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L’Italia sospende i “visti d’oro” per investitori russi e bielorussi. Con oltre un anno di ritardo

© Don Fontijn - Unsplash

Solo a metà luglio 2023 il governo ha congelato il programma “Investor Visa for Italy” per facoltosi di Mosca e Minsk. La Commissione europea aveva però raccomandato di farlo subito dopo l’invasione dell’Ucraina. Risultato: nell’anno delle sanzioni i russi sono stati i più “premiati”. Dati inediti mostrano come funziona la “ricompensa”

A metà luglio 2023, quasi un anno e mezzo dopo le raccomandazioni della Commissione europea seguite all’invasione russa dell’Ucraina, il ministero delle Imprese e del Made in Italy ha sospeso il programma dei cosiddetti “visti d’oro” in cambio di investimenti per i cittadini russi e bielorussi.

Lo ha fatto dandone una comunicazione scarna sotto forma di due asterischi sulla pagina istituzionale del programma “Investor Visa for Italy”: “Si comunica la sospensione del programma per cittadini russi e bielorussi come da provvedimento del presidente del Comitato del 14 luglio 2023 (il dirigente ministeriale Maurizio Montemagno, ndr) in ottemperanza alla Raccomandazione C (2022) 2028 dell’Unione europea”.

Questo ritardo (14 luglio 2023 versus 28 marzo 2022, data della citata Raccomandazione) ha fatto sì che lo scorso anno, quello cioè delle sanzioni internazionali (anche) contro gli oligarchi e imprenditori ritenuti vicini alla cerchia di Vladimir Putin o di Aljaksandr Lukašėnka, il nostro Paese abbia rilasciato ad almeno 32 cittadini russi un visto “per investitori” della durata biennale a fronte dei 36 che ne avevano fatto richiesta, come confermano i dati trasmessi dallo stesso ministero ad Altreconomia.

I russi nel 2022 hanno rappresentato la prima nazionalità tra gli investitori premiati dal programma “Investor Visa for Italy”, superando statunitensi (12) e britannici (12), e anche altri 23 facoltosi originari di Paesi extra Unione europea messi insieme (nazionalità che il governo italiano non distingue per ragioni di “privacy”). Un paradosso.

Lo scorso anno ha fatto registrare inoltre il picco dei “visti d’oro” da quando sono stati introdotti nell’ordinamento italiano attraverso la legge di Bilancio 2017: 79 quelli rilasciati (su 92 richiesti) per un ammontare complessivo di 32,3 milioni di euro. I dati trasmessi dal ministero ad Altreconomia permettono di fare un bilancio di una misura definita esplicitamente dal governo nel “manuale operativo” come una “forma di ricompensa e di incentivazione”: i visti rilasciati tra il 2018 (primo anno di funzionamento effettivo) e il 2022 sono stati 131 in cambio di un investimento complessivo di 66,7 milioni euro. Poco più di 500mila euro a testa di media.

Così suddivisi: 22 milioni di euro in Titoli di Stato, 3,5 milioni in start-up “innovative” e ben 41,2 milioni in imprese italiane sotto forma di capitale di rischio (voce che assorbe oltre il 60%). Nulla sarebbe invece stato investito a beneficio di attività di carattere filantropico e di pubblico interesse quali “cultura, istruzione, gestione dell’immigrazione, ricerca scientifica, recupero di beni culturali e paesaggistici”, pur previste dalla normativa.

Questa “ricompensa” garantita dallo Stato a ricchi e facoltosi stranieri -già di per sé stridente se si pensa alle brutalità inflitte invece ad altri stranieri ritenuti di “serie b”-, è appunto proseguita nel 2022 a beneficio di cittadini russi e bielorussi nonostante la Commissione europea, per bocca della responsabile agli Affari interni Ylva Johansson, avesse espresso profonda preoccupazione e contrarietà già a fine marzo dello scorso anno, cioè un mese dopo l’inizio della guerra.

E l’avesse fatto formalmente attraverso una raccomandazione (la 2028, datata appunto 28 marzo 2022) che riservava parole durissime ai “Programmi di soggiorno per investitori nell’Unione europea” e a quei dorati “residence schemes” che permettevano, anche a colpi di “riciclaggio, evasione fiscale e corruzione”, di muoversi indisturbati nell’area Schengen (pensiamo a che cosa accade invece alle frontiere europee contro migranti che del titolo di ricco investitore non possono certo fregiarsi, da VentimigliaComo, da Trieste al Mediterraneo, all’Egeo e così via).

Programmi del genere, scrisse la Commissione, “possono aver comportato e possono ancora comportare un accesso privilegiato al territorio e al mercato interno dell’Unione europea e alla circolazione nell’area Schengen di cittadini russi o bielorussi che sono o diventeranno soggetti alle sanzioni dell’Ue” per via dei loro rapporti con il governo di Mosca o con quello di Minsk.

Ecco perché, data la difficoltà di svolgere adeguati controlli di sicurezza e un’approfondita due diligence, la Commissione aveva invitato i Paesi membri, Italia inclusa, a sospendere immediatamente quei programmi per russi e bielorussi, “senza pregiudicare” naturalmente la possibilità che facessero ingresso nell’Unione europea cittadini russi e bielorussi mossi da “ragioni umanitarie o di protezione internazionale”.

Peccato che non sia andata affatto così e che l’Italia abbia continuato imperterrita a vendere i “visti d’oro” per tutto il 2022. Fino alla pezza del 14 luglio di quest’anno. Che rischia però di essere peggiore del buco: sul sito del programma “Investor Visa for Italy” -che reca sezioni imperdibili tipo i “10 buoni motivi per investire in Italia”– ci sono ancora le vecchie “FAQ e informazioni utili” aggiornate al settembre 2018. “Sono previste limitazioni in merito alla nazionalità dei candidati al visto?”, la domanda frequente. Risposta: “Il programma Investor Visa for Italy non prevede alcuna specifica restrizione in tal senso”. Spokoynoy nochi: buona notte.

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