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Diritti / Approfondimento

L’impatto del Covid-19 sull’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati

L’epidemia ha fermato i tirocini e i percorsi formativi per gli Msna con il rischio di bloccare i progetti di inclusione e il rinnovo dei documenti. Da Roma e Palermo, le esperienze dei progetti di accoglienza sul territorio a tre anni dall’attuazione della Legge Zampa

© CivicoZero

“Covid-19 ha avuto un impatto importante sui minori stranieri non accompagnati. Ha bruscamente interrotto i percorsi formativi e linguistici. Ha allungato i tempi per ottenere i documenti. E per un ragazzo che compie 18 anni, questo stallo può compromettere la permanenza sul territorio e il percorso intrapreso”. Laura Cucinelli è la presidente della cooperativa CivicoZero di Roma, che gestisce un centro diurno a bassa soglia per minori stranieri non accompagnati (MSNA) che vivono o transitano nella città. In uno spazio informale nel quartiere di San Lorenzo, vicino alla stazione Termini, la struttura vuole colmare i vuoti lasciati dal sistema di accoglienza. Nei suoi spazi si distribuiscono beni di beni di prima necessità -come abiti e alimenti- e si offre un sostegno che va dal supporto legale all’orientamento lavorativo.

La cooperativa, nata nel 2011, opera sul territorio anche attraverso un team di unità di strada per raggiungere i minori in condizioni di vulnerabilità che possono essere esposti a diverse forme di sfruttamento e abuso. Negli spazi della sede si intraprendono progetti personali di inclusione. “Dopo un primo incontro, che prevede anche un momento di informativa legale in cui i ragazzi sono informati sui loro diritti in Italia insieme a un avvocato e a un mediatore culturale, ascoltiamo i bisogni e le necessità che emergono. L’obiettivo è avviare insieme un percorso che consenta di accrescere le conoscenze e le competenze individuali, ma anche accompagnare i ragazzi nel delicato percorso di emancipazione che porti a una graduale autonomia”, prosegue Cucinelli.

CivicoZero infatti attiva corsi di lingua, fotografia, arte nei quali i ragazzi soli tra i 15 e i 18 anni sono seguiti da educatori e psicologi, uno sportello legale, psicologico e uno di formazione e orientamento al lavoro. Nei mesi dell’emergenza sanitaria le attività sono state trasferite online. Continuare a mantenere un legame ha dato alla cooperativa la possibilità di monitorare gli effetti causati dall’emergenza sanitaria sui percorsi di accoglienza. “I ragazzi hanno sentito molto le conseguenze delle misure legate al lockdown che in alcuni casi possono aver rievocato vissuti complessi del passato”, aggiunge.

“Oggi una delle situazioni più critiche riguarda i neomaggiorenni. Per rinnovare il permesso di soggiorno dopo i 18 anni è necessario il parere del ministero del Lavoro rilasciato sulla base del percorso formativo e di inclusione intrapreso dal ragazzo. La lunga tempistica e la non applicazione del ‘silenzio-assenso’ (la procedura permetteva alle questure di convertire il permesso di soggiorno “per minore età”, al compimento dei 18 anni, in permesso per studio, lavoro o attesa occupazione anche in caso di ritardo del parere del ministero del Lavoro, ndr) espongono i ragazzi a situazioni di potenziale illegalità”. Non solo. “Per convertire un permesso di soggiorno ‘da minore età’ in uno di lavoro serve un contratto. Ma al momento le assunzioni sono ferme e la maggior parte dei ragazzi stranieri lavora nei settori più colpiti dalla crisi economica come la ristorazione o il turismo”, spiega Cucinelli. Il rischio è finire in una situazione di marginalità.

Secondo i dati del ministero del Lavoro, al 31 ottobre 2020 in Italia i MSNA in accoglienza registrati e censiti erano 6.227. Tra questi il 65,1% ha 17 anni e il 22,9% ne ha 16. Le cifre sono sottostimate perché non considerano gli irreperibili, i minorenni che arrivano alla frontiera terrestre e sfuggono alle reti di accoglienza formale. A monitorare a che punto è la loro accoglienza è stata Save The Children. L’organizzazione del Terzo settore ha realizzato un rapporto, “Superando le barriere”, pubblicato a giugno 2020, in cui presenta uno studio approfondito sull’applicazione della Legge Zampa, la legge n.47 del 2017 che per la prima volta ha costituito un sistema organico per l’accoglienza e la protezione dei minori stranieri. “Siamo il solo Paese europeo ad avere una normativa così avanzata che ha il merito di considerare i minori migranti prima di tutto come minorenni”, spiega Giusy D’Alconzo, responsabile delle relazioni istituzionali di Save The Children e coordinatrice del Tavolo minori migranti, un network di associazioni coinvolte nella stesura e promozione della Legge Zampa e ora impegnate per la sua piena attuazione.

La normativa ha definito un percorso di accoglienza specifico per i minori stranieri, stabilendo per esempio parametri omogenei per l’accertamento dell’età attraverso l’istituzione di un’équipe multidisciplinare. Appare tuttavia ancora non applicata in modo uniforme in tutte le Regioni, dove si registrano pratiche difformi. L’indagine, per esempio, ha riscontrato casi, come a Milano e Pisa, dove l’iscrizione al Servizio sanitario nazionale e regionale non è stata garantita nell’assenza di un permesso di soggiorno. “Uno dei cambiamenti più significativi introdotti è stata l’istituzione del tutore volontario, una figura fondamentale che crea legami di prossimità con i minori soli. Diventa un punto di riferimento e non unicamente nell’accompagnamento nei procedimenti amministrativi e giuridici”, aggiunge D’Alconzo. I tempi di attesa per la nomina, tuttavia, sono ancora variabili e nei casi più critici possono essere lunghi, arrivando anche a sei mesi. Secondo gli ultimi dati disponibili rilasciati dall’Autorità garante per l’infanzia, aggiornati al 30 giugno 2019 quando i minori presenti nelle strutture di accoglienza erano 7.272, solo il 23% dei MSNA risultava avere un tutore anche se la disponibilità, quindi il numero di volontari iscritti negli albi, avrebbe potuto coprire almeno il 40% della richiesta.

Per Erminia Rizzi, operatrice legale e socia dell’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (Asgi), nell’accoglienza dei MSNA la velocità è un fattore fondamentale. Non solo nella nomina di un tutore ma nell’accesso all’informativa legale e nell’intera procedura di richiesta e rilascio del titolo di soggiorno perché, se mancano reti di sostegno e l’attivazione delle procedure di tutela, il minore può allontanarsi dalla struttura in cui è accolto. “Abbiamo riscontrato difficoltà nel reperire la disponibilità di tutori volontari, in particolare in Regioni come la Calabria e il Friuli-Venezia Giulia. La Legge Zampa ha indubbiamente permesso di fare passi in avanti in particolare riguardo le procedure di accertamento dell’età del minore. Ma non è ancora sistematizzata e non è applicata in modo uniforme su tutto il territorio nazionale”, spiega Rizzi. Il momento decisivo arriva quando si diventa maggiorenni: “Il percorso di accoglienza all’interno delle comunità per minori prevede che si possa rimanere fino ai 18 anni, anche se non si è raggiunto un percorso di autonomia, a meno che intervenga un provvedimento di proseguo amministrativo che autorizza la permanenza nelle strutture fino al 21esimo anno d’età”, spiega Rizzi. “Nella situazione in cui ci troviamo a causa dell’emergenza sanitaria, che ha visto interrompere i percorsi formativi, sarebbe opportuno che i tribunali dispongano il proseguo amministrativo al di là delle situazioni personali per consentire ai ragazzi di proseguire l’accoglienza in comunità e riprendere il percorso di inclusione”, conclude.

A Palermo le educatrici del progetto per MNSA di Casa dei Mirti, che rientra nel centro Diaconale La Noce-Istituto Valdese, hanno osservato l’impatto che il Coronavirus ha avuto sui 15 ragazzi ospitati nella struttura di accoglienza dove i minori stranieri seguono un percorso di crescita fino al raggiungimento della maggiore età. L’obiettivo è rendere i minori autonomi, consegnandogli gli strumenti per cercare un lavoro e prepararli per quando usciranno. “Per i ragazzi i momenti più difficili sono i vuoti amministrativi, quando si aspetta l’arrivo della carta di identità e del permesso di soggiorno. Averli fa sentire inseriti nella comunità. Sono uno strumento identitario. Se la procedura si inceppa, come è successo nell’emergenza sanitaria, per chi si trova in una fase di vita così delicata l’impatto psicologico è forte”, spiega Lilli Nobile, pedagogista e coordinatrice della struttura. A Casa dei Mirti gli educatori lavorano definendo con i ragazzi un “progetto di vita”, un percorso che declina per ognuno tappe e obiettivi da raggiungere e che viene accettato come patto preliminare per l’avvio del lavoro.

 

Gli spazi della Casa dei Mirti, comunità per minori stranieri non accompagnati a Palermo © Maghweb

“I nostri programmi educativi hanno l’obiettivo di aiutarli a raggiungere l’indipendenza in un ambiente sicuro che investe sui temi della routine e della quotidianità, aspetto che permette loro di posizionarsi in un sistema di regole”, spiega Concetta Randazzo, referente dell’area educativa. “A volte vorremmo avere più tempo a disposizione. I ragazzi che arrivano hanno spesso 17 anni, quindi sono quasi al limite del tempo massimo per rimanere nella struttura”, aggiunge. “Negli anni abbiamo rafforzato il rapporto con il quartiere e creato occasioni di incontro aperte a tutta la comunità. Anche questo aiuta a creare reti sociali e di inserimento”, prosegue. “Rimaniamo in contatto con i ragazzi anche quando lasciano la struttura. Molti si fermano a Palermo che rimane sempre una casa”.

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