio di un’istruttoria a carico dei due gruppi dopo aver approfondito alcune segnalazioni di utenti che lamentavano l’onerosità delle tariffe del servizio e la sostanziale impossibilità a scegliere un’opzione di riscaldamento alternativa.

“Le segnalazioni denunciavano notevoli aumenti dei corrispettivi richiesti per il servizio, che non parevano giustificabili con l’aumento del costo delle materie prime -ha spiegato nel suo ultimo bollettino settimanale l’Antitrust-, in particolare per le reti di teleriscaldamento le cui fonti di calore prevalenti sono diverse dal gas (per esempio quelle alimentate dalla termovalorizzazione dei rifiuti)”. Denunce che hanno trovato riscontro anche nel dibattito pubblico e sulla stampa e che hanno riguardato anche le tariffe del teleriscaldamento di alcune reti gestite dai gruppi A2A e Iren.

Prima di concentrarsi sulle condotte contestate alle società, l’Autorità sintetizza le caratteristiche peculiari del teleriscaldamento, quel sistema cioè di “fornitura di calore (veicolato attraverso acqua calda/vapore) e acqua calda sanitaria a utenze domestiche e non domestiche, alternativo rispetto al tradizionale sistema di riscaldamento tramite caldaie a gas”. Del totale dell’energia termica fornita, si legge nel bollettino, “circa il 26% deriva da fonti considerate rinnovabili (bioenergia, geotermia, rifiuti etc.), il restante 74% da gas naturale e, in misura residuale, altri combustibili fossili (di cui, il 50% da cogenerazione, il 24% da produzione semplice). Circa due terzi del calore immesso nelle reti di Tlr è prodotto in impianti di ‘cogenerazione’, cioè in impianti che consentono la contemporanea produzione di energia elettrica e calore”.

Il servizio è concentrato maggiormente nel Nord e nel Centro Italia. “Per ragioni anche storiche, i principali operatori risultano le principali società ex municipalizzate del Nord del Paese, generalmente attive nei settori contigui del gas naturale e dell’energia elettrica e integrate nell’attività di distribuzione e vendita”. Sarebbe anche questa particolare relazione, secondo l’Antitrust, ad aver determinato un “monopolio verticalmente integrato” del comparto, con il “medesimo soggetto che genera il calore, lo trasporta, lo distribuisce localmente e lo vende all’utente finale”.

Un monopolio verticale sprovvisto sino a oggi di una regolamentazione del prezzo di cessione del calore agli utenti, lasciato perciò a quella che l’Antitrust definisce la “libera determinazione degli operatori”. Un meccanismo che a detta della stessa Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arera) -autrice nel novembre 2022 di un’indagine conoscitiva sul settore- avrebbe consentito ad alcuni operatori di realizzare “significativi extraprofitti”, speculando sul “repentino incremento delle quotazioni del gas” anche quando questi producevano il calore fornito tramite fonti energetiche di altro tipo.

Tratteggiato il quadro generale, l’Antitrust va nel dettaglio delle due società. Preso in esame è anche il gruppo A2A, che nel 2022 ha registrato un fatturato consolidato pari a circa 23 miliardi di euro ed è attivo nella produzione e vendita di energia elettrica, nella distribuzione e vendita di gas, nella raccolta e nel trattamento dei rifiuti e nella realizzazione e gestione di reti di teleriscaldamento. Nelle reti di teleriscaldamento il colosso (i Comuni di Milano e Brescia ne sono azionisti di riferimento con il 25% del capitale, il “mercato” è al 45,4%) opera attraverso più società. La prima e più importante è A2A Calore e servizi Spa, che ha in mano le reti dei territori di Brescia (seconda solo a Torino in Italia e alimentata prevalentemente dal maxi inceneritore attivo dal 1998), Bergamo (che va a gas e rifiuti) e Milano (anche lei a gas e rifiuti).

Il gruppo è poi presente con reti più piccole anche a Rho (MI), Crema (CR), Monza, Varese, Seregno (MB) e Giussano (MB), e poi Lodi e Cremona.

A Como la sua controllata ComoCalor gestisce una “piccola rete” alimentata prevalentemente dal calore proveniente dalla combustione dei rifiuti. Accanto ad A2A Calore e servizi Spa operano poi Linea Green Srl (fino al 31 dicembre 2022), Acinque Tecnologie Spa, Comocalor Spa, appunto, e Gelsia Spa.

Gli impianti che producono il calore dal gas fossile sono di proprietà della stessa società che gestisce la rete mentre nel caso dei rifiuti gli inceneritori fanno sempre capo al gruppo ma attraverso i veicoli che si occupano di ambiente (A2A Ambiente S.p.A. nei casi di Brescia, Bergamo e Milano, Linea Ambiente nel caso di Cremona e Acinque Ambiente nel caso di Como).

“Per quel che riguarda le modalità tariffarie -riporta l’Antitrust-, le società del gruppo A2A praticano tariffe (monomie o binomie) che non variano in base alla volumetria o altre caratteristiche del cliente, pur essendo, talvolta, articolate in base agli scaglioni rappresentativi delle quantità consumate”. Per le reti di Brescia, Bergamo e Milano, A2A Calore e Servizi utilizzerebbe una “formula che determina il prezzo del calore in base a una media (ponderata con la percentuale di produzione di calore proveniente da fonte fossile e non fossile) del costo di approvvigionamento del gas naturale (per la parte fossile) e del costo dell’energia elettrica non prodotta per fornire calore alla rete di Tlr, rappresentato dal Prezzo unico nazionale (Pun)”. Nelle restanti reti, invece, e in particolare in quella di Como, “i rispettivi gestori adottano formule tariffarie basate sul ‘costo evitato’ del riscaldamento a gas, in cui il prezzo variava trimestralmente in base alle variazioni annunciate da Arera della componente a copertura del costo della materia prima gas delle condizioni economiche del servizio di tutela”.

L’Antitrust mostra perciò l’evoluzione di alcune tariffe di A2A negli 2021 e 2022: “Nelle reti di Milano, Brescia e Bergamo la tariffa è rimasta fissa nei primi tre trimestri del 2022. Nel caso di Como, alla parte di tariffa variabile va aggiunta una quota fissa annuale passata da 2.880 euro per mc/h nel gennaio 2021 a 7.702 euro per mc/h nel dicembre 2022”.

Comocalor è il veicolo che ha in pancia il servizio pubblico di teleriscaldamento, su affidamento del Comune di Como. La rete si sviluppa nella zona Sud della città per 18 chilometri in tutti e il calore è fornito a 140 condomini e altre strutture cittadine. Poi c’è Acinque Ambiente Srl, “la società del Gruppo Acinque che si occupa della raccolta e del trattamento dei rifiuti nelle province di Como e Varese”, come spiega l’Antitrust. Tra le altre cose gestisce anche l’impianto per i rifiuti “non riciclabili” di Como.

Ed è sul caso di Como che si concentra l’avvio dell’istruttoria, che ha rimesso in fila l’andamento del prezzo spot del gas naturale presso i maggiori hub europei tra 2018 e 2023.

“A fronte delle quotazioni in media inferiori ai 25 euro/MWh che hanno prevalso sul mercato tra il 2015 e il 2020, nell’ultimo trimestre 2021 le quotazioni hanno raggiunto livelli quattro volte più elevati, mentre la quotazione media del 2022 è risultata di oltre il 150% più elevata di quella del 2021”. In questo scenario la controllata di A2A Comocalor avrebbe utilizzato una tariffa binomia “dove le variazioni della parte variabile sono basate sulla evoluzione dei prezzi del gas naturale, nonostante il calore fornito sia ottenuto prevalentemente da fonti energetiche diverse (rifiuti, ndr) il cui costo è, in linea di principio, indipendente dalle quotazioni del gas”. Questo meccanismo avrebbe garantito per l’Autorità “extraprofitti non giustificati” sia per Comocalor sia per Acinque, la società da cui la prima acquista il calore, chiamate insieme alla holding A2A Spa a far chiarezza nell’ambito dell’istruttoria appena avviata per supposto abuso di posizione dominante.

Poi c’è il caso di Iren, storico attore del teleriscaldamento in Italia che gestisce reti in Piemonte (Torino), Liguria (Genova) ed Emilia-Romagna (Parma, Reggio Emilia e Piacenza, da dove è partita scintilla dopo la segnalazione proveniente da un condominio della città che lamentava un incremento dei prezzi vertiginoso nonostante il calore distribuito fosse principalmente prodotto dalla combustione dei rifiuti).

La rete di Torino è la più grande d’Italia e copre circa la metà della città. È alimentata da centrali di cogenerazione a gas, cui si è recentemente aggiunto l’inceneritore di Gerbido, “il cui contributo alla generazione di calore è ancora piuttosto limitato”, spiega l’Antitrust.

“Le reti di Reggio Emilia e Parma sono tra le dieci maggiori reti italiane. La rete di Parma è alimentata principalmente dal termovalorizzatore, mentre quella di Reggio Emilia è alimentata da centrali cogenerative a gas naturale. La rete di Piacenza, alimentata prevalentemente dal calore prodotto dal termovalorizzatore, ha estensione limitata. La rete di Genova ha una dimensione ancora minore”.

Gli impianti che generano calore utilizzando gas sono di proprietà della stessa titolare delle reti, Iren Energia, mentre il combustibile viene acquistato dalla società Iren Mercato e trasferito a Iren Energia. Il calore proveniente dall’incenerimento dei rifiuti proviene invece da impianti delle società del gruppo Iren Ambiente (per quel che riguarda Parma e Piacenza) e Trm Spa (relativamente all’area di Torino), tramite “prezzi di trasferimento infragruppo prestabiliti”.

L’attenzione dell’Autorità garante è su come Iren calcoli il prezzo del teleriscaldamento. Una formula, per riassumere con le stesse parole del bollettino, che “non prevede alcun meccanismo di salvaguardia degli utenti qualora venga applicata anche in un contesto in cui gran parte del calore sia ottenuto da fonti diverse dal gas”. Ecco perché per effetto dell’agganciamento al prezzo del gas per i clienti del mercato tutelato anche il prezzo del Tlr di Iren ha subito forti incrementi nel biennio 2021-2022.

“La condotta in esame appare prima facie essere suscettibile di integrare una violazione dell’art. 3, comma 1, lettera a), della legge n. 287/90 (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato, ndr) per le reti di teleriscaldamento di Parma e Piacenza, che producono una quota prevalente del calore tramite termovalorizzazione dei rifiuti -chiarisce l’Antitrust-. Non vi sono ragioni, infatti, per ritenere che l’input rifiuto da termovalorizzazione abbia registrato aumenti di costo sostanziali o comunque comparabili con quelli che hanno riguardato il prezzo del gas. Non appare dunque giustificato applicare, anche per tali reti e nel contesto eccezionale registratosi, prezzi che rispecchiano la crescita dei prezzi del gas. Tale pratica, d’altro canto, renderebbe impossibile ai consumatori beneficiare della differenza tecnologica e della scelta di legarsi a una modalità di produzione di calore diversa dalla combustione di gas naturale con i relativi vantaggi, anche economici, che potrebbero manifestarsi in taluni scenari, come quello osservato di recente”. L’istruttoria è partita. Conclusione prevista: 31 luglio 2024.

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