Diritti / Attualità
L’Athletic Brighela, lo striscione dopo Cutro e quell’idea praticata di sport popolare
Solidarietà, aggregazione, autodeterminazione, uguaglianza. E la cultura del tifo come parte integrante dell’associazione. Abbiamo incontrato la “squadra” di Bergamo che da sempre unisce sport e impegno sociale. Dopo il clamore mediatico i suoi membri vogliono tenere alta l’attenzione sui temi dei diritti, delle migrazioni e dell’accoglienza
“Siamo un po’ stanchi, ma felici”. Bastano poche parole a Dano, Massi e Gigi per descrivere il loro stato d’animo alla fine di settimane intense per la loro piccola associazione sportiva di provincia. L’Athletic Brighela Asd di Bergamo, che da sempre unisce sport e impegno sociale, è finita recentemente al centro dell’attenzione mediatica a causa di una manifestazione di solidarietà che ha provocato una dura reazione da parte delle istituzioni calcistiche. Per conoscerli meglio siamo andati a incontrarli prima della loro trasferta a Milano per un torneo organizzato da Open Milano, squadra sensibile alla questione delle discriminazioni di identità di genere e orientamento sessuale.
Ripartiamo dai fatti. Il 5 marzo, in occasione di una partita del campionato di terza categoria bergamasca, l’Athletic Brighela scende in campo con lo striscione “Cimitero Mediterraneo. Basta morti in mare”, richiamandosi -e ribellandosi- alla strage di Cutro. D’accordo con gli avversari ma senza l’approvazione dell’arbitro. Il Giudice sportivo ha sanzionato la squadra con una squalifica a capitano e allenatore e una multa di 550 euro. Informando sui propri canali social su quanto subìto, la squadra è stata inondata in poco tempo di messaggi solidali da tutto il mondo. Tra i tanti gesti, l’offerta di pagare la multa e addirittura un appello a convocare un loro giocatore in nazionale. Qualcuno ha anche replicato il gesto in segno di solidarietà: a Torino, ad esempio, la Franceschina, che milita in Terza categoria, prima della partita del 12 marzo contro la “Dora” ha esposto uno striscione con un testo simile.
“L’arbitro in fin dei conti ha applicato il regolamento (che non prevede striscioni in campo se non autorizzati, ndr) –riprendono i giocatori- ma non ci aspettavamo una sanzione così dura. L’intento era di lanciare un messaggio che crediamo fosse condivisibile e per nulla provocatorio”. Circa un anno fa, durante un’altra partita, l’Athletic Brighela espose uno striscione con la scritta “No War” in relazione alla guerra in Ucraina, ma nonostante anche in quel caso non ci fosse l’autorizzazione dell’arbitro non fu comminata alcuna penalizzazione. “Forse la differenza tra i due casi l’ha fatta un arbitro più o meno fiscale, ma non potevamo non reagire di fronte a quella che rimane un’ingiustizia”. Dopo aver discusso il da farsi, l’associazione ha lanciato una raccolta fondi a favore di Resq People saving people e Mediterranea saving humans.
La campagna ha già raccolto 5mila euro e il 19 marzo è arrivata un’altra notizia positiva: il ricorso contro le sanzioni è stato quasi totalmente accolto, con la multa ridotta a 50 euro e la squalifica del capitano annullata, mentre quella per il mister è rimasta. “Siamo tutti lavoratori e lavoratrici con una vita privata, non abituati a gestire un’attenzione mediatica così grande. Al tempo stesso abbiamo vissuto questa situazione come uno ‘stress test’ per capire come potessimo reagire come gruppo. Tutta questa disponibilità a donare ci ha fatto sentire la responsabilità di fare da imbuto per tenere alta l’attenzione sul tema delle migrazioni e dell’accoglienza, di cui si parla poco e male”.
La storia dell’Athletic Brighela va oltre i fatti recenti, e per capirla bisogna partire dall’idea di sport popolare, di cui “non siamo in grado di dare una definizione corretta, ma che cerchiamo di mettere in pratica con i valori in cui crediamo”. Alla base di tutto ci sono la solidarietà, l’aggregazione, l’autodeterminazione, il volontariato e l’uguaglianza, e soprattutto la cultura del tifo come parte integrante dell’associazione stessa. Rispetto ai modelli “classici” delle società di calcio, che prevede uno o più proprietari e una struttura verticistica, il Bighela si regge sull’azionariato popolare, ovvero una modalità di autofinanziamento per cui chiunque si tesseri con una quota libera può partecipare alla vita dell’associazione.
È insomma un’idea di sport dalla funzione educativa, popolare, sociale e culturale, che nasce qualche anno fa a partire da un’altra realtà esistente, la squadra Bergamo Antifa United (Bau) e il dialogo con altre squadre locali legate a rivendicazioni sociali. Dopo diversi esperimenti, tra cui Bergamo Rebelde, una rete attraverso la quale sono stati organizzati diversi tornei di solidarietà, “abbiamo deciso di creare un’associazione sportiva che potesse far parte dei campionati ufficiali per portare avanti le nostre idee. Perché è anche dalla provincia che nascono tutte le contraddizioni che vediamo poi nei campi di Serie A, come violenza, razzismo e l’idea dello sport solo per competizione e profitto”. Stabilito lo statuto, l’Athletic Brighela è nata due anni fa rifacendosi alla maschera bergamasca che nella cultura popolare è vista come quella che risolve le questioni non in maniera sempre ordinaria, un po’ vivace e attaccabrighe. Oltre alla squadra di calcio a 11, l’associazione gestisce anche una squadra di calcio a sette, il Bau, e un club ciclistico, il Brighela Velo Club.
Il sogno è di diventare una polisportiva, “un luogo dove diffondere la cultura dello sport popolare, abbracciando anche altri sport e a partire dai più piccoli, che nelle squadre di provincia non sempre sono formati da personale preparato a educare. Il nostro è un percorso di crescita, un laboratorio di idee dove immaginare un mondo diverso e tramite il quale praticare dei messaggi positivi”.
In linea con questo spirito, l’Athletic rifiuta anche la logica della proprietà del cartellino, alla base dell’economia del calcio, ma che nelle realtà minori rappresenta un limite alla libera scelta dei calciatori. “La nostra è un’associazione aperta a tutti coloro che aderiscono ai nostri valori e ne vogliono far parte tesserandosi, ma da cui si può anche uscire liberamente. Come dice il nostro coro finale, ‘Brighela siamo tutti’, quando parte un abbraccio virtuale tra giocatori e tifosi”. Diversità, libertà e inclusione sono altri caratteri essenziali dell’associazione, rifiutandone però quegli aspetti paternalistici per cui le persone “diverse” devono emergere nello sport per essere riconosciute nella società. “Ne discutiamo spesso in assemblea, per noi inclusione significa che tutti partano dagli stessi diritti e condizioni”.
Dopo l’esposizione mediatica vissuta, oltre alla raccolta fondi a favore delle attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo che sarà aperta per ancora un mese, ai membri dell’Athletic Brighela resta un solo desiderio. “Seguiteci sui nostri canali social, contattateci o unitevi a noi. Dai giocatori in campo o in bici alla comunicazione e l’amministrazione, ma anche l’organizzazione di cene solidali o sugli spalti, c’è sempre bisogno di una mano”.
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