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Pavia presa nella rete

"Presi nella rete" è un opuscolo curato da Altreconomia per far conoscere l’esperienza del negozio “Il Mercatino” della cooperativa sociale pavese La Piracanta. Tra le pagine trovate le piccole grandi storie di alcune realtà e cooperative sociali che collaborano con questa realtà, i cui prodotti si possono trovare nel negozio di Pavia. L’introduzione di Pietro Raitano, direttore di Ae

Tratto da Altreconomia 156 — Gennaio 2014

"L’essenza della comunità non è la somma dei suoi membri, ma il rapporto che intercorre tra di loro”.
Lo scrive Pietro Raitano, direttore di Altreconomia, introducendo “Presi nella rete”, un opuscolo curato per Ae da Chiara Spadaro che racconta la capacità di fare rete a Pavia, cioè l’esperienza del negozio “Il Mercatino”, gestito dalla cooperativa sociale pavese La Piracanta (www.coop-lapiracanta.com). È un testo in formato pdf, che chiunque potrà scaricare dal sito di Ae (al link www.altreconomia.it/presinellarete).

“Siamo convinti che un progetto virtuoso vada condiviso, modellato sui territori -spiegano i responsabili del Mercatino-. Da qui l’idea di rendere il nostro visibile anche a chi non ci conosce direttamente, per diffondere l’idea di una cooperazione sociale che promuove la serietà nel lavoro e la qualità dei prodotti”. Dodici le storie che s’intrecciano: tutte portano al Mercatino, che è aperto in corso Garibaldi 22/a a Pavia. 

Riportiamo l’introduzione di Pietro Raitano, "L’essenza di una comunità".

La società moderna tende a immunizzare: renderci persone immuni, prive di obblighi. È una ossessione, le cui motivazioni sono nella parola stessa: il termine latino munus vuol dire “obbligo”, ma vuol dire anche “dono”. Il dono sovverte l’ordine costituito, secondo il quale a ogni prestazione deve corrispondere un prezzo.
Il dono è pericoloso: smaschera e trasforma il sistema. Ecco perché combatterlo.
Ma munus è anche il nucleo costitutivo della parola “comunità”, esatto opposto di immunità. Che cos’è dunque comunità?
Si è sempre stati propensi a definire le comunità attraverso un processo di ricerca di un elemento comune a un gruppo di individui. Un elemento che li faccia appartenere a uno stesso insieme. Ecco perché abbiamo sempre pensato alla comunità come a un bene, un valore, un’essenza. Che a volte si può perdere, e a volte ritrovare. Un senso di appartenenza, un possesso, soprattutto riferito al territorio. È una definizione adeguata? No, anche questa è un’argomentazione che in cuor nostro non ci soddisfa.
Ci facciamo allora aiutare da Roberto Esposito (Communitas, Einaudi 1998). Nel suo molteplice significato (obbligo/dono), spiega Esposito, dobbiamo chiederci in che senso il dono sarebbe anche un dovere. Il dono non dovrebbe essere un gesto spontaneo?
In realtà il munus è un dono particolare: è quello fatto, non quello ricevuto, ed è caratterizzato da una “inesorabile cogenza”.
Ecco: il cuore della comunità è un dono obbligato, che sollecita disobbligazione. “La gratitudine che esige nuova donazione”, scrive Esposito, introducendo il tema della riconoscenza, tanto avulso e osteggiato nella nostra epoca.
Ecco prevalere quindi reciprocità e mutualità: quel consegnare -l’uno all’altro tra i membri della comunità- un impegno.

Non si può definire allora comunità solo con la contrapposizione “pubblico vs privato”.
Che cos’hanno allora in comune i membri di una comunità? Non un’appartenenza, non un bene, non una sostanza, ma un dovere. Non una proprietà, “ma un debito”. L’essenza della comunità non è la somma dei suoi membri, ma il rapporto che intercorre tra di loro.
Un po’ come nella musica: melodia e armonia sono il risultato della relazione tra note, nella loro contemporaneità e nella loro sequenza. Le note sono sette ma quel che conta è come le si mette in relazione. Melodia e armonia scaturiscono dall’intervallo tra una nota e l’altra, nel rapporto tra la prima e la seconda: l’essenza della musica è -paradossalmente- il silenzio tra una nota e l’altra.
Il dono che la comunità condivide allora non è un’appartenenza, ma una mancanza: è comune non ciò che è di tutti, ma quel che è di nessuno.

Le storie che seguono sono storie di dono. Sono storie di una comunità che non ha dimenticato la sua essenza, e nella rete di relazioni che ha instaurato l’ha fatta vivere e con-vivere.
Storie di persone, individui, donne e uomini, e della loro città, che appare alla luce del dono ancor più bella.


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