Crisi climatica / Approfondimento
È il tempo della solvibilità planetaria. Per valutare i rischi climatici e trovare l’equilibrio

L’impatto economico e sociale del riscaldamento globale e della perdita di biodiversità è stato finora sottostimato. Per affrontare l’emergenza un recente studio dell’Ordine degli attuari del Regno Unito indica alla politica un approccio diverso, ispirato a principi che ampliano la mera “solvibilità finanziaria”. Non intervenire, spiega Oliver Bettis, attuario e coautore della ricerca, rischia di provocare effetti catastrofici
Per quanto si parli spesso della crisi climatica ed ecologica, non tutti ne comprendono le conseguenze, e anche di fronte a eventi meteo estremi più intensi e frequenti che mai, pochi riconoscono che società ed economia dipendono dal Pianeta per prosperare.
Un recente studio dell’Ordine degli attuari del Regno Unito (IFoA) e dell’Università di Exeter, intitolato “Solvibilità planetaria – trovare il nostro equilibrio con la natura“, tenta di rompere il silenzio.
Non si limita inoltre a valutare la situazione, ma fornisce anche strumenti facilmente comprensibili per cambiare il modo in cui la affrontiamo. In questa intervista, Oliver Bettis, attuario e coautore della ricerca, ne illustra origine e contenuto.
Bettis, che cos’è la solvibilità planetaria?
OB È un concetto che amplia quello di solvibilità finanziaria, che prevede di gestire i rischi al fine di essere sempre solvibili. Usiamo questa analogia per analizzare problemi globali come il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità, insieme al loro impatto economico e sociale. Per la nostra sicurezza, dobbiamo misurare quanto siamo vicini all’insolvenza -che in questo caso significa spingere lo sviluppo oltre i limiti planetari- per poi valutare il rischio e adottare le necessarie azioni di mitigazione.
Come è nata questa ricerca?
OB L’IFoA collabora con i climatologi dell’Università di Exeter dal 2022; questo è il nostro quarto studio congiunto. Pensiamo che gestione del rischio finanziario e scienza climatica siano discipline complementari. Gli scienziati svolgono un fantastico lavoro di analisi, ma hanno bisogno di un alto livello di sicurezza per arrivare a conclusioni e formulare suggerimenti. Gli attuari, invece, guardano sempre al futuro sulla base dei dati disponibili, anche se incompleti. Valutano i rischi esistenti ed esaminano anche la gravità di eventi improbabili. È meglio non aspettare di essere del tutto certi di qualcosa prima di dare consigli, e occorre anche comportarsi in modo tale da ridurre la probabilità degli scenari peggiori.
Scrivete che i rischi climatici ed ecologici potrebbero essere stati sottovalutati e andrebbero rivisti.
OB Se uno scenario è abbastanza pericoloso, dobbiamo pensare alle sue peggiori conseguenze possibili, anche se sono improbabili e c’è un margine di errore. I modelli scientifici sono diventati sempre più precisi, ma rimangono delle incertezze, anche nell’ultimo rapporto del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc). Ad esempio, la temperatura media globale di gennaio è stata la più alta mai registrata nonostante la fine del fenomeno oceanico chiamato El Niño. Gli scienziati non l’avevano previsto e stanno cercando di capire cosa stia succedendo. Inoltre, secondo i nostri colleghi di Exeter, come il climatologo Tim Lenton e il suo team, i punti di rottura del clima terrestre sono interconnessi e alcuni potrebbero essere innescati da aumenti di temperatura inferiori a quanto si pensava finora. Scoperte come queste ci costringono ad aumentare le stime dei danni.

Lo scenario più estremo che avete individuato è terrificante: miliardi di morti, perdita di oltre metà del Prodotto interno lordo (Pil) globale, collasso di Stati ed ecosistemi.
OB Come sottolineato nello studio scientifico “Climate endgame”, ci sono buone ragioni per prepararsi al peggio. Il cambiamento climatico influenza le precipitazioni e alimenta siccità e inondazioni. Ciò si ripercuote sulla produzione alimentare mondiale, perché i suoli si degradano, i calendari delle semine vengono stravolti e la resa delle colture diminuisce. Diventerà difficile nutrire una numerosa e crescente popolazione mondiale, che supererà i dieci miliardi di persone nella seconda metà di questo secolo. Anche le emissioni di gas serra continuano ad aumentare, anche se ora potrebbero iniziare a stabilizzarsi. È facile che entro il 2050 si arrivi a un aumento della temperatura globale di tre gradi rispetto ai livelli preindustriali, e per ora non stiamo deviando da questa traiettoria.
Perché i politici non prestano la giusta attenzione a questi rischi?
OB Dopo l’evento di lancio a fine gennaio, lo studio sta ricevendo attenzione. Potremmo discuterne con il dipartimento per la Sicurezza energetica e il Net Zero del Regno Unito, il che è incoraggiante. Spero che il nostro lavoro aiuti la politica, anche se ovviamente gli interessi delle aziende produttrici di combustibili fossili ci impediscono di affrontare questi rischi come dovremmo. Tuttavia, le opportunità per la transizione verso le energie pulite e rinnovabili sono più numerose di quanto si pensi. E, come ha osservato l’economista J. Doyne Farmer, sebbene servano importanti investimenti iniziali, questo processo finisce per generare un grande risparmio netto, indipendentemente dal cambiamento climatico. Se i politici lo sapessero, agirebbero più rapidamente.

Come mettere in pratica il concetto di solvibilità planetaria?
OB Lo studio introduce una serie di dieci princìpi, a sostegno di valutazioni del rischio più efficaci e realistiche. Sono i seguenti: tracciare le tendenze del rischio globale; dare priorità alla salute del sistema Terra rispetto alle metriche economiche di breve termine; studiare i collegamenti tra rischi sociali e ambientali; valutare le combinazioni fra i rischi, compresi quelli a bassa probabilità ma ad alto impatto; integrare le più aggiornate ricerche scientifiche nelle valutazioni del rischio; premiare l’identificazione e la comunicazione del rischio al fine di mitigare la reticenza; investire tempo nella costruzione di una cultura del rischio ecologico, climatico e sistemico tra i decisori politici; valutare i rischi esponenziali, il potenziale di eventi senza precedenti e i punti di rottura del clima terrestre; lavorare in modo trasversale tra le discipline e i settori per migliorare le conoscenze e ridurre le incognite; integrarsi nelle strutture di governance, mantenere l’indipendenza e riferire i risultati delle ricerche con trasparenza.
È possibile garantire la prosperità dell’umanità senza superare i limiti del Pianeta?
OB Si. Come dimostra la Doughnut Economics di Kate Raworth, i limiti planetari sono la soglia superiore da considerare per evitare il disastro. Ma c’è anche una soglia inferiore: la necessità di assicurare una vita sicura e prospera per tutti. In mezzo c’è un ampio spazio operativo. Inoltre, dieci o quindici anni fa, sembrava molto difficile sostituire i combustibili fossili. Ora, il tasso di crescita dell’energia eolica, solare e delle batterie è esponenziale e i cambiamenti politici non lo fermeranno. Il loro costo sta scendendo rapidamente, il che le rende più competitive e accessibili, anche nei Paesi più poveri. Possiamo ottenere molta più energia con solare ed eolico di quanto si pensasse in precedenza, con l’aggiunta dell’energia nucleare e geotermica per garantire stabilità. Il quadro è completamente cambiato.
Come si fa a distribuire equamente i costi della transizione?
OB La finanza climatica deve sostenere le persone e i Paesi più poveri. È un tema caldo, non facile da risolvere. Ma superare i limiti planetari mette in pericolo la stragrande maggioranza degli abitanti della Terra, compresi quelli che stanno meglio. È nell’interesse collettivo aiutarci reciprocamente a ridurre le emissioni di gas serra il più in fretta possibile. E non dimentichiamo che, se esistono limiti all’accesso all’energia e all’uso delle materie prime, il denaro non è una risorsa tanto scarsa quanto si pensa. Alla fine, si tratta di numeri sullo schermo di un computer. La creazione di moneta è inflazionistica se supera la quantità di beni e servizi disponibili. Ma -come dimostra l’Inflation reduction Act, il piano di investimenti lanciato nel 2022 dall’allora presidente degli Stati Uniti Joe Biden- è possibile spendere centinaia di miliardi di dollari per costruire fabbriche attraverso un enorme deficit pubblico, e se quei soldi vanno in attività produttive non c’è inflazione. Spesso si parla di finanza come se il governo fosse una famiglia e i risparmi dovessero superare le spese: non è vero, dobbiamo abbandonare questa mentalità. Piuttosto, seguiamo il consiglio dell’economista John Maynard Keynes: tutto ciò che possiamo fare, possiamo permettercelo.
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