Diritti / Inchiesta
L’accoglienza dei minori stranieri è al collasso. E non c’entrano i numeri
Gli adolescenti che arrivano in Italia dalla Libia o dai Balcani restano per mesi in strutture inadeguate a prendersi cura delle loro esigenze. E il nuovo decreto del Governo Meloni in materia rischia di aggravare ulteriormente la situazione
“Dall’accertamento sommario dell’età alla possibilità di inserimento in strutture per adulti, fino al rischio, anche se per ora solo teorico, che qualcuno venga portato in Albania: l’attacco in corso ai diritti dei minori è grave. Si tagliano con l’accetta i problemi e a rimetterci sono i più vulnerabili”. Non usa mezzi termini Ornella Fiore, avvocata del foro di Torino, per descrivere il decreto legge adottato dal Governo Meloni, che dovrà essere convertito entro il 6 dicembre, riformando le modalità di identificazione e accoglienza per i minori stranieri non accompagnati (Msna). Un provvedimento che si inserisce in un contesto, quello della presa in carico dei giovanissimi, già molto fragile. “Un sistema al collasso, ma non di certo per il numero degli arrivi”, sottolinea Antonella Inverno, responsabile ricerca, dati e politiche di Save the children.
Secondo i dati del ministero dell’Interno i Msna sbarcati in Italia dal primo gennaio al 13 novembre 2023 sono 15.542. Un numero in leggero aumento rispetto ai 14mila di tutto il 2022 che sta mettendo in ginocchio il sistema d’accoglienza. Se si guarda alle presenze, al 30 settembre 2023 erano 23.531 (circa 3.500 in più rispetto a fine 2022). “I dati sono alti ma non bisogna pensare che sia un’emergenza mai vista prima -continua Inverno- abbiamo già gestito picchi simili ma questa volta il sistema è al collasso: i minori restano settimane nei punti di crisi, i posti finanziati sono insufficienti e il sistema statistico che raccoglie le presenze è fermo da qualche mese. Una situazione inaccettabile”.
Mancano poi i centri di prima accoglienza: strutture governative in cui i minori dovrebbero essere accolti per il tempo necessario all’identificazione e all’accertamento dell’età. Dati dell’Associazione nazionale Comuni italiani (Anci) alla mano, i posti disponibili a maggio 2022 erano solo 275, in diminuzione rispetto ai già risicati 1.200 del 2018. Queste strutture vengono finanziate attraverso risorse comunitarie che incidono sul Fondo asilo, migrazione e integrazione (Fami). “Ma i bandi che richiedono un minimo di 50 minori in accoglienza non ti mettono nella condizione di svolgere un buon servizio. Aumentare le presenze serve a tenere i conti in equilibrio -spiega Fausto Romano, presidente della cooperativa Ancora servizi attiva tra Savona e Genova- ma a quel punto non è possibile realizzare una presa in carico adeguata”.
In tutta Italia, spesso, le gare per aggiudicarsi la gestione di questi centri vanno deserte, di conseguenza i minori finiscono con l’essere trattenuti a lungo in ambienti inadeguati. A Isola di Capo Rizzuto (KR) a inizio settembre 2023 oltre 200 sono stati detenuti per mesi in una struttura in stato di forte degrado e in assenza di condizioni adeguate per la loro accoglienza. La denuncia è arrivata dall’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) che già a luglio aveva presentato un ricorso: “Non sono liberi di uscire, sono di fatto trattenuti e soggetti a una condizione di isolamento sociale -si legge nel testo- per periodi che possono raggiungere durate considerevoli, alcune volte fino alla maggiore età, in condizioni materiali di permanenza inadeguate”.
I minori stranieri non accompagnati accolti in Italia al 30 settembre 2023 sono 23mila, circa 3.500 in più rispetto a fine 2022
Nell’hotspot di Taranto ci sono ormai da tempo solo minori e a metà novembre 2023 sarebbero 60 quelli ancora trattenuti al suo interno da più di tre mesi. Inoltre, molti Msna sono inseriti nei Centri d’accoglienza straordinaria (Cas) e nei Centri per richiedenti asilo (Cara) come quelli di Restinco (BR) e Bari Palese. “Una situazione gravissima che perdura da moltissimo tempo”, commenta Ermina Rizzi, operatrice legale di Asgi.
Un problema, quello dell’assenza di posti di primissima accoglienza, che il Governo Meloni ha “risolto” alla radice. Dal 6 ottobre 2023 -in base alle nuove regole del decreto legge adottato dall’esecutivo- in caso di mancanza di posti nelle strutture per i minori, le prefetture (che per conto del ministero dell’Interno gestiscono l’accoglienza sui territori) possono inserire ragazzi e ragazze con più di 16 anni nei Cas per adulti. Più precisamente in “sezioni dedicate” e per un periodo non superiore a novanta giorni.
“Non è chiaro chi controllerà le misure da mettere in atto per separare i due gruppi -continua Ornella Fiore, socia Asgi- ma a prescindere da questo è grave inserire persone vulnerabili in strutture in cui gli operatori non hanno competenze relative alla presa in carico dei minori. Gli adolescenti hanno ben altre necessità rispetto agli adulti”. Inoltre i Cas sono spesso sovraffollati -le presenze possono superare le 500 unità- e per l’avvocata Fiore questo rende impossibile un controllo adeguato: “Se il minore è coinvolto in una rete di sfruttamento legata alla tratta di esseri umani difficilmente emergerà. Spesso fa fatica anche in strutture che accolgono una decina di persone o poco più, figuriamoci su numeri così alti”.
Il paradosso di questa situazione è fotografato, poi, dai posti vuoti nel sistema di seconda accoglienza, gestito in piccola parte all’interno dei progetti “diffusi” del Sistema d’accoglienza e integrazione (Sai), ex Sprar. Infatti vi sono due sistemi di secondo livello d’accoglienza per i minori: da un lato le Comunità educative di accoglienza (Cea), gestite direttamente dei Comuni attraverso rette giornaliere, dall’altro l’ex sistema Sprar gestito sempre dagli enti locali ma questa volta attraverso fondi stanziati dal Viminale.
Secondo i dati ottenuti da Altreconomia dal ministero dell’Interno, a luglio 2023, su 6.207 posti finanziati, quelli attivi erano 6.074 e quelli vuoti 120. “Pochi in termini assoluti -commenta Inverno- ma il dato è paradossale perché sono posti di seconda accoglienza e dovrebbero essere sempre saturi”. Degli oltre cinquemila minori inseriti in strutture il 37% sono neomaggiorenni: una percentuale costante tra gennaio e luglio 2023 che può essere spiegata dalla volontà di garantire loro una continuità nei percorsi di presa in carico. La norma, infatti, prevede che i neomaggiorenni possano restare nei centri per sei mesi dopo il compimento del diciottesimo anno. “Ma la soluzione all’insufficienza dei posti nella rete Sai non è svuotare queste strutture dei neomaggiorenni -sottolinea Rizzi- le persone accolte spesso non hanno ancora concluso il progetto di autonomia, hanno bisogno di proseguire gli interventi in atto ed è importante garantire la continuità territoriale”.
Ben più problematici sono invece i 310 minori inseriti nelle strutture per neomaggiorenni del Sai che contano 839 persone accolte al luglio 2023: nuovamente il 37% sul totale. “Perché si trovano all’interno di luoghi pensati esplicitamente per chi ha già compiuto 18 anni? È un cortocircuito”, osserva Inverno.
Secondo i dati del Viminale ottenuti da Altreconomia su 6.207 posti finanziati nell’ex sistema Sprar a fine luglio 2023 quelli attivi erano 6.074 e quelli vuoti 120
Una questione che probabilmente è legata anche a una scarsa programmazione e a mancato raccordo tra i sistemi. Come già documentato da Altreconomia, infatti, a fine luglio 2023 c’erano più di duemila posti vuoti nei centri Sai per adulti, nonostante fossero migliaia i migranti in attesa di inserimento. E la quota di persone in prosieguo amministrativo -minori a cui il giudice ha riconosciuto la possibilità di permanere in strutture d’accoglienza una volta maggiorenni- resta contenuta: poco meno di 1.700 su un totale di 26.842 persone accolte, con una media di 34 inserimenti mensili da giugno a luglio. “A Torino il Tribunale per i minorenni ha dato una stretta al riconoscimento dei prosiegui -riprende l’avvocata Fiore- ottenerlo è diventato molto più lungo e difficile”. Romano, la cui cooperativa gestisce diverse strutture d’accoglienza sul territorio ligure, osserva che “non è detto che la persona che conclude il percorso nei posti per minorenni abbia poi necessità di un inserimento nel Sai ordinario, perché è importante garantire una continuità”.
A metà novembre, quando va in stampa Altreconomia, inoltre, il decreto legge potrebbe avere già inciso sulle modalità di attribuzione dell’età di ragazzi nel frattempo giunti in Italia e che si siano dichiarati minorenni. Viene previsto infatti che in caso di “arrivi consistenti, multipli e ravvicinati” l’autorità di pubblica sicurezza possa procedere in deroga rispetto alla procedura ordinaria. Secondo Ornella Fiore si tratta di “una ‘seconda via’ che, contrariamente a quanto richiesto dalla comunità scientifica, per la quale si potrebbe basare l’accertamento dell’età anche su un unico esame in assenza di quella completezza di indagine, medica e sociale, prescritta invece in via ordinaria”. Per Erminia Rizzi “le conseguenze sarebbero di una gravità inaudita”.
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