Diritti / Approfondimento
“Le autorità bulgare hanno contribuito all’assideramento di tre minori egiziani”
Il Collettivo rotte balcaniche e No name kitchen denunciano il ruolo delle autorità del Paese europeo nella terribile morte di tre adolescenti al confine con la Turchia a fine 2024. Non solo negando assistenza ai ragazzi ma anche bloccando le squadre di soccorso e sottoponendo i cooperanti a trattamenti degradanti e detenzioni arbitrarie. La punta di un iceberg di un sistema consolidato
“Ricostruendo nel dettaglio gli eventi occorsi tra il 27 e il 29 dicembre 2024 al confine tra Bulgaria e Turchia, abbiamo dimostrato come le negligenze e le violazioni delle autorità bulgare abbiano contribuito in maniera decisiva alla morte per assideramento di tre minori egiziani”.
Giovanni Marenda, attivista del Collettivo rotte balcaniche (Crb), commenta così i risultati del report “Frozen Lives”, pubblicato a metà gennaio dal collettivo di solidali italiano e No name kitchen (Nnk). In collaborazione con la Ong bulgara Mission Wings, da luglio 2023 i due gruppi gestiscono una safeline, un’operazione di ricerca e soccorso delle persone in movimento in difficoltà o in situazioni di grave rischio lungo il confine bulgaro-turco.
Un’attività che la polizia di frontiera ostacola attivamente: ostruzioni e omissioni di soccorso, trattenimenti arbitrari e repressione dei solidali, infatti, sono all’ordine del giorno. Si inseriscono in questo contesto i fatti presi in esame dall’indagine di Crb e Nnk, culminati con il recupero dei corpi senza vita di Ahmed Samra, Ahmed Elawdan e Seifalla Elbeltagy, rispettivamente 17, 16 e 15 anni.
“Nel corso delle prime ore del 27 dicembre 2024 la safeline riceve l’allerta per tre minori in pericolo di vita”, scrivono gli attivisti nelle prime pagine del documento. Secondo le coordinate indicate dal Gps i ragazzi si trovano a poca distanza l’uno dall’altro, esposti al gelo e impossibilitati a mettersi in salvo, in una zona boscosa nel Sud-Est della Bulgaria nei pressi dei villaggi di Gabar e Varshilo. Oltre all’esatta localizzazione, ai solidali vengono inoltrati due video in cui due adolescenti giacciono privi di sensi nella neve. Alle 1:35 la safeline contatta la linea di emergenza 112 riportando le gravi condizioni dei feriti, condividendo le loro coordinate Gps e richiedendo assistenza immediata. Lo farà altre due volte, alle 2:15 e alle 3:25. “Nonostante la gravità della situazione -sottolinea però il report-, le autorità bulgare non sono intervenute e hanno ostacolato i nostri sforzi per salvare la vita dei tre giovani”. Il Rescue team 1, infatti, intercettato dalla polizia di frontiera alle 2:02 -e successivamente alle 3:03-, viene costretto a fare marcia indietro
Non va meglio al Rescue team 2. In seguito a un guasto al mezzo sul quale sta viaggiando, prosegue a piedi ma viene bloccato dalla polizia di frontiera per due volte, alle 5:15 e alle 6:11. Nel secondo caso gli agenti obbligano gli attivisti a sedersi per terra, dove -rivela il report– “sono stati spogliati dei loro effetti personali e di alcuni capi d’abbigliamento”. La squadra di soccorso ha poi dovuto camminare per circa dieci chilometri affiancata da un Land Rover Defender 4×4 della polizia bulgara.
“Invece di utilizzare il loro mezzo per attraversare il fiume e fornire assistenza al ragazzo hanno preferito scortarci per tre ore”, ricorda un attivista in una delle testimonianze raccolte nel rapporto.
Il terzo tentativo di salvataggio avviene alle 17:30. Sono passate più di 12 ore dalla prima richiesta di soccorso, quando cinque membri della safeline ritornano a Varshilo e percorrono a piedi i cinque chilometri che li separano dal punto indicato dal Gps e alle 2:43 del 28 dicembre individuano il corpo senza vita del diciassettenne Ahmed Samra. Il report denuncia che “dopo aver chiamato il 112, i membri del team di soccorso sono stati interrogati dalla polizia e trattenuti all’aperto per sei ore”.
Il cadavere del secondo adolescente, Ahmed Elawdan, viene ritrovato alle 15:15 dello stesso giorno. Anche in questo caso la squadra contatta le autorità bulgare. Quando la polizia di frontiera arriva sul posto -evidenzia il rapporto di Crb e Nnk- “dopo aver ispezionato il corpo, costringe un membro della squadra di soccorso a trasportarlo due volte: una volta per allontanarlo dal sentiero dove giaceva, l’altra per metterlo nel bagagliaio del loro pick-up”. Il 29 dicembre, circa 57 ore dopo aver comunicato al 112 il punto da cui era provenuta la terza richiesta di soccorso, un’altra squadra recupera il cadavere di Seifalla Elbeltagy.
“In questo caso la polizia bulgara ha obbligato due dei nostri compagni a entrare nel bagagliaio della loro macchina, nonostante i sedili posteriori fossero liberi”, scrivono i solidali.
Mentre avveniva tutto questo, alle 2:45 del 28 dicembre, la safeline riceve un’altra richiesta di soccorso proveniente da una località nella provincia di Haskovo, un’area di confine a circa duecento chilometri a ovest di Varshilo. Qui il Rescue team soccorre altri due giovani migranti feriti e anche in questo caso -riporta l’indagine- “la polizia di frontiera ha trattenuto i nostri compagni in maniera del tutto arbitraria per 24 ore, requisendo loro telefoni e passaporti”. In questa circostanza, inoltre, un’attivista viene separata dal gruppo ed è costretta a spogliarsi davanti a due agenti. “Un’esperienza in cui mi sono sentita profondamente a disagio”, scrive la donna nel documento.
“Le negligenze e gli abusi delle autorità bulgare -precisano Crb e Nnk nella seconda parte di Frozen Lives- da un lato contraddicono i trattati fondanti dell’Unione europea e la legislazione sui diritti umani che stabilisce i criteri minimi di dignità e protezione individuale e dall’altro reprime con brutalità persone in movimento e attivisti”.
Va ricordato che la Bulgaria, entrata nell’area Schengen a metà dicembre, aderisce, tra gli altri, alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu) e alla Convenzione sui diritti del fanciullo (Crc). Peccato però che, come mostra il rapporto, tra il 27 e il 29 dicembre le autorità bulgare abbiano agito a più riprese in spregio dei diversi quadri legislativi dell’Unione europea a tutela dei diritti delle persone in movimento
“Innanzitutto è venuta meno la tutela del diritto alla vita dei tre minori, che, come stabilito dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, prevede l’obbligo positivo di ‛fornire servizi di emergenza e deve essere rispettato anche durante le operazioni di salvataggio dei migranti’”, riprende Marenda.
In materia di protezione dei minori, inoltre, le autorità bulgare hanno violato l’articolo 24 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che sancisce “diritto alla protezione per i bambini e alle cure necessarie per il loro benessere”. Stessa cosa per quanto riguarda l’obbligo di assistenza, misura prevista anche dalla legislazione nazionale. Come ricorda il report, infatti, “l’articolo 141 del Codice penale bulgaro stabilisce che ‛gli operatori sanitari, dopo essere stati invitati, hanno l’obbligo legale di prestare assistenza a una persona malata’”. Il documento sottolinea poi come data “l’incapacità di aiutare i minori e l’ostruzione delle missioni di salvataggio”, e violando gli articoli 3, 20, 22 e 24 della Convenzione Onu sui diritti del fanciullo, “polizia di frontiera e unità di emergenza si sono macchiate del reato di omissione e ostruzione di soccorso”. Di detenzione arbitraria e trattamento inumano e degradante sono stati invece vittime i membri della safeline.
“Quello che è accaduto a fine dicembre è solo la punta dell’iceberg di un sistema consolidato”, afferma Marenda. Da luglio 2024 a gennaio 2025, infatti, le richieste di soccorso pervenute alla safeline sono state 96 per un totale di 589 persone in pericolo. Dall’inizio dell’attività di ricerca e soccorso sono nove i corpi senza vita recuperati, “ma probabilmente sono solo una parte di quelli abbandonati al loro destino dalle autorità e mai ritrovati”, evidenzia l’attivista.
Come raccontato da Altreconomia, inoltre, da tempo persone in movimento, attivisti e organizzazioni umanitarie denunciano gli abusi e i respingimenti illegali da parte delle forze di frontiera bulgare. “Solo nel 2023 -ricorda il report– il ministero degli interni bulgaro sostiene di aver impedito 178.200 attraversamenti illegali del confine, un eufemismo per indicare i violenti respingimenti illegali”.
Con la collaborazione di alcuni parlamentari europei, Crb e Nnk intendono sottoporre il contenuto dell’indagine all’attenzione della Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (Libe) e hanno presentato un’interrogazione alla Commissione europea per chiarire i fatti descritti dal rapporto. “Ci appelliamo alle istituzioni europee, anche se non ci facciamo troppe illusioni -conclude Marenda-. Basta guardare il nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo per capire che purtroppo quanto avviene al confine tra Bulgaria e Turchia non rappresenta il fallimento delle politiche europee, ma la loro piena attuazione”.
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