Altre Economie
L’abito femminile – Ae 76
Vestiti sartoriali e sfilate fatte in casa. Un micro indotto artigianale e creativo, dove le relazioni sono il valore aggiunto Il progetto Lavgon è una storia di economia e talenti declinati al femminile. Michela e sua figlia Lavinia vivono a…
Vestiti sartoriali e sfilate fatte in casa. Un micro indotto artigianale e creativo, dove le relazioni sono il valore aggiunto
Il progetto Lavgon è una storia di economia e talenti declinati al femminile. Michela e sua figlia Lavinia vivono a Pavia in un casale di campagna e lì creano, producono e vendono abiti sartoriali. Le due donne lavorano con pochi mezzi e senza capitali ma riescono a stimolare un micro indotto artigianale e creativo, una piccola economia ricca di valore aggiunto: il valore antico e femminile delle relazioni.
Bassa pavese, immobile e piatta in un giorno di sole. Il casale è racchiuso dall’impenetrabile cinta; lo abitano tre generazioni di donne: Michela, sua madre, due figlie e due nipotine. Oggi il casale ospita “Arti già nate”, una minuscola vetrina di artisti e artigiani.
I curiosi si aggirano tra vetrate artistiche, attacapanni fatti coi sassi, ceramiche raku, eccentrici gioielli, lampade come fiori: fusti in ferro battuto e petali di vetro grossolanamente soffiato. Michela è in cucina, con sua madre, e si racconta senza formalità. Nella vita ha fatto un po’ di tutto, incluso vivere in Danimarca, aprire un negozio di vestiti, la cameriera nei centri congressuali. Nel 2002, con due metri di stoffa, sua figlia Lavinia e tanta fantasia, Michela ha aperto il suo primo laboratorio di sartoria: “Ho sempre lavorato al telaio, facendo vestiti per me e per le bambine. Sono un’autodidatta. Mia madre si cuciva i vestiti da sola, e mia nonna faceva la maglia con una straordinaria manualità”. Lavinia studia design a Milano. Solita storia di dura gavetta: tante opportunità ma niente soldi; così quando rimane incinta s’inventa con la madre questa attività. L’atmosfera è piacevolmente matriarcale, non si notano figure maschili. “Che ruolo hanno gli uomini nelle nostre vite? Marginale”, rispondono senza sarcasmo. Il casale invece un ruolo ce l’ha. Non è solo casa e laboratorio, ma anche un contenitore nel quale scatenare la creatività, un punto di aggregazione sociale insostituibile. Una parte dell’edificio è stata ristrutturata per farne un bed and breakfast molto conviviale, dove si finisce per cenare e lavare i piatti assieme agli ospiti.
Per “professionalizzarsi” Michela ha seguito un corso di formazione del Fondo sociale europeo. Seicento ore in aula e uno stage in Irlanda, il Paese dove nacque il bed and breakfast: un’invenzione femminile, su gentile concessione degli uomini perduti, per causa di donne, guerre o bottiglie. Ancora le donne e il loro antico talento di impastare storie, economia e relazioni. Due ragazze vengono a chiamare Michela: le chiedono prezzi e consigli. Si spostano tutte nel laboratorio di sartoria, il cuore del casale. “Inizialmente -continua Michela- compravamo le stoffe dove capitava. Poi Lavinia e io abbiamo fatto un viaggio in Trentino e abbiamo scoperto la “lana cotta”, un materiale locale, stupendo, dal quale non ci siamo più staccate”.
E fanno bene perché nel suo utilizzo madre e figlia sono diventate virtuose. “Adesso cerchiamo stoffe bio, usate o riciclate”. C’è stato un viaggio a Prato, a caccia di stoffe, e la scoperta della seta che si usa per i papillon: “È l’ideale perché non si butta via un singolo filamento. Con gli scarti ci inventiamo spille coloratissime che vengono confezionate a casa da amiche.
Le compensiamo con il baratto: un cappotto d’inverno o quello di cui c’è bisogno”. Il primo sbocco commerciale di Lavgon è stato il mercatino bio di Pavia, che si tiene ogni prima domenica del mese, dove occupare uno spazio costa solo 50 euro ogni tre mesi.
Poi l’Isola showroom e la fiera “Fa’ la cosa giusta” di Milano, il “Sana” di Bologna. “Non vendiamo ai negozi, preferiamo le fiere o i mercatini di strada. I negozi richiedono un tipo di relazione e di produttività troppo distanti dalla nostra sensibilità. Abbiamo tanti contatti in giro per l’Italia: amiche, clienti. Quando ce lo chiedono mandiamo un campionario, per posta, e loro lo vendono in casa, organizzando serate, ritrovi con le amiche. C’è un margine per chi vende, che generalmente paghiamo in merce”.
La vendita in casa è una nuova frontiera del vestire alternativo. Conoscere la filiera, chi produce, chi vende, valutare con le amiche: tutti elementi che allontanano quella spiacevole atmosfera di consumismo che aleggia in boutique. Ma alla fine, i conti tornano? “La mia filosofia -risponde Michela- è sempre stata la spinta verso gli altri. Ho formato un gruppo di artigiane come me, ci aiutiamo e sosteniamo, scambiando oggetti: un cappotto in cambio di un vecchio tavolo. La stessa cosa cerco di applicarla alla vendita. Se il rapporto umano è al primo posto il ritorno ci sarà sempre, in tante forme”. E se qualcuno pensa a un risultato scialbo e austero è fuori strada: i vestiti Lavgon esprimono vitalità, e romanticismo. Il taglio deciso rende i capi talmente originali che o ammaliano o non si riesce a vederseli addosso. Tra mutuo scambio e piacere estetico, cosa ne penserebbero i selettivi redattori della guida al vestire critico?
Dove trovare le creazioni di Michela e Lavinia
Il laboratorio di Michela e Lavinia è a Zinasco, in via Guarnoni 2, a Pavia (telefono 0382-91.52.72; e-mail lavgon@libero.it). Nel Nord Italia le creazioni Lavgon le trovate a Como (“Il Tonallo” via Vittani 21), a Milano (“Salvatore+Marie” via Vigevano, “Isola showroom” uno spazio espositivo per una serie di progetti creativi legati all’autoproduzione in via Carmagnola 7) e a Corniglia (La Spezia) da “MG” in via Fieschi 153. Lavgon sarà presente anche alle prossime edizioni di “Fa’ la cosa giusta!”: il 4 e 5 novembre a Trento, nei giorni 1, 2 e 3 dicembre a Piacenza. Mercati: ogni prima domenica del mese a Pavia, in piazza Duomo. Ogni quarta domenica del mese a Milano, in via Torricelli. Qualche prezzo dalla collezione invernale: cappotto tweed 170 euro, vestito in lana cotta 86 euro, gonne 74 euro, pantaloni 98 euro (tutto in pura lana vergine).
Borse che fanno strada
Adeart è un laboratorio artigianale di Bolzano che realizza borse “ecologiche” riciclando materiali recuperati nelle discariche. Le borse (come quelle della foto a sinistra) vengono confezionate a partire vecchie camere d’aria di camion e trattori. Anche gli accessori sono i meno prevedibili: cinture di sicurezza di automobili rottamate, guinzagli, bulloni. Anima e corpo di questo progetto è Heidi Ritsch. Classe 1973, ha utilizzato la sua straordinaria manualità in diversi mestieri: massaggiatrice, tecnico di idro-terapia, riflessologia plantare e medicina psicosomatica. “Il progetto unisce ricerca estetica e sensibilità ambientale” racconta Heidi. “Attraverso il recupero è possibile prolungare la vita dei materiali rinnovandone forme e funzioni”. I prezzi vanno dai 35 ai 60 euro a seconda della dimensione e degli accessori. Il laboratorio Adeart è a Termeno (Bz) in via Rio, 24 tel. 0471-51.20.02, email adeart@libero.it