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L’appello degli accademici italiani per il cessate il fuoco a Gaza, per la pace e la giustizia

© Gayatri Malhotra - Unsplash

Sono già oltre tremila gli accademici e le accademiche italiane che hanno aderito all’appello inviato al ministro degli Esteri, alla ministra dell’Università e alla Conferenza dei rettori delle università, per chiedere un’azione urgente per un cessate il fuoco immediato nella Striscia e il rispetto del diritto umanitario internazionale

In pochi giorni sono già oltre tremila gli accademici e le accademiche italiane che hanno aderito all’appello inviato al ministro degli Esteri, Antonio Tajani, alla ministra dell’Università e della ricerca, Anna Maria Bernini, e alla Conferenza dei rettori delle università italiane (Crui), per chiedere un’azione urgente per un cessate il fuoco immediato nella Striscia di Gaza e il rispetto del diritto umanitario internazionale. “In quanto membri delle comunità accademiche italiane, scriviamo questa lettera in nome della pace e della giustizia. Riteniamo sia nostro dovere individuale, comunitario e accademico, dissociarsi dalle posizioni finora intraprese dal governo del nostro Paese -si legge nell’appello- e assumerci la responsabilità di azioni e richieste per contrastare il crescente livello di violenza al quale stiamo assistendo impotenti”.

A Tajani chiedono di mobilitarsi “per sostenere un immediato cessate il fuoco, la fornitura di aiuti umanitari e la protezione delle Nazioni Unite per l’intera popolazione palestinese”. A Bernini di amplificare le loro voci e richieste, “ricordando la missione centrale delle istituzioni accademiche, rivolta alla produzione di conoscenza e al rispetto dei diritti umani”.

Fonte: Nazioni Unite, OCHA, 2023

Una prima petizione è nata all’interno dell’Università di Bologna, dove alcuni docenti, tra cui Pierluigi Musarò, professore di Sociologia dei processi culturali, hanno scritto una lettera aperta al rettore: “In poco tempo abbiamo raccolto 600 firme e abbiamo fatto girare la petizione, per moltiplicare le iniziative. In parallelo è nato così l’appello inviato ai ministri”, che, a differenza del rettore di Bologna, al momento non hanno risposto.

Nel documento nazionale, citando fonti come Amnesty International, i docenti e i ricercatori parlano apertamente di apartheid. Di più: “Ancora una volta, ci sentiamo atterriti e angosciati dal genocidio che sta accadendo a Gaza”, scrivono. Condannano le “brutali azioni perpetrate da Hamas il 7 ottobre 2023”, ma anche i “massicci e indiscriminati bombardamenti condotti dall’esercito israeliano contro la popolazione della Striscia di Gaza, che si configura come una punizione collettiva contro la popolazione inerme e imprigionata”. Sottolineano come “questa situazione ha reso ancora più grave e urgente la crisi sanitaria e umanitaria all’interno della Striscia di Gaza, già al collasso ben prima del 7 ottobre 2023, per via dei 16 anni di quasi totale embargo e assedio illegale imposto dall’esercito israeliano”.

Citano dati, fonti e dichiarazioni di autorevoli organismi internazionali, ricordando come l’escalation stia riguardando anche la Cisgiordania, con violenze, aggressioni quotidiane ai danni dei cittadini palestinesi, centinaia di vittime ed espulsioni di intere famiglie da case e terre.

Fonte: Nazioni Unite, OCHA, 2023

Tutto questo “costituisce un’evidente violazione del diritto internazionale e della Convenzione di Ginevra”, scrivono ancora gli accademici. E senza per questo giustificare le azioni di Hamas, rivendicano “l’importanza di considerare e comprendere le determinanti e antecedenti a questa violenza, cioè l’illegale occupazione che Israele impone alla popolazione palestinese da oltre 75 anni, attraverso una forma di segregazione razziale ed etnica. Comprendere e analizzare queste determinanti -puntualizzano- è l’unica possibilità per poterne riconoscere le radici, contrastare l’escalation e sperare e reclamare pace e sicurezza per tutti”.

Per i docenti, ciò non significa sminuire il dolore e la sofferenza delle vittime israeliane e palestinesi, ma rappresenta “il cruciale impegno per sostenere la dignità, la salute ed i diritti umani di tutte le parti coinvolte”. Perché l’unico modo per promuovere una coesistenza pacifica, si legge ancora nel documento, è “lavorare insieme, per denunciare e porre fine al prolungato assedio di Gaza e all’occupazione illegale, in ottemperanza con la legge internazionale, dei territori palestinesi”.

Al ministro degli Esteri Tajani chiedono quindi di adoperarsi diplomaticamente e pubblicamente per l’urgente rispetto del diritto umanitario internazionale da parte di tutti i soggetti e la condanna dei crimini di guerra, oltre che per un immediato cessate il fuoco. Ma chiedono anche che l’Italia contribuisca con aiuti umanitari e si batta per la protezione delle Nazioni Unite per tutta la popolazione palestinese. Alla ministra Bernini, invece, domandano di farsi pubblicamente portatrice delle loro rivendicazioni nelle apposite sedi istituzionali.

Infine, l’appello è indirizzato alla Conferenza dei rettori e a tutti gli atenei per “non limitarsi a sostare in una dolorosa impotenza, ma agire con tutte le azioni necessarie e possibili nei singoli contesti”. Le accademiche e gli accademici si dicono anche preoccupati per la diffusione di misure di limitazione della libertà di dibattito e di delegittimazione delle richieste di cessazione della violenza. Chiedono quindi ai singoli atenei di “ribadire l’impegno per la libertà di parola e garantire il diritto degli e delle studenti al dibattito”, favorendo momenti di discussione all’interno delle università. “I ragazzi hanno bisogno e desiderio di confrontarsi -dice Musarò-. Questo può essere un momento importante per loro, per comprendere a fondo la situazione, senza schierarsi”.

Infine, si chiede alle università una forma di boicottaggio accademico, di interrompere, cioè, immediatamente le collaborazioni con istituzioni universitarie e di ricerca israeliane, “fino a quando non sarà ripristinato il rispetto del diritto internazionale e umanitario, cessati i crimini contro la popolazione civile palestinese da parte dell’esercito israeliano e, quindi, fino a quando non saranno attivate azioni volte a porre fine all’occupazione coloniale illegale dei territori palestinesi e all’assedio di Gaza”. I promotori dell’iniziativa giudicano “irrimandabili” questi interventi “sia per contribuire a ripristinare i diritti umani e la giustizia globale -concludono- sia per non continuare ad essere spettatori conniventi e silenziosi di una tragedia umanitaria e della cancellazione del popolo palestinese”.

L’appello si può firmare a questo link.

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