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L’azione nonviolenta come antidoto all’automatismo della guerra

© svend-nielsen - Unsplash

Le ricerche sull’escalation nucleare mostrano come i conflitti nascano da azioni volontarie per poi aggravarsi, sfuggendo ai controlli dei governi. Per vincere questo perverso meccanismo è necessario contribuire in ogni modo alla pace. Le idee eretiche di Roberto Mancini dal nuovo numero di Altreconomia

Tratto da Altreconomia 270 — Maggio 2024

Fare subito tutto quello che possiamo per la pace. Senza esitare né rassegnarsi. È l’imperativo pratico a cui ognuno deve aderire. Finora ci siamo trovati presi tra una specie di paralisi politica e gli automatismi del male organizzato. In questa strettoia i popoli e tutti i viventi sono prigionieri della stessa spirale di guerra globale.

Guerra tra le nazioni, guerra alla natura. Capire veramente la situazione significa trovare le ragioni e i modi per sventare la catastrofe. Le analisi puramente descrittive, che alla fine ci convincono di come le sorti del mondo siano compromesse e perciò inducono alla rassegnazione, sono stupide. Si comprende meglio agendo. E vedere realmente significa vedere la luce, senza per questo ignorare l’oscurità. Anzi se vediamo, sappiamo anche guardare attentamente nel buio che ci avvolge sino a cogliere le cose che nasconde senza permettere che esso ci invada il cuore e la ragione.

Perciò è necessario rendersi conto del pericolo di distruzione che incombe, individuando le azioni da realizzare per scongiurarlo. L’avversario da battere non è, come sembra, solo la malvagità dei potenti, ma la fatalità impersonale a cui ci stiamo consegnando per colpa di costoro, che davvero “non sanno quello che fanno”. Negli studi sull’escalation nucleare (istruttivo è il saggio “Escalation involontaria nell’era delle macchine intelligenti: un nuovo modello per il rischio nucleare nell’era digitale” pubblicato nel 2022 da James Johnson sulla rivista European journal of international security, pagine 337-359) viene evidenziato il pericolo di essere vittime di un meccanismo più grande di noi, anche di chi lo ha innescato e crede di pilotarlo.

La corsa non solo agli armamenti, ma alla guerra nucleare globale è infatti un processo non improbabile, che inizia con atti consapevoli, voluti da parte dei governi coinvolti, e poi tende a proseguire con un crescente automatismo che sfugge al loro stesso controllo. Il ricorso dei militari all’intelligenza artificiale aumenta il pericolo di trovarsi su una china inarrestabile. Si paventa così un’escalation involontaria che può scaturire dalla micidiale miscela tra la totale determinazione aggressiva dei governanti delle nazioni coinvolte, l’interesse dei produttori di armi, l’entusiasmo bellico dei nazionalisti e dei fanatici, la rimozione collettiva del pericolo da parte della gente comune e gli automatismi dettati dall’intelligenza artificiale. Non si tratta solo di eventuali incidenti tecnici, ma dell’escalation psicologica e percettiva nel valutare le mosse degli attori in campo.

L’inerzia di tante brave persone fa sembrare invincibile l’azione di quanti sono assetati di potere e di odio. Per contrastare questa situazione ogni contributo alla pace e ogni gesto nonviolento sono fondamentali

Se il diavolo esistesse sarebbe molto compiaciuto di questo capolavoro di perversione. Ma, come in un racconto di Isaac Singer oppure di Aleksander Wat, anche se esiste è disoccupato perché gli uomini fanno già fin troppo per causare il male. In questa situazione non se ne può più di sentire quanti dicono che tanto non si può fare niente, perché la natura umana è e sarà sempre malvagia. È vero il contrario: l’inerzia di tante brave persone fa sembrare invincibile l’azione degli assetati di potere e di odio.

Dobbiamo intervenire velocemente con ogni parola, gesto, comportamento, proposta e pressione che possiamo mettere in atto. Ovunque. Nel nostro mondo quotidiano, nel lavoro, sulle piazze, negli organi di stampa, sui social network, con la partecipazione politica e con il voto (vista la scadenza di elezioni amministrative ed europee), nelle istituzioni. Non è più tempo di seguire i soliti schemi di comportamento, di ripiegamento nel privato e neppure di “voto utile”. Bisogna decidersi a fare qualcosa che sia, per quanto piccolo, un contributo concreto alla pace. Lo schema bellico della contrapposizione finalizzata alla vittoria sull’altro rovina tutti i tipi di relazione, da quelli interpersonali a quelli tra i popoli, da quelli tra parti sociali a quelli tra i governi. Chi esce da questo schema, iniziando a vivere in modo nonviolento e ospitale, anche e proprio quando deve sostenere un contrasto, sta aiutando il mondo ad avere un futuro.

Roberto Mancini insegna Filosofia teoretica all’Università di Macerata; il suo libro più recente è “Oltre la guerra” (Effatà edizioni, 2023) scritto con Brunetto Salvarani

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