Crisi climatica / Opinioni
Perché il pacchetto Fit for 55 è una buona notizia
Le nuove misure su energia e clima manderanno in soffitta le auto fossili. Il passo inevitabile per organizzare la transizione. La rubrica di Stefano Caserini
La proposta della Commissione europea Fit for 55, il pacchetto di misure sull’energia e sul clima proposto a metà luglio, ha diversi meriti. Innanzitutto, dimostrare la volontà di perseguire politiche di transizione serie, di sistema, per permettere all’Unione europea di ridurre del 55% le emissioni di gas serra, entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990, come deciso con l’European Green Deal. Un merito aggiuntivo è aver fatto un po’ di chiarezza. Negli ultimi anni sembrava che tutti fossero diventati ambientalisti e attivisti per il clima, o almeno davvero sostenitori della necessità di una svolta decisa nelle politiche contro il cambiamento climatico. Le reazioni alla proposta del Fit for 55 mostrano che ci sono priorità e convinzioni diverse.
Ci sono almeno tre obiettivi importanti nella proposta della Commissione. Il primo è ridurre del 100% le emissioni delle automobili immatricolate dal 2035, che di fatto rappresenta uno stop ai combustibili fossili per i nuovi autoveicoli: un segnale inequivocabile all’industria automobilistica. Un passo inevitabile. Se si vuole arrivare alla neutralità climatica, non c’è spazio per le auto fossili, è arrivato il momento di dire basta: 15 anni sono sufficienti per organizzare l’uscita dai motori a scoppio, per organizzare la transizione.
Il secondo è il “Carbon border adjustment mechanism”. Una sorta di tassa sul carbonio alla frontiera che graverà sulle aziende che importano nella Ue da Paesi con regole climatiche meno rigide, eliminando il vantaggio competitivo di quegli Stati che producono a costi minori perché non hanno limiti alle emissioni di CO2. Così si neutralizzerà l’incentivo a delocalizzare le industrie perché la tassa alla frontiera azzererà la differenza di prezzo con chi produce con tecnologie vecchie e senza curarsi del clima. È una misura molto importante e rappresenta un attacco alla globalizzazione neoliberista che non ha mai preso in considerazione la questione climatica.
Infine l’istituzione di un fondo sociale per il clima volto a sostenere i cittadini più esposti all’aumento del prezzo dell’energia che, almeno nel breve periodo, deriverà dall’adozione di queste misure. È importante il riconoscimento dell’esistenza delle diseguaglianze che determineranno un diverso impatto di queste misure su varie fasce della popolazione; poi sarà da vedere quanto il fondo riuscirà concretamente a far fronte alle esigenze.
2035 La data entro la quale, secondo la proposta della Commissione europea, gli autoveicoli venduti dovranno raggiungere emissioni di CO nulle. Dopo 130 anni, si avvia il pensionamento dell’auto fossile.
Le reazioni che ci sono state al Fit for 55 non sono state molto diverse da quelle arrivate per le precedenti proposte europee, dal protocollo di Kyoto, al pacchetto 20-20-20, al Pacchetto clima-energia varato nel 2014, che prevedeva un primo obiettivo di riduzione al 2030. Allora come oggi, le voci contrarie avevano citato i rischi per l’occupazione, la competitività, la perdita di Pil. In prima fila, anche oggi, quel mondo di ex-negazionisti climatici che non vede di buon occhio l’intervento dello Stato per indirizzare e sostenere le politiche climatiche. In seconda fila, i commentatori che hanno sempre speso più fiato e tempo per discutere i pericoli della fuoriuscita dai fossili, che non le opportunità.
Il ministro della Transizione ecologica non ha trovato di meglio che far presente i rischi per la “motor valley italiana” perché anche le auto supersportive e supercostose dovranno adeguarsi e mandare in soffitta i motori endotermici per passare all’elettrico. E ha fatto scalpore quando, in un’intervista a La Stampa, ha detto che la transizione ecologica “potrebbe essere un bagno di sangue”. I vantaggi della transizione, o il costo dell’inazione, sono messi da parte, come se non esistessero. Un esempio chiaro di mentalità arretrata.
Stefano Caserini è docente di Mitigazione dei cambiamenti climatici al Politecnico di Milano. Il suo ultimo libro è “Il clima è (già) cambiato” (Edizioni Ambiente, 2019)
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