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L’autunno caldo dell’acqua pubblica

Ad Arezzo e a Torino i cittadini chiedono la ri-pubblicizzazione; a Padova (e in tutto il Nord-est) si manifesta contro la fusione tra due utility quotate in Borsa. Le prime "tappe" delle mobilitazioni del movimento che chiede il rispetto del voto espresso il 12 e 13 giugno da 27 milioni di cittadini italiani

L’autunno caldo dell’acqua pubblica è iniziato: sabato 22 settembre per le vie di Arezzo è andata in scena una manifestazione nazionale, convocata dal locale Comitato acqua pubblica ma con la partecipazione di delegazioni provenienti dalla Toscana (Siena, Firenze, Prato, Pistoia, Grosseto) e anche da fuori regione (Perugia, Padova, Vercelli). Nella città simbolo della privatizzazione delle società di gestione del servizio idrico integrato, per aver aperto le porte ai capitali francesi già alla fine degli anni Novanta, si è sfilato dietro le insegne “Il mio voto va rispettato”, chiedendo l’applicazione del voto referendario. Prima della manifestazione, il Comitato aretino aveva diffuso una piattaforma   in 13 punti. Il primo riguarda la (prossima) nomina dei membri di parte pubblica del consiglio d’amministrazione di Nuove Acque, previsto in questa settimana: chiediamo -spiega il Comitato acqua pubblica di Arezzo- che “venga dato il chiaro e pubblico mandato vincolante di ripubblicizzare il servizio idrico aretino”. Insieme a rischieste molto concrete: “Far realizzare i depuratori solo quando Nuove Acque è in grado di garantire l’allaccio effettivo delle fognature esistenti; altrimenti avremo delle inutili cattedrali buone solo per le inaugurazioni e le statistiche ma non per migliorare la qualità ambientale; fare in modo che ci sia l’assoggettamento a canone di depurazione solo dal momento in cui i cittadini sono effettivamente allacciati al depuratore e non da quando il depuratore viene pensato da Nuove Acque; aprire un contenzioso con il soggetto privato per il palese illegittimo ingresso di Acea all’interno di Nuove Acque. Ciò permetterà di ripubblicizzare il servizio idrico aretino senza costi a carico dei cittadini ed anzi richiedendo il risarcimento danni ai soggetti privati per violazione delle condizioni contrattuali”.

Da Arezzo a Padova, dove nel pomeriggio di lunedì 24 settembre si è tenuto corso il consiglio comunale che dovrebbe decidere la fusione tra la ex municipalizzata patavina (Acegas-Aps, qotata in Borsa) e la utility emiliano-romagnola Hera, che pure è quotata in Borsa. Un matrimonio benedetto da Cassa depositi e prestiti, che farà parte della compagine azionaria del nuovo soggetto tramite Fondo strategico italiano, che ha deliberato un investimento fino a 100 milioni di euro. “Ci siamo dati appuntamento a Padova alle ore 18.00 e a Trieste alle ore 19.00 per i rispettivi consigli comunali” scrive il Comitato acqua bene comune di Padova. Che nei giorni scorsi aveva diffuso un appello:
“In questi giorni si stanno prendendo decisioni importanti per il presente ed il futuro della nostra comunità. La fusione Acegas Aps-Hera riguarda, infatti, il complesso dei beni e servizi (acqua, rifiuti etc.) che hanno una forte ricaduta sulle condizioni materiali di vita di tutti noi. Si tratta di un’operazione fatta con metodo tutto verticista e chiuso nelle stanze dei poteri economici, perfettamente coerente con l’assunto dominante: i ‘mercati’ dettano la linea politica ai governi esattamente come i Consigli di amministrazione decidono al posto dei Consigli comunali e dei cittadini, considerati semplici fruitori-utenti di beni e servizi sui quali non avranno nessuna possibilità di decisione e di controllo”. Lo stesso appello, rivolto ai consiglieri comunali, chiede “che venga proposta ed approvata una mozione di sospensione della votazione per avviare in città la più ampia consultazione dei cittadini in tutte le forme, anche attraverso il referendum consultivo. Se si andrà comunque al voto chiediamo che ci sia il voto contrario alla fusione, come richiesto dai Comitati in tutte le città coinvolte nell’operazione”. Di senso contrario il punto di vista espresso dal sindaco di Padova Flavio Zanonato (Pd), che in un intervento pubblicato domenica 23 settembre sul Corriere del Veneto prova ad elencare i punti che renderebbero l’operazione “utile” per la città che amministra:

“1. Con l’operazione rispetteremo alla lettera la volontà dei cittadini italiani, evitando il rischio di perdere il controllo dei servizi pubblici e quindi di vanificare una battaglia referendaria che ha trovato il consenso anche della maggioranza degli elettori padovani. 2. Padova conterà di più, perché opererà in un contesto molto più ampio dell’attuale. Decine di Comuni dell’Emilia e delle Marche (in tutto oltre 180) si uniranno a noi e a Trieste per diventare più forti, creare la ventesima azienda per dimensione a livello nazionale, tener testa alle imprese private, difendere gli interessi delle comunità locali. 3 AcegasAps continuerà ad esistere come società, con la sua sede legale a Trieste e le attuali sedi di Padova. Sarà di proprietà di Hera ma, con il concambio al 18% (che siamo riusciti ad ottenere con una trattativa ben condotta), dopo Bologna e Modena diventeremo il terzo aggregato del gruppo e quindi avremo molta voce in capitolo”.

Alla fine, "la fusione è passata con 23 voti a favore e 15 contrari (tra cui Daniela Ruffini di Rifondazione, l’unica del centro sinistra) e un astenuto (pare Pisani del Pd) in un’aula ormai deserta, dopo che la contestazione aveva portato alla sospensione della seduta" secondo la cronaca di GlobalProject, che ha seguito in diretta tutta la seduta.

Dal Nord-est al Nord-ovest, dove a Torino -martedì 25 settembre- è arrivata in consiglio comunale la delibera d’iniziativa popolare per la ri-pubblicizzazione di Smat, cioè la società per azioni, a totale controllo pubblico, che gestisce il servizio idrico integrato nell’Ambito territoriale ottimale torinese. L’hanno firmata oltre 12mila cittadini torinese. Se la delibera venisse approvata, nella forma proposta dal Comitato, la società sarebbe trasformata in azienda speciale consortile di diritto pubblico (di cui avevamo dato conto sul numero di giugno 2012 di Altreconomia).

(Aggiornato il 25 settembre alle 8.21)

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