Altre Economie
L’area protetta diventa un’oasi di biodiversità
Dal 2013, una neonata società agricola semina grani antichi all’interno del Parco costiero della Sterpaia. Un progetto di filiera cui collaborano Comuni, ente parco, università —
"Ci sono voluti anni per seminare il primo chicco di grano alla Sterpaia”, racconta Federico Beconi, presidente di Val di Cornia Bio. A luglio 2013, però, c’è stata la prima mietitura all’interno dell’omonimo Parco costiero, uno dei dieci che fanno parte del sistema dei Parchi della Val di Cornia (www.parchivaldicornia.it). E adesso si andrà avanti: da un campo sperimentale di 4 ettari, che sono stati dedicati l’anno scorso ai grani antichi, si passerà a un’area di 20 ettari, coltivati secondo i principi dell’agricoltura biologica.
“Il nostro è un sistema di aree protette, abbiamo la certificazione EMAS, e vorremmo poter migliorare la qualità ambientale all’interno dell’area -spiega Luca Sbrilli, presidente della società Parchi della Val di Cornia spa-. Nella nostra concezione, il parco deve far da stimolo per la costruzione di una nuova economia”.
Per raggiungere questo obiettivo strategico, è fondamentale per Sbrilli la collaborazione con il mondo agricolo. Per questo “la Parchi”, come la chiamano qui, nel giugno del 2012 ha firmato un protocollo d’intesa con alcuni dei Comuni soci (Piombino, Campiglia Marittima, Suvereto, San Vincenzo), la Provincia di Livorno, l’Università di Firenze, l’associazione Val di Cornia Bio e il Coordinamento toscano dei produttori biologici, mettendo a disposizione una parte del Parco costiero della Sterpaia “e anche gli operai, che hanno realizzato la prima semina, utilizzando la nostra granella” racconta Federico Beconi.
La prima evoluzione del progetto, ad agosto, è stata la nascita della società agricola semplice “Progetto Sterpaia”, che ha 10 soci: “Oltre la metà sono agricoltori, soci dell’associazione Val di Cornia Bio, solo due cerealicoltori, poi c’è il presidente di Legambiente Val di Cornia, Claudio Pozzi, di Wwoof Italia, e un ristoratore di Suvereto” spiega Federico. Dall’autunno, l’attività alla Sterpaia si trasformerà da “sperimentale” ad agricola, e i venti ettari a disposizione (“18, netti” dice Federico) verranno suddivisi in tre parti uguali, dedicate ai cereali (“due grani teneri e due duri” spiega ancora), a leguminose (“s’inizia con la lenticchia”) e ad erbe mediche (“dove quest’anno c’erano il grano verrà messo il trifoglio alessandrino” chiosa Federico), assicurando così la rotazione necessaria per la produzione biologica.
Il raccolto del 2013, intanto, è stoccato “in tini di cemento che ci hanno regalato -racconta il presidente di Val di Cornia Bio, mielicoltore-: una parte dei semi ci serviranno per la risemina dell’anno prossimo”. Per lavorare il resto, c’è ancora da mettere in piedi la filiera: “Non avevamo l’ambizione di risolvere tutti i problemi quest’anno. Ad esempio, non ci sono mulini a pietra in questa zona, tranne uno in Val Piana, nella zona di Follonica, ma necessita di alcuni investimenti. Inoltre, questi grani -che sono vivi, c’è il germe, ci sono i grassi- devono essere macinati ‘pronti all’uso’, non possiamo lasciarli per anni sullo scaffale”. A San Vincenzo, invece, c’è un pastificio artigianale, quello da cui già si serve Stefano Pazzagli (vedi a p. 36), “ma non è certificato, e a meno di non garantire loro di saturare la capacità produttiva grazie alla nostra filiera difficilmente lo farà” spiega Federico. “Con questi venti ettari -aggiunge- non garantiremo mai un reddito ai dieci soci, ma a muovere il progetto è stata la passione per i cereali antichi”. Il “protocollo” firmato con Parchi della Val di Cornia, però, prevede anche la (futura) commercializzazione di prodotti trasformati, e l’obbligo di inserire sulle confezioni il logo della società: “È senz’altro un’ottima cassa di risonanza per tutto il territorio”, spiega Federico, cui fa eco Luca Sbrilli, presidente della Parchi: “La visibilità del progetto potrebbe portare anche aziende adiacenti, al di fuori dei confini dei parchi, verso produzioni di alta qualità e a basso impatto ambientale”. Un segno più per tutto il territorio. —