Diritti
Le armi: un investimento negativo
Uno studio approfondito che intende fornire dati certi (sulla scorta di diversi anni di ricerca) del comparto militare e dei conflitti, rafforzando le basi di un vero disarmo. Nel percorso viene dimostrato come la spesa militare sia enormemente gonfiata non tanto e non solo in termini assoluti ma soprattutto a riguardo delle reali esigenze e dei reali vantaggi (diplomatici, di sicurezza) che produce.
In coda a questa breve introduzione, potrete trovare le raccomandazioni che vanno a concludere un approfondito lavoro di ricerca che alcuni esperti della Rete Italiana per il Disarmo (coordinati dal sottoscritto – www.disarmo.org) hanno svolto nell’ambito dell’iniziativa Science for Peace (www.scienceforpeace.it) lanciata dalla Fondazione Umberto Veronesi. Questo movimento si propone di ricercare soluzioni scientifiche e concrete per la costruzione della Pace ed è protagonista di un appuntamento di livello internazionale che ogni anno fa ritrovare a Milano esperti ed analisti di tematiche legate a scienza e Pace. Rete Disarmo ne è partner fin dal principio collaborando in particolare alle sezioni dedicate al controllo degli armamenti ed all’economia di Pace (contrapposta a quella armata e di guerra)
Proprio nel corso della terza "Conferenza mondiale" è stato presentato lo studio che è possibile scaricare a lato e che raccoglie contributi anche di Chiara Bonaiuti (IRES Toscana), Giorgio Beretta (Unimondo e Rete Disarmo) e Francesco Mancuso (Università di Pisa – Scienze per la Pace).
In questo lavoro si parla di spese militari, mettendo in fila analiticamente i numeri reali, della legislazione italiana ed europea sul controllo del commercio di armi e dell’impatto reale di tale comparto economico sul nostro paese e sull’Europa. Infine si cerca di stabilire, con esempi ma soprattutto studi ed analisi, la non convenienza dell’investimento "armato" a fronte di vantaggi molto più importanti e concreti che la società e l’economia avrebbero da scelte di spesa (soprattutto pubblica) indirizzate al civile.
Di seguito vengono riportate, alla luce dei risultati di ricerca ed approfondimento esposti nel corso di tutte le sezioni di questo lavoro, alcune raccomandazioni di natura politico–istituzionale e alcune piste di lavoro per campagne e movimenti di opinione sui temi affrontati. Una serie di schede tematiche puntuali verrà poi diffusa per rendere ancora più accessibili le analisi dello studio.
Ciascuno dei punti sottostanti, che divengono anche patrimonio comune dell’esperienza di Science for Peace e quindi ne arricchiscono il percorso e la specificità nelle proposte, è direttamente collegato agli ambiti tematici riportati nelle conclusioni appena esposte di questa ricerca. Con l’ovvio obiettivo di creare una efficace e positiva continuità, oltre che una migliore facilità di lettura, tra quanto è stato approfondito in sede di analisi e gli spunti di azione e di possibili scelte politiche ed economiche che ne derivano.
Le spese militari: una scelta scellerata
1. Per i bilanci della Difesa: restituire loro trasparenza, riportando al suo interno spese relative alle missioni, ai sistemi d’arma e altre collocate all’esterno e abrogando quindi tutte le norme e procedure che apportano fondi al settore della difesa al di fuori del bilancio ufficiale. Per l’Italia si traduce nell’eliminazione di tutte le disposizioni che consentono al Ministero dell’Economia e delle Finanze ed al Dicastero dello Sviluppo Economico di apportare fondi extra bilancio al settore della difesa.
2. Lo strumento militare: ridurlo di almeno 50.000 unità, avviando un pre–pensionamento per quelle figure vicine all’età pensionabile e prevedere per le altre la possibilità di transitare, dopo una adeguata formazione, nelle forze di polizia o nella Protezione Civile; rendere il numero dei vertici e dei comandanti proporzionale alle truppe comandate; la razionalizzazione delle spese per il personale militare dovrebbe comportare un avvicinamento alla soglia ottimale della ripartizione spendendo il 50% dei fondi per il personale ed il restante 50% per l’esercizio e l’investimento
3. Le acquisizioni dei Sistemi d’Arma: stipulare contratti per l’acquisto dei sistemi d’arma confacenti alle reali posizioni geo–strategiche del nostro Stato (per l’Italia ciò si traduce in particolare nella cancellazione della commessa per l’F–35 JSF, un caccia del tutto anomalo per il ruolo giocato dal nostro Paese a livello internazionale e dal costo insostenibile per le attuali casse statali). Stipulare gli accordi con le società che permettono di avere il sistema d’arma migliore al costo minore e quindi abbandonare la logica di rivolgersi sempre e comunque all’industria bellica nazionale. Inoltre con la razionalizzazione delle strutture delle Forze armate si potrebbe attuare un’integrazione più stretta tra Arma e Arma che permetta di ridurre gli oneri nel settore logistico e del personale; oggi se abbiamo 9 elicotteri, 3 per arma, abbiamo 3 contratti di manutenzione, è evidente che un unico contratto costerebbe meno
4. Disarmo conveniente: i dati mostrati nell’ultima parte del nostro lavoro chiariscono come la scelta di disarmo sia non solo giusta eticamente ma anche di convenienza economica, potendo stimolare nuovi posti di lavoro e un requilibrio sociale che vanno quindi in questo modo perseguiti
L’importanza dei dati sul commercio di armi per conoscere la destinazione delle armi
1. Apertura del mercato della Difesa: per razionalizzare la spesa e ridurre i costi dei sistemi d’arma bisogna “normalizzare” il mercato della difesa. In altre parole bisogna aprire il mercato alla concorrenza, solo così si potranno abbattere i costi di produzione e rendere più efficiente il mercato.
2. Abbandono delle misure protezionistiche: gli Stati occidentali o del Nord del Mondo devono abbandonare le misure protezionistiche a favore della propria industria militare. Se non lo faranno il rischio è di risvegliarsi un giorno con un’industria civile non più in grado di reggere la concorrenza straniera. A tal proposito si vedano gli effetti che l’economia di guerra permanente ha prodotto negli USA.
3. Controllo delle destinazioni degli armamenti: rafforzare le procedure tecniche e giuridiche sulla destinazione ed uso finale di armi e sistemi d’arma, in particolar modo a riguardo del processo di autorizzazione e certificazione
Gli effetti positivi della legislazione italiana sulle armi, come traccia di lavoro per il futuro
1. Miglioramento dei controlli e della legislazione sugli armamenti: promuovere con nuovi testi legislativi –sia a livello italiano che Europeo – la trasparenza nei dati e dettagli di questo commercio, rafforzando nel contempo i poteri di indirizzo e controllo dei Parlamenti italiano ed europeo,
2. Implementazione di scelte di tracciabilità: favorire dei percorsi giuridici e tecnici volti al miglioramento della tracciabilità del materiale di armamento all’interno dei confini Europei, con un parallelo rafforzamento dei controlli di natura logistica, tecnica, fiscale.
3. La strada verso un trattato internazionale sui trasferimenti di armi: richiedere al Governo italiano un impegno forte e concreto verso la stesura e la ratifica/implementazione di un Trattato internazionale che fissi regole certe sul controllo del commercio di armi; la grande esperienza e gli alti standard raggiunti in tal senso dalla legislazione italiana dovrebbero fungere da stimolo ed esempio anche a libello internazionale
4. Investimenti per il futuro: richiedere a Governi ed Enti Locali una maggiore spinta all’investimento sulle ricerche legate al mondo del disarmo e della Pace, sia con l’implementazione di centri studio appositi sia con la destinazione di risorse verso una risoluzione non armata dei conflitti
Promuovere un’economia disarmata e di Pace
1. La strada verso i corpi civili di pace: promuovere centri di studio strategico e politico d’intervento nelle aree di crisi (interne ed esterne) basati non sul vecchio e superato modello d’intervento solo militare ma sull’utilizzo della forza in senso contenitivo e che diano invece spazio a progetti alternativi
2. Riconversione dell’industria militare: non si tratta di un processo impossibile da intraprendere. In Italia abbiamo un ottimo esempio di riconversione dalla produzione militare a quella civile, si tratta della Valsella, impresa che negli anni ’80 era produttrice di mine antiuomo e che sfruttando i fondi del programma europeo Konver si è riconvertita con successo alla produzione civile. affinché si avvii questo processo si ha bisogno di una politica seria, di un programma imprenditoriale certo e di una grande volontà che spesso manca.
L’indice completo della ricerca (che è scaricabile a lato)
Parte prima. Chi spende per le armi
1. Le spese militari nel mondo
2. Armi e bagagli
Parte seconda. Chi produce e chi vende
1. Un sistema bloccato
2. Chi controlla le armi
3. Un mercato in mano ai più forti
4. Il ruolo dell’Italia nella produzione e vendita di armi
Parte terza. Chi compra le armi
1. Dove finiscono le armi nel mondo
2. L’ipoteca delle armi
Parte quarta. I quadri normativi di riferimento
1. La legge italiana sull’export di armi: a vent’anni da una pietra miliare
2. Il quadro europeo di riferimento normativo: le politiche sull’export di armi dell’Unione
3. La dimensione economica e industriale delle politiche di esportazione europee
Parte quinta. Cosa si potrebbe fare
1. Economia di Pace
2. Il disarmo conveniente
Conclusioni e raccomandazioni
1. Conclusioni tematiche
2. Raccomandazioni e piste di lavoro
Bibliografia – Gli autori