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“L’Italia non sia complice delle minacce militari turche contro il Kurdistan”

© duncan cumming, via Flickr

La Rete italiana pace e disarmo chiede al governo e al Parlamento italiano di interrompere le forniture di armi ad Ankara, impegnarsi per il cessate il fuoco e per il ripristino della legalità internazionale. Tra il 2016 e il 2021 il nostro Paese ha venduto alla Turchia di Erdogan 901,6 milioni di euro di armamenti, tra cui 92 elicotteri

Da diversi mesi l’esercito della Turchia, Paese membro della Nato, bombarda le zone a maggioranza curda dell’Iraq e della Siria, rendendosi protagonista di periodici sconfinamenti sia aerei sia terrestri. La situazione potrebbe ulteriormente aggravarsi dal momento che da giorni Ankara sta ammassando truppe lungo i confini con i due Paesi non facendo mistero di voler consolidare ed estendere l’occupazione militare già in corso di una parte del territorio siriano, dove mette in atto operazioni di pulizia etnica e omicidi mirati ai danni dei leader curdi. Le autorità turche, inoltre, dichiarano esplicitamente che potrebbe nuovamente riprendere l’invasione “in qualsiasi momento”.

A fronte di questa drammatica situazione la Rete italiana pace e disarmo chiede al governo e al Parlamento italiano di applicare “i criteri della legge 185 del 1990 e del Trattato internazionale sul commercio delle armi (Arms trade treaty) interrompendo da subito tutte le forniture militari ad Ankara e revocando la concessione di brevetti che permettono alla Turchia di fabbricare armi su licenza italiana, come teoricamente già deciso e mai attuato nel 2019”.

Nel Nord dell’Iraq, come segnalato anche da un recente report della società civile irachena, sono stati lanciati oltre quattromila attacchi transfrontalieri causando tra l’altro l’abbandono forzato da parte della popolazione di oltre 500 villaggi per sottrarsi ai bombardamenti e provocando larghe manifestazioni popolari. Dal 20 novembre il Nord-Est della Siria è oggetto di una ripresa degli attacchi, con colpi di artiglieria, bombe dagli aerei e droni che hanno colpito almeno 265 siti con 1.500 strike, che hanno provocato oltre 50 vittime tra i civili.

“La situazione è di palese e impunita violazione continuativa dei diritti umani, della pace e della legalità internazionale”, denuncia la Rete italiana pace e disarmo. Ricordando come le Unità di protezione popolare (Ypg) e l’Esercito democratico siriano (Fds), oggi bersaglio degli attacchi turchi in Siria, abbiano collaborato in maniera decisiva (anche con il sostegno dell’Italia) alla sconfitta del sedicente Stato Islamico in Siria e perseguono un obiettivo di autonomia regionale all’interno di una Siria democratica.

Va ricordato poi che il Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), la cui presenza è presa a pretesto dal regime turco per giustificare le azioni militari, in particolare nel Nord dell’Iraq, ha abbandonato da decenni gli obiettivi separatisti a favore della lotta per la democratizzazione della Turchia e il rispetto delle minoranze etniche e ha dichiarato il cessate il fuoco nel 2013 nell’ambito dei negoziati di pace con lo stato turco.

“Nel quinquennio 2016-21 l’Italia ha fornito ad Ankara 901,6 milioni di euro di armamenti, tra cui 92 elicotteri da combattimento del tipo T-129B ATAK costruiti dalla Turkish aerospace industries su licenza Agusta/Westland certamente utilizzati anche nelle operazioni in Siria e Iraq”, annota la Rete. “Al governo e al Parlamento italiano chiediamo di utilizzare tutto il peso diplomatico, politico ed economico di cui il nostro Paese dispone per condannare una eventuale nuova invasione e i bombardamenti in corso, per il cessate il fuoco e per la ripresa dei negoziati di pace tra lo stato turco e le formazioni curde -conclude il comunicato-. Ci aspettiamo che italiano sappiano schierarsi con fermezza dalla parte del diritto internazionale senza ignorare una situazione problematica, guardando da un’altra parte”.

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