Altre Economie
Occupy Wall Street: “il movimento smantellerà il casinò globale”
Il 17 novembre saranno trascorsi due mesi da quando un gruppo sempre più numeroso e variegato di persone ha "occupato" il gotha della finanza internazionale. Dopo lo sgombero del 15 novembre, Zuccotti Park (ribattezzato "Freedom Plaza") è tornato a riempirsi.
Per capire le ragioni dell’iniziativa, abbiamo parlato con Kalle Lasn, fondatore di Adbusters e "mente" dell’operazione.
Il 99% persevera e Zuccotti Park si chiama ancora Liberty Plaza. Sono passate meno di 24 ore da quando la polizia ha svegliato l’accampamento di Occupy Wall Street nel cuore della notte per sgomberare i manifestanti a causa di “ragioni igieniche” e lasciare il campo ai netturbini armati di pompe ad acqua e spazzoloni.
Ma dopo che è stata fatta piazza pulita della biblioteca, la cucina, l’infermeria e il centro media, dopo una giornata costellata di 200 arresti in diverse zone della città (tra cui quelli di parecchi giornalisti) gli occupanti sono tornati. Hanno in mano un’ordinanza della Corte Suprema di Manhattan che li autorizza a rimanere sotto gli alberelli di Zuccotti Park, ma senza tende, sacchi a pelo o teloni. Anche se le regole proibiscono di accamparsi, alle 7 di sera è iniziata l’assemblea generale, come ogni giorno dal 17 settembre.
La dichiarazione per la “gran riapertura” è questa: “Ci hanno mostrato il loro potere. E noi gli faremo vedere il nostro”. Il documento approvato dall’assemblea conferma l’ipotesi che l’attacco sferrato dal sindaco in realtà abbia ottenuto l’effetto di rinforzare la protesta: “Supereremo gli ostacoli che ci sono stati messi di fronte. Non saremo dissuasi. Persevereremo. Il nostro messaggio sta risuonando attraverso l’America e la nostra causa è condivisa da milioni di persone nel mondo”.
Mancano pochi giorni al giro di boa dei due mesi di occupazione, l’inverno non è lontano e c’è chi pensa che Bloomberg avrebbe dovuto lasciare al freddo il compito di disperdere i manifestanti. Un movimento senza leader e senza una base che non sia online può davvero portare avanti la sua lotta contro il sistema finanziario e la corruzione della politica? Kalle Lasn è il fondatore di Adbusters, la rivista canadese no profit da cui è partito l’appello per l’occupazione di Wall Street.
L’idea di riprendersi simbolicamente il centro del potere finanziario è sua, anche se dopo averla lanciata in rete sono stati gruppi come Anonymous o la New York General Assembly a metterla in pratica. Gli abbiamo chiesto come legge il movimento che è nato dalla sua intuizione e se pensa che sopravviverà all’inverno e alle difficoltà. La risposta è sì, perché la protesta punta in alto ma resta con i piedi per terra, e il sistema capitalistico potrebbe perfino dover ringraziare Occupy Wall Street per averlo riportato alle origini.
Adbusters ha sempre proposto iniziative dirompenti come la Giornata del Non Acquisto, ma perché all’improvviso avete deciso di invitare gli americani ad occupare Wall Street?
L’idea mi è venuta seguendo su Al Jazeera quello che stava accadendo in Egitto, in Tunisia, ma anche in Spagna o in Grecia. Scegliendo di usare i social media, i manifestanti mediorientali ed europei hanno adottato una formula di successo perché hanno convinto centinaia di migliaia di persone a scendere in piazza per restarci a lungo, ma allo stesso tempo sono riusciti a far sì che la maggior parte delle proteste non sfociassero in attacchi violenti. Mentre vedevo in televisione le immagini del Cairo o di Madrid ho provato una spinta rivoluzionaria così forte come mai era capitato in vita mia, e mi sono detto, ‘ma perché non andiamo a occupare Wall Street?’. E sono convinto che quando Adbusters ha lanciato l’appello l’America fosse pronta ad accoglierlo, era il momento giusto. Sarà perché la sinistra americana è stata in silenzio per anni, o forse perché la crisi finanziaria è così forte, ma è stato come accendere una miccia, un po’ come è successo in piazza Tahrir al Cairo.
Voi avete lanciato l’appello, ma poi sono stati gruppi come Anonymus e la New York General Assembly a gestire concretamente la protesta. Come legge il movimento di Occupy Wall Street, sta evolvendo come immaginava?
La fase iniziale è stata confusa, ma ha dato il via a una conversazione che non è solo americana e rientra a far parte di un dialogo internazionale. Secondo me il vero impulso del movimento nasce dai giovani che guardano al futuro e vedono un quadro incompiuto fatto di crisi economiche e finanziarie, cambi climatici, una politica sempre più corrotta dalle multinazionali. Una specie di buco nero. E l’elemento chiave, quello che può fare la differenza, è che questi ragazzi sono consapevoli che se non decidono di alzare la voce e di combattere non avranno un futuro. Abbiamo letto dappertutto che il movimento non ha le idee chiare, che non c’è un obiettivo preciso su cui concentrare gli sforzi. A me sembra che la vera richiesta di Occupy Wall Street sia un’inversione di rotta del sistema capitalista. La gente in America non vuole liberarsi del capitalismo, ma vuole un soft regime change, ossia cambiare il cuore del sistema in maniera morbida e non violenta. Ogni giorno vengono prodotti miliardi di dollari di derivati, la finanzia smuove cifre enormi. Questo capitalismo globale è come un grande casinò globalizzato in cui la gente entra per fare soldi, un po’ come succede a Las Vegas. E la mia previsione è che il movimento riuscirà a smantellare il casinò globale per ritornare a un sistema sensato, basato su regole chiare.
Crede che la nascita di decine di occupazioni in diverse città d’America favorirà la creazione di una rete e che la protesta iniziata a New York si trasformerà in un movimento nazionale?
Questo è già un movimento nazionale. Anzi, è internazionale. L’occupazione iniziata dagli americani a Zuccotti Park è stata ispirata dal 15 Maggio spagnolo e dalla Grecia. Abbiamo preso esempio anche dalla passione della sinistra italiana, e in qualche modo voi europei siete un passo avanti a noi. Credo che ognuno di questi movimenti debba imparare dall’altro. Noi abbiamo preso esempio dai movimenti europei e forse voi italiani dovreste adottare l’atteggiamento pacifista e gandhiano dei manifestanti americani, perché se non vi impegnerete seriamente per la non-violenza ogni vostra protesta fallirà. E la vera causa che ci accomuna tutti, europei e nord-americani, è che il futuro è pericoloso e precario. Dopo 30 anni di silenzio e due amministrazioni guidate da George Bush, la sinistra americana deve riemergere e tornare a combattere, ma non ha ancora trovato un vero leader capace di far sognare e non ha una strategia, quindi la vera grande domanda è: combattere sì, ma in che modo?
Occupare Wall Street è un gesto simbolico molto potente. Perché l’occupazione di uno spazio sembra essere una strategia così efficace?
Di sicuro l’idea di occupare lo spazio attorno al quale ruota il capitalismo globale è molto attraente. Wall Street di per sé è l’icona del sistema capitalista, riappropriarsi di quell’angolo di città è stato un gesto dirompente. Se poi le occupazioni diventano migliaia, ovunque nel mondo, allora questo può diventare un modo efficace per innescare una rivoluzione e chiedere un vero cambio di sistema. Ora che l’inverno sta arrivando probabilmente il numero di persone che vive stabilmente a Liberty Plaza diminuirà, ma penso che un nocciolo duro resisterà e che molti continueranno a contribuire al movimento lavorando da casa. Io ho la sensazione che questa esperienza durerà a lungo e che la primavera sarà un momento cruciale. Ci aspettano molte cose interessanti.