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Crisi climatica / Opinioni

Le promesse del governo sul clima alla prova dei fatti

© Milivoj Kuhar, unsplash

La nuova Direttiva europea sulla casa pone target ambiziosi per l’efficienza energetica. La nostra politica preferisce gli slogan “inattivisti”. La rubrica di Stefano Caserini

Tratto da Altreconomia 256 — Febbraio 2023

Primo o poi la realtà della crisi climatica presenta il conto. Non solo per quanto riguarda i suoi impatti come le ondate di calore, le tempeste più devastanti o l’aumento del livello dei mari. Anche per le azioni da mettere in campo per ridurre le emissioni. Si possono infarcire i discorsi di frasi altisonanti come “l’Italia rimane fortemente impegnata a perseguire il proprio percorso di decarbonizzazione, nel pieno rispetto degli obiettivi dell’Accordo di Parigi”, “Come leader, lo dobbiamo alle nostre generazioni future” e “l’Italia farà la sua giusta parte” (stralci dal discorso della presidente del Consiglio Giorgia Meloni alla Cop27), ma poi arrivano momenti in cui si deve decidere da che parte stare.

Il caso della Direttiva europea sull’efficienza energetica in esame al Parlamento europeo è uno di questi. Si tratta di una normativa inevitabile se si vogliono centrare gli obiettivi fissati dall’Accordo di Parigi. Se si vuole raggiungere la neutralità climatica al 2050 (il pareggio tra le emissioni climalteranti residue e gli assorbimenti di CO2) non si può aspettare il 2049 per agire. Gli interventi vanno introdotti molto, molto prima. E se non si inizia, poi sarà molto difficile -se non impossibile- raggiungere l’obiettivo. 

L’uso dei combustibili fossili per riscaldare o raffreddare gli edifici è responsabile del 19% delle emissioni di CO2 europee. Agire subito è inevitabile dal momento che questi interventi spesso non sono facili, richiedono capitali, incentivi e disincentivi, azioni a diversi livelli amministrativi. Necessitano competenze nuove (molti idraulici, ad esempio, ancora non hanno capito i grandi potenziali delle pompe di calore), la modifica di alcune filiere produttive e la creazione di nuovi posti di lavoro. Non sono azioni che si improvvisano. 

La proposta della nuova Direttiva prevede che gli edifici dovranno riuscire a raggiungere almeno la classe energetica E entro il 2030, e la D entro il 2033. Sono previste delle eccezioni, ad esempio per gli edifici di interesse storico, tutele sociali per i proprietari, con l’utilizzo del Fondo sociale per il clima e dei finanziamenti del Recovery Fund, nonché altre azioni tecniche (target ambiziosi per le pompe di calore).

La quota di emissioni di CO2 che deriva dall’uso di combustibili fossili negli edifici europei è del 19%. Per arrivare a zero nel 2050 occorre agire da subito.

Insomma, si tratta di un’azione epocale, di portata finanziaria e sociale enorme. Richiederebbe approfondimenti, un dibattito serrato su dettagli e alternative. Per ora non si vede nulla di tutto questo. Una parte della politica non se ne occupa, non sente il bisogno di sostenere pubblicamente la politica europea sul clima, di ragionare sulla sua necessità o sui miglioramenti da mettere in atto, o su come reperire le risorse per aiutare chi ne ha realmente bisogno. L’altra sceglie il solito triste linguaggio degli slogan inattivisti, in cui l’obbligo di efficientamento diventa una “patrimoniale camuffata”. E si sa quanto la destra italiana abbia la fobia della patrimoniale, della tassazione progressiva e della redistribuzione della ricchezza. 

“La casa è sacra e non si tocca”, ha detto Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera annunciando la presentazione di una risoluzione in Parlamento per chiedere al governo italiano di scongiurare l’approvazione della normativa a Bruxelles. In questi slogan c’è il riassunto di un mondo, della tossica ideologia privatistica che ha contaminato questo Paese, in cui non c’è spazio per la collettività, l’ambiente, il clima del Pianeta. Alla fine, a chi inganna con le belle parole sulle generazioni future, è preferibile l’ottusità violenta di Giuseppe Cruciani, conduttore de “La zanzara” di Radio 24, che nelle trasmissioni televisive e radiofoniche grida: “Io me ne fotto del clima”. Almeno lui è sincero.

Stefano Caserini è docente di Mitigazione dei cambiamenti climatici al Politecnico di Milano. Il suo ultimo libro è “Sex and the Climate” (peoplepub, 2022)


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